È stato il simbolo dell’Italia degli anni Settanta e Ottanta, quell'Italia che quando doveva competere, vinceva. A fianco di un Pietro Mennea, primatista mondiale nella velocità dal ‘79 al ‘96 e o di un Adriano Panatta, uno dei più grandi campioni del tennis italiano di quegli anni, c'era anche Felice Gimondi, stella del ciclismo italiano.
Per tanti bambini poteva essere solo un’immagine che rotolava sulle piste costruite con la sabbia, quando ancora si giocava a biglie in spiaggia. Ma per tutti gli appassionati della bicicletta era un vero un campione, un mito. Un professionista che nella sua straordinaria storia ciclistica ha vinto ben 141 corse. E non è l’unico primato di cui può vantarsi. Felice Gimondi ha vinto in salita, a cronometro e in volata. È stato uno dei pochi ciclisti al mondo (solo sette) ad aver vinto tutti e tre i grandi giri: il Giro d’Italia nel ‘67, nel ‘69 e nel ‘76, il Tour de France nel ‘65 e la Vuelta a España nel ‘68.
Felice è il figlio di un postino che vive e lavora in bicicletta. È da lui che impara l’arte di pedalare, a cui si appassiona istantaneamente e per cui si presenta alla prima gara intorno ai 17 anni vestendo la maglia della società U.S. Sedrianese. La prima vittoria la ottiene nel 1960 nella competizione che copre il tratto tra Bergamo e Celana, ma è nel ‘65 che diventa un ciclista professionista per il team della Salvarani e che porta a casa la vittoria del Tour de France conquistando la maglia gialla.
Nella sua carriera i successi non mancano anche se il giovane ciclista bergamasco dovrà sempre fare i conti con il belga Eddy Merckx, soprannominato “il cannibale”, suo eterno rivale per quindici lunghi anni. Felice Gimondi si trova affibbiato anche il soprannome di "eterno secondo", tuttavia questa nomea tende ad affievolirsi nel tempo, per merito delle numerose vittorie ottenute in carriera, di cui diverse proprio davanti al "cannibale" Merckx.
Era la tenacia, Gimondi. L'ostinazione, la cocciutaggine, che dicono tipica dei bergamaschi, la dignità, anche.
Non solo. Nel 1969 Felice vince anche il Giro d'Italia, ma in quell'occasione l'eterno rivale viene squalificato per doping; così, il corridore lombardo, riconoscendo di aver vinto soprattutto a causa della vicenda sfortunata di Merckx, rifiuta di indossare la maglia rosa al momento della premiazione. I suoi duelli con Merckx sono stati unici e non a caso gli sono state dedicate le canzoni "Gimondi e il cannibale" di Enrico Ruggeri e "Sono Felice" di Elio e le Storie Tese.
Felice Gimondi è purtroppo scomparso quest’anno, lo scorso 16 agosto, colpito da un infarto mentre nuotava nelle acque di Giardini-Naxos. A lui sarà dedicato il Giro di Lombardia in programma il prossimo 12 ottobre, la corsa che tradizionalmente chiude la stagione ciclistica italiana, conosciuta per questo anche come la "classica delle foglie morte". Il giro partirà proprio dalla città natia di Gimondi, Bergamo, per concludersi poi a Como.
“Non vedo un'occasione migliore o più giusta per ricordarlo nella sua città e tra la sua gente – ha commentato Mauro Vegni, direttore della corsa -. Un campione popolarissimo, amato da generazioni di tifosi, ma sempre molto schivo. Quando saliva sul palco e parlava della sua storia, invece, uscita un altro personaggio. La sua forza d’animo, anche la sua parte ironica e divertente. Sembrava burbero, ma aveva una grande umanità”.