Il Papa partecipa alla COP28, Grieco (vaticanista): “Francesco vuole diventare mediatore politico dell’agenda ecologica”

Alle Conferenze delle Parti (Cop) solitamente prendono parte diversi attori: ministri, inviati speciali per il clima, premier, sherpa e alcune figure di riferimento. Quest’anno ce n’è una d’eccezione: il Papa.
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Rubrica a cura di Francesco Castagna
9 Novembre 2023
In collaborazione con Marco Grieco Vaticanista e giornalista

Non è la prima volta che un pontefice si esprime sui temi legati all'ecologia. Era successo con Ratzinger con l'enciclica Laudato si', tanto da guadagnarsi l'appellativo di "Papa verde", e prima ancora con Wojtyla, che attraverso l'enciclica Redemptor Hominis aveva evidenziato lo sfruttamento della Terra da parte dell'uomo. Di sicuro però è la prima volta che un pontefice prende parte personalmente a una Cop, in un periodo storico in cui le cause del riscaldamento globale sono ormai attribuibili all'attività umana. Una scelta importante, che apre a diversi scenari a livello politico: quanto inciderà la sua presenza in questo summit?

Per capire in che modo viene vista la partecipazione di Papa Francesco alla COP28 abbiamo contattato Marco Grieco, giornalista e vaticanista.

Il Papa visita la FAO a Roma
Il Papa visita la FAO a Roma

È la prima volta che un Papa va alla Cop, cosa rappresenta una scelta del genere?

È una scelta singolare, perché è la prima volta di un pontefice. Ma non stupisce più di tanto. In questi dieci anni, Francesco ha partecipato di persona a diversi summit e multilaterali che affrontassero il tema ambientale. Penso alla visita del papa alla sede della FAO a Roma nel 2017 o alla partecipazione a sorpresa, l’anno precedente, alla manifestazione "Villaggio per la Terra". Ma la presenza a una Cop mostra come il papa voglia diventare "mediatore politico" dell’agenda ecologica che si apprestano a condividere gli stati.

Quanto potrebbe influire la presenza del Papa a un summit come quello che si terrà a Dubai?

Il Papa alla conferenza sul clima  in un paese, gli Emirati Arabi, esportatore di energia fossile e luogo di investimenti petroliferi, accenderà i riflettori sulla coscienza politica del problema ecologico e punterà il dito sui paradossi sociali e ambientali dei paesi.

La presenza del papa non passerà inosservata – Marco Grieco, vaticanista

Seppure implicitamente, gli occhi del papa saranno su tutte le nazioni che, specialmente in questo momento, ritrattano sulle loro strategie ambientali.

Secondo lei la presenza del Papa potrebbe aprire alla discussione su temi di carattere umanitario/ambientale?

Sicuramente sì. Come spiega Francesco nell’enciclica Laudato si’, si deve parlare di ecologia integrale: un sistema che combatte tutte le forme di scarto della nostra società, da quello ambientale a quello umano. Organizzazioni che si occupano di difendere i diritti umani come "Fair Square" hanno denunciato da tempo lo sfruttamento della manodopera di centinaia di migranti africani e asiatici per la costruzione degli edifici della Cop emiratina. La presenza del papa non passerà inosservata, secondo me.

Qual è il segnale che il Papa ha voluto mandare ai governi internazionali con l'ultima lettera sul cambiamento climatico e come si inserisce in un contesto del genere?

Nella Laudate Deum colpisce il cinico realismo del papa verso iniziative come le Cop. Lo ha scritto nero su bianco con una timeline ammettendo che, malgrado i numerosi negoziati e accordi, le emissioni globali hanno continuato a crescere. Eppure, conforme allo spirito evangelico, il segnale di Francesco è quello della speranza: cioè l’abilità a non lasciarsi andare alla disperazione, ma a credere a un sincero interesse a salvare il mondo per conto delle generazioni future. Come  Francesco sintetizza nella Laudate Deum, il suo messaggio è rivolto agli “strateghi capaci di pensare al bene comune e al futuro dei loro figli, piuttosto che agli interessi di circostanza di qualche Paese o azienda. Possano così mostrare la nobiltà della politica e non la sua vergogna”.

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