Quando hai un esame all’università, quando devi andare a un colloquio di lavoro o quando l’agenda giornaliera è troppo fitta. L’ansia è parte della tua vita come di quella di tutti noi ed è uno stato psicologico ed emotivo assolutamente normale e naturale. Ciò che ti succede così come l’ambiente che ti circonda sono dei fattori che possono scatenare uno stato di ansia: il punto chiave sono le modalità cui cui si interpretano tutti questi stimoli interni o esterni. Perché in alcuni casi l’ansia, che di per sé non è una patologia, può sfociare in un vero e proprio disturbo. In questi casi sarà però sempre un esperto, uno psichiatra, a poterlo certificare e a suggerire il percorso migliore da seguire per affrontarla.
Come ti accennavo poche righe sopra, l’ansia non è una patologia. Si definisce come una reazione naturale e psicologica che comporta in sé delle risposte su più livelli: da quello del pensiero al piano emotivo, da quello più comportamentale al piano neuro-fisiologico.
L’ansia è dunque la risposta naturale a degli stimoli che possono provenire dal tuo interno come da fattori esterni: ciò che accomuna questi stimoli è che vengono percepiti come dei pericoli o delle minacce per noi e la nostra sopravvivenza.
Ciò che diventa fondamentale è come ognuno di noi riesce a fronteggiare queste situazioni. È la linea di confine tra due tipi di ansia:
Nel caso del disturbo d’ansia, si attivano dei comportamenti di evitamento delle situazioni ansiogene che non aiutano più ad affrontare una performance o ciò che avremmo voluto o dovuto affrontare. Questi evitamenti possono contribuire alla mancanza di un senso di auto-efficacia. Ciò che ci genera ansia, dunque, ci farà sempre più paura.
Ti ho spiegato che l’ansia è una risposta naturale a una serie di stimoli che potresti percepire come pericoli o minacce verso alcuni aspetti della tua vita. Quindi cause univoche ancora non sono state identificate con precisione. I fattori principali dietro a uno stato ansioso o ad attacchi acuti potrebbero essere:
Tra i possibili punti di partenza di un attacco d’ansia ci potrebbero essere anche dei fattori genetici o di familiarità legati alla propria eredità genetica ma soprattutto anche ai contesti ambientali come gli stili di pensiero o gli stili di vita a cui si viene esposti nel corso della propria vita.
Anche provare ad identificare una sintomatologia chiara e precisa è un’impresa difficile, proprio perché tutto dipende molto da come ognuno di noi risponde a tutti gli stimoli di cui ti ho parlato qui sopra. In generale ci sono dei comportamenti che possono evidenziare uno stato d’ansia:
Nel caso del disturbo d’ansia, invece ci possono essere sintomi fisici che rischiano di diventare invadenti come la tachicardia, la tensione muscolare, le difficoltà respiratorie e difficoltà nel dormire o nel prendere sonno.
La prima cosa importante che devi sapere quando ti domandi quali potrebbero essere i modi con cui affrontare uno stato d’ansia è che non esiste il fai da te: in questo come sempre quando c’è il gioco la salute è un esperto, uno psicologo o uno psichiatra, che deve guidarti nel trattamento dell’ansia.
Uno psicologo o uno psicoterapeuta, attraverso sedute e sessioni di terapia, possono suggerirti percorsi per affrontare e imparare a gestire gli attacchi d’ansia. Se invece si tratta di un disturbo patologico, esistono anche terapie farmacologiche che, però, passano necessariamente da una diagnosi e il parere di un medico.
Abbiamo chiesto alla dottoressa Miriam Nipote, psicologa e psicoterapeuta, in che modo si può fronteggiare e provare a gestire l’ansia:
“È fondamentale essere consapevoli del nostro stato emotivo, osservare e riconoscere i pensieri e le emozioni che proviamo. Di conseguenza bisogna cercare di fargli spazio, accoglierlo senza cercare di cambiarlo. Una volta fatto questo, è importante che l’ansia non scelga per noi. Anche quando siamo in contatto con questi stati emotivi bisogna provare a rimanere ancorati a ciò che è veramente importante per noi e alle direzioni in cui vogliamo andare: da qui dobbiamo scegliere come vogliamo comportarci, spinti non tanto dalla motivazione di azzerare il livello d’ansia che percepiamo come fastidioso quanto, piuttosto, in base a quello che voglio fare che renderebbe più ricca la nostra vita.
Faccio l’esempio classico dell’ansia da prestazione degli universitari. Sentendo un’ansia molto forte in fase di preparazione o a ridosso dell’esame, potrebbero scegliere di non farlo e così metterebbero a tacere l’emozione negativa generata. Se questo poi si ripete più volte può dar vita a un disturbo d’ansia dove l’evitamento la fa da padrone. Quando l’universitario riesce ad entrare in contatto con la sua ansia e a utilizzarla come spinta per andare nella sua direzione, essa può aiutarlo ad avere un comportamento di studio adeguato allo scopo e performante. Questo comportamento, a sua volta, può dargli la sicurezza per affrontare l’esame e non scappare da esso”.
Fonti | Humanitas