Steven Bradbury: la vittoria più epica (e fortunata) nella storia delle Olimpiadi

Una storia di infortuni e sacrifici, ripescaggi e un po’ di fortuna. Ma dietro la vittoria di Steven Bradbury, medaglia d’oro nello short track alle Olimpiadi invernali di Salt Lake City 2002, c’è anche tanta determinazione e forse anche una tattica tanto inaspettata quanto efficace.
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Rubrica a cura di Gaia Cortese
25 Dicembre 2019

Forse ricorderai le Olimpiadi invernali di Calgary 1988 per l’impresa compiuta dal nostro Alberto Tomba, ma in quell’occasione prendevano parte all’evento anche quattro giamaicani che rappresentavano la Nazionale di bob della terra di origine di Bob Marley. Non partivano certo favoriti, ma loro ci credevano veramente e forse tutto il pubblico delle Olimpiadi sperava che potessero oltrepassare il traguardo da vincitori; purtroppo nella terza manche della gara, i quattro giamaicani finirono per cappottarsi e al traguardo ci arrivarono a piedi trascinandosi dietro il loro bob. Non è però sempre andata così per chi aveva poche speranze di combinare qualcosa di buono alle Olimpiadi. Diversi anni dopo, a Salt Lake City 2002 si è verificata la vittoria più scandalosa nella storia delle Olimpiadi, quella di Steven Bradbury.

Nel mondo dello sport «Doing a Bradbury» significa vincere in seguito a circostanze miracolose.

Urban Dictionary

Bradbury, Classe ‘73, è stato un pattinatore australiano di short track, un tipo di pattinaggio su ghiaccio basato sulla velocità, e l’unico motivo per cui viene ricordato questo atleta è per la medaglia d'oro che nel 2002 è riuscito a vincere contro ogni pronostico. In verità, non è che Bradbury fosse proprio negato per il pattinaggio, per quanto il
il Queensland, il sobborgo di Sidney dove è cresciuto, non fosse proprio il luogo più idoneo per formarsi come atleta di una disciplina sportiva invernale.

Eppure lui, al cricket, al surf e alla pallanuoto preferisce il ghiaccio e all’età di 8 anni inizia a pattinare. A 21 anni è considerato un atleta promettente sotto ogni punto di vista: ha già conquistato tre medaglie ai Mondiali nella gara a staffetta (un oro a 16 anni, poi un argento e un bronzo) e un terzo posto alle Olimpiadi invernali di Lillehammer, in Norvegia.

L’inizio della sfortuna

La sua sfortuna ha inizio nel 1994 quando, in occasione della Coppa del Mondo, Bradbury cade in gara e la lama di uno dei pattini degli avversari gli trapassa il quadricipite da parte a parte recidendo l’arteria femorale. Dopo aver perso ben quattro litri di sangue e rimediato una sutura di ben 111 punti, Bradbury si riprende dall'incidente e riesce a tornare alle competizioni. Nel settembre del 2000 ha però un altro incidente: durante un allenamento batte la testa contro il bordo della pista, si rompe il collo e due vertebre. Sembra che la sua carriera è finita, ma non sarà così.

La rivalsa di Bradbury


Sono stati necessari due anni di riabilitazione e sacrifici, ma nel 2002 Bradbury torna a rendere parte alle Olimpiadi, quelle di Salt Lake City 2002. Si iscrive a tutte e quattro le gare di short track, staffetta a squadre, 500, 1000 e 1500 metri individuale, perché il suo obiettivo è quello di portare a casa una medaglia. Ai quarti di finale della gara dei 1000 metri, tra squalifiche e ripescaggi, a sorpresa Bradbury accede alla finale, addirittura per primo. Consapevole di essere sfavorito, per l'intera gara Bradbury si limita a stare dietro ai suoi avversari, sperando che da loro possa arrivare qualche errore.

Fuori dalla lotta, quasi certamente c’è solo Steve Bradbury.

Franco Bragagna, commentatore Rai.

Ed è all’ultima curva che accade l’impossibile. Il cinese Li Jiajun è terzo, ma scivola, e nel cadere tocca con la mano sinistra il pattino di Hyun-Soo. Invano il coreano prova a rimanere in piedi: cade anche lui trascinandosi dietro altri due atleti, Ohno e Turcotte. Bradbury è rimasto talmente indietro che al suo passaggio non rischia di scontrarsi con nessuno e, prima di realizzare di aver vinto l'oro alle Olimpiadi, si trova incredulo ad alzare le braccia al traguardo. Sarà il primo oro della storia per l’Australia alle Olimpiadi invernali. E forse non è stata solo fortuna.

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