
Su Ohga abbiamo parlato spesso della Caretta Caretta, la specie di tartaruga marina più diffusa del mar Mediterraneo. A volte si è trattato di buone notizie, ma più di frequente si è trattato di vicende con un epilogo infelice. Sono davvero numerose le organizzazioni ambientaliste che lanciano periodicamente campagne e iniziative per ricordare quanto è importante tutelare questo rettile. E la sensibilità dell'opinione pubblica è certamente aumentata. Sparsi sul territorio italiano ci sono poi diversi centri di primo soccorso e di riabilitazione dedicati proprio alle tartarughe marine, per esempio a Favignana o a Lampedusa, in Sicilia.
Eppure la tartaruga Caretta Caretta rischia di scomparire per sempre dalle spiagge e dalle acque d'Italia (e del Mediterraneo). L'Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) l'ha infatti inserita nella sua Red List e l'ha classificata nella categoria EN, che sta per "endangered", ossia specie in pericolo: significa che la sua probabilità di estinzione è stimata superiore al 20% in 20 anni.
La principale minaccia allo stato di conservazione della tartaruga Caretta Caretta? Ma ovviamente è l'uomo, che sta facendo di tutto per rendere sempre più difficile la vita a questo fragile animale. Prendiamo per esempio l'azione di disturbo provocata dal turismo balneare nei siti di nidificazione della Caretta Caretta, senza dimenticare il degrado del suolo costiero a causa dell'eccessiva antropizzazione dei litorali.
C'è poi la piaga del marine litter, l'inquinamento dato dalla presenza di rifiuti solidi, in particolare di plastica. Sulla superficie di sacchetti, bottiglie e altri oggetti in materiale plastico che galleggiano nell’oceano si forma un rivestimento di alghe e microrganismi che profuma come qualcosa di commestibile per le tartarughe. Una vera e propria trappola mortale. Gli oggetti più pericolosi sono però gli ami e le lenze abbandonati in mare che, una volta ingeriti, rimangono conficcati nell'esofago o comunque danneggiano l'apparato digerente della tartaruga, portandola a una morte lenta e dolorosa.
Infine, c'è il problema della cattura accidentale da parte dei pescatori che utilizzano palamiti, reti fisse o a strascico. Numerosi casi di cattura di tartarughe marine vengono segnalati ogni anno in aree di pesca vicine ai siti riproduttivi italiani. Ricordiamo che attività di nidificazione sono testimoniate sulle coste pugliesi, su quelle ioniche di Basilicata e Calabria, in Sardegna e in Sicilia. Una zona di transito molto frequentata è proprio il canale di Sicilia: le isole Pelagie (Lampedusa e Linosa), in particolare, rappresentano un sito riproduttivo di grande importanza e sono tenute sotto costante osservazione.
Questo ci permette di aprire, in conclusione, il capitolo sulla protezione della tartaruga Caretta Caretta. A livello normativo, la specie è inserita negli allegati II e IV della direttiva Habitat n.92/43/CEE ed è contrassegnata come "particolarmente protetta". Inoltre, la specie è inclusa nell'elenco della CITES, la convenzione sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione.
Un punto su cui lavorare è l'individuazione, e la conseguente messa in sicurezza, di eventuali zone di nidificazione, al momento sconosciute, soprattutto nella Sicilia meridionale. D'altra parte è importante portare avanti campagne di informazione e di sensibilizzazione rivolte ai pescatori: in caso di cattura accidentale di una tartaruga marina, loro dovrebbero essere i primi a dover conoscere le modalità migliori per gestire la situazione a bordo e impedire la morte dell'animale.