I cambiamenti minacciano la biodiversità del continente africano. A rischio anche la sopravvivenza dei Big Five

Sembravano al sicuro nelle aree protette, ma non è proprio così. I cosiddetti “Big Five”, gli iconici grandi esemplari della fauna africana, potrebbero essere in pericolo a causa dei cambiamenti climatici che già stanno modificando habitat ed ecosistemi naturali.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Gaia Cortese 17 Luglio 2022

L'elefante africano, il leopardo, il rinoceronte bianco, il bufalo del Capo e il leone. Sono i cosiddetti Big Five, ossia i cinque grandi animali della savana africana, simbolo della fauna di tutti il continente.

Dopo aver corso il rischio di estinguersi a causa del fenomeno della caccia ai trofei, oggi la sopravvivenza di queste specie animali viene tutelata in specifiche aree protette. Tuttavia, per quanto i Big Five possano essere parzialmente protetti dalle azioni malvagie dell'uomo, non è così scontato che lo siano anche le aree protette in cui vivono. E ancora una volta, è inevitabile tornare a parlare di cambiamenti climatici.

A lanciare l'allarme è uno studio pubblicato sulla rivista "Conservation Biology" a cui ha lavorato Carola Martens del Senckenberg Biodiversity and Climate Research Center (SBiK-F) e della Goethe University di Francoforte, con alcuni suoi colleghi, tra cui Thomas Hickler e Simon Scheiter (SBiK-F) e Guy F. Midgley della Stellenbosch University.

Lo studio si è concentrato sull’impatto che potranno avere i cambiamenti della vegetazione indotti dal clima nelle aree protette dell'Africa, a cui si aggiunge anche il tema della densità di popolazione e dell’uso del suolo.

"Le aree protette dell'Africa ospitano una biodiversità molto più grande di questi cinque animali iconici. Sono le ultime roccaforti della biodiversità unica del continente – ha spiegato Carola Martens  -. Ma questa diversità è minacciata dal cambiamento climatico, dalla crescita della popolazione e dai futuri cambiamenti nell'uso del suolo!".

Tre fattori che non possono essere sottovalutati e che nei prossimi decenni potrebbero compromettere seriamente  la conservazione dell’habitat naturale di numerose specie animali, non solo dei cosiddetti Big Five.

Gli studiosi hanno quindi messo in atto alcune simulazioni utilizzando il "Modello dinamico di vegetazione adattivo" (aDGVM) per due diversi scenari: da una parte lo scenario "middle-of-the-road" in cui continuano gli attuali sviluppi della società e vengono adottate alcune misure di mitigazione del cambiamento climatico; dall’altra lo scenario dello "sviluppo a combustibili fossili", in cui lo sviluppo sociale ed economico si basa sul maggiore sfruttamento delle risorse di combustibili fossili ad alto contenuto di carbone e uno stile di vita ad alta intensità energetica in tutto il mondo.

"Il nostro lavoro dimostra che in futuro quasi tutte le aree protette saranno minacciate da almeno un fattore: i cambiamenti climatici che portano a grandi cambiamenti della vegetazione, un forte aumento della popolazione intorno all'area protetta o la crescente pressione sull'uso del suolo – ha aggiunto Carola Martens -. La biodiversità delle aree protette dell'Africa occidentale può essere particolarmente colpita da ciò, che deve affrontare una combinazione di forti impatti dei cambiamenti climatici, crescita della popolazione e cambiamenti nell'uso del suolo".

Esiste quindi una via di uscita? Secondo i ricercatori l’unica strada percorribile è una comprensione concreta delle condizioni sociali, economiche ed ecologiche in una determinata area per poter avviare un'efficace pianificazione delle aree protette. In poche parole, qualsiasi strategia di conservazione e protezione deve essere adattata a livello regionale e locale. Solo così  sarà possibile proteggere la varietà degli ecosistemi africani.