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Frattura dell’omero: trattamenti e riabilitazione della frattura del braccio

La frattura dell’omero, l’osso del braccio, avviene solitamente a seguito di un trauma e purtroppo richiede una riabilitazione non breve: esaminiamo insieme le modalità di trattamento, le terapie e i tempi di recupero.
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18 Gennaio 2022 * ultima modifica il 19/01/2022

La frattura dell’omero è piuttosto comune, tanto da rappresentare circa il 5-6% di tutte le fratture nei pazienti giovani, e il 2-3% di quelle che riguardano gli anziani.

Cos’è

L’omero è l’osso lungo del braccio, costituito da una diafisi (cioè la parte centrale) e due epifisi (le parti terminali): dal lato prossimale si collega alla scapola, mentre dal lato distale si collega con il gomito e quindi all’avambraccio e alle sue due ossa, il radio e l’ulna. L’omero fornisce inserzione a diversi muscoli e nervi del braccio e fa parte di due articolazioni dell’arto superiore: l’articolazione scapolo-omerale (spalla) e l’articolazione del gomito, che si suddivide in articolazione omero-radiale, omero-ulnare e radio-ulnare prossimale.

Le fratture dell’omero si suddividono in base alla sede colpita in:

  • fratture prossimali: quelle che interessano la regione prossimale, quindi verso la spalla;
  • fratture distali: che interessano la zona distale, verso il gomito.

Come per tutte le fratture potremo poi assistere ad una frattura dell’omero composta, cioè quando le parti dell’osso si rompono ma rimangono nella loro sede anatomica, o frattura dell’omero scomposta, cioè quando i segmenti ossei si spostano dalla loro sede.

Cause

La frattura dell’omero avviene solitamente a seguito di un trauma: nella maggior parte dei casi nei pazienti più giovani questo è dovuto ad un’attività fisica ad alta intensità, traumi diretti o a causa di incidenti (ad esempio sportivi o stradali), mentre nei pazienti più anziani capita più spesso a seguito di cadute. Nei pazienti più giovani o allenati queste fratture causano un’invalidità temporanea, mentre per i più anziani può protrarsi nel tempo, causando anche un’invalidità permanente.

I traumi che causano frattura dell’omero potrebbero essere agevolati da una patologia metastatica: le ossa con metastasi si rivelano più fragili e il rischio di rottura è quindi molto più alto.

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Due radiografie a confronto che mostrano l’omero fratturato prima e dopo l’operazione.

Sintomi

I sintomi delle rotture dell’omero sono quelli comuni a tutte le fratture e possono comprendere:

  • dolore;
  • gonfiore della zona;
  • difficoltà nell’alzare e muovere il braccio;
  • ecchimosi in caso di lesioni ai vasi sanguigni;
  • in alcuni casi potrebbe esserci un danneggiamento dei nervi vicino alla frattura, con conseguente intorpidimento del braccio.

Diagnosi

Per diagnosticare una frattura dell’omero occorrerà, oltre ad una prima ed iniziale valutazione medica, effettuare una radiografia, che sarà diversa in caso di sospetta frattura prossimale o distale:

  • per la frattura prossimale si eseguirà una RX a 3 proiezioni (anteroposteriore, trans-scapolare e ascellare), per ottenere una visione completa dell’articolazione della spalla in diverse posizioni, ed eventualmente una TC in caso di fratture più complesse o in caso di preparazione operatoria;
  • per la frattura distale verrà eseguita una RX anteroposteriore e laterale del gomito.

In caso di frattura distale solitamente si esaminerà anche la presenza di eventuali danni ai vasi sanguigni e ai nervi del braccio, in quanto la frattura potrebbe intaccarli, invitando il paziente a muovere la mano e le dita per evidenziare un’eventuale mancanza di sensibilità e valutarne i movimenti.

Trattamento

Il trattamento della frattura dell’omero può intraprendere due strade distinte: il trattamento conservativo e quello chirurgico.

La gestione conservativa è in linea di massima quella che si tende a preferire ed è solitamente indicata nei casi di fratture minimamente scomposte e soprattutto nelle fratture prossimali, e comprende l’immobilizzazione della parte con un gesso o tutore, per un tempo che può andare dalle 3 alle 4 settimane. Durante il periodo di immobilizzazione il paziente sarà sottoposto ad esami strumentali per controllare l’andamento dello stato della frattura e del suo ripristino; quando si rimuoverà il tutore il paziente dovrà sottoporsi ad una terapia fisioterapica.

Il trattamento chirurgico, invece, si preferirà nei casi di fratture scomposte o di fratture distali, in cui potrebbero essere intaccati vasi e nervi, e può essere effettuato tramite diverse tecniche che verranno preferite in base alla gravità e al tipo di frattura:

  • riduzione a cielo chiuso: si effettua una manovra manuale per riallineare i frammenti della frattura, senza intervento;
  • pinning percutaneo: un intervento poco invasivo che consiste nell’inserimento di fili di Kirschner (un filo rigido e sottile utilizzato per immobilizzare frammenti ossei) attraverso la pelle, per rimuoverli dopo qualche settimana;
  • riduzione a cielo aperto: si riallineano i frammenti della frattura tramite un intervento aperto per poi immobilizzarli con l’utilizzo di appositi fissatori (chiodi o placche), e vengono scelte solitamente in caso di lesioni vascolari e fratture esposte;
  • emiartoplastica: si sostituisce chirurgicamente una parte dell’articolazione con un impianto artificiale, e viene preferita quando la qualità ossea del paziente non è ottimale (ad esempio nei pazienti anziani), quando la frattura è molto complessa o nel caso in cui gli altri interventi non abbiano dato i risultati desiderati.

Dopo qualsiasi intervento sarà necessario e fondamentale un giusto percorso riabilitativo.

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Riabilitazione e tempi di recupero

La riabilitazione dei casi di frattura dell’omero con trattamento conservativo inizierà immediatamente, soprattutto nelle fratture prossimali, anche se si indossa un tutore. È importante iniziare subito a mobilizzare l’articolazione della spalla, soprattutto nei pazienti anziani, in quanto la zona è soggetta a rigidità permanente.

La fisioterapia è molto importante, sia nei casi di interventi conservativi che in quelli chirurgici, per cercare di recuperare nel miglior modo possibile il movimento delle articolazioni, il recupero della forza muscolare e la corretta funzionalità dell’arto. Generalmente il periodo di trattamento inizierà dopo 5 o 6 settimane dalla rimozione del tutore e si protrarrà per un periodo dai 3 ai 4 mesi, e dipenderà molto dal danno subito.

Si può suddividere in tre fasi:

  • quella iniziale di ripresa del movimento e attivazione minima dei muscoli;
  • quella intermedia in cui dopo qualche settimana si potrà aumentare il recupero muscolare e sarà possibile effettuare anche della terapia manuale sulla zona, comprese altre tipologie rieducative come ad esempio la riabilitazione in acqua;
  • quella finale in cui nelle ultime settimane verranno inseriti esercizi specifici con l’aiuto di attrezzi.

Occorre fare attenzione anche a come si dorme, è molto importante cercare di non schiacciare o spostare il braccio con il peso del corpo, per evitare di compromettere la frattura e il lavoro riabilitativo: per questo si può utilizzare il tutore anche a letto, posizionando dei cuscini per cercare di mantenere la posizione più ferma ed eretta possibile.

Laureata in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli studi di Pavia, ha svolto periodi di formazione in ospedali universitari della Comunidad altro…
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