Il tabù delle mestruazioni: perché è necessario parlarne senza filtro, oggi più che mai

Una pubblicità di assorbenti mostra il periodo del ciclo mestruale senza filtro, con tutte le difficoltà e i disagi che molte donne si trovano ad affrontare in quei giorni. E le reazioni a queste immagini si sono scatenate. Dimostrando come il ciclo sia ancora un tabù nella nostra società.
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Sara Del Dot 25 Settembre 2019

Tutte le donne hanno le mestruazioni. Naturali perdite di sangue, segnale del corretto funzionamento della ciclicità del corpo femminile. Eppure da sempre questo fenomeno viene considerato come qualcosa da tenere nascosto, da celare dietro imbarazzo, disagio e conseguenti espressioni create ad hoc.

Da Paese a Paese, poi, il tema “mestruazioni” è trattato in modo molto diverso, quasi si trattasse di un fenomeno culturale invece di un evento fisiologico e naturale. Solo in pochissimi luoghi del mondo il menarca (la comparsa della prima mestruazione, che da noi viene indicata ancora con l’espressione “diventare signorina”) viene festeggiato e celebrato come un dono.

In altre zone del mondo non è affatto così. In Nepal, ad esempio, fino al 2005 era legale che le donne venissero sottoposte a un “isolamento mestruale”, ovvero la reclusione in una apposita capanna lontano dalla comunità durante i giorni delle perdite di sangue, considerate simbolo di impurità. Nel distretto di Beed, a Maharashtra, in India, molte donne impiegate nelle piantagioni subiscono interventi di rimozione dell’utero per evitare che i dolori mestruali ostacolino il loro lavoro.

A noi è andata anche bene. Perché qui, oggi, si finge che le mestruazioni non esistano. Non è un caso infatti che il disegno di legge sul congedo mestruale presentato anni fa dal Partito Democratico sia stato rapidamente accantonato, che tamponi e assorbenti siano considerati beni di lusso con un'Iva al 22% e che anni e anni di progressive conquiste sociali della donna non ci abbiano ancora permesso di abbandonare espressioni come “le mie cose” , “quei giorni”, “il marchese” e di alzare tranquillamente la voce per chiedere “hai un assorbente”?

A queste abitudini si aggiungono espedienti visivi edulcoranti del fenomeno, attraverso la rappresentazione del sangue con colori diversi dal rosso, come il blu nella pubblicità degli assorbenti. Ed è proprio sulla comunicazione della normalità che si può puntare per spingerci a riflettere.

Da qualche settimana, in tv o in rete, puoi imbatterti nel nuovo spot di Nuvenia, che ha lanciato la campagna #bloodnormal. Lo scopo? Superare lo stigma sociale e la sensazione di disagio che, nel 2019, non ha ancora abbandonato il periodo delle mestruazioni. Pochi minuti di spot senza filtri, senza falsi colori e senza sorrisi, spaccate e salti mortali, ma nella assoluta normalità di ciò che è. Un prodotto pubblicitario celebrativo, coraggioso, audace e proprio per questo poco capito.

È sufficiente fare un giro sulla pagina Facebook di Nuvenia per renderti conto di quanto ancora viviamo sopraffatti da una concezione stigmatizzata del nostro essere donna. Trovarti faccia a faccia con le mestruazioni, con tutte le difficoltà e conseguenze che comportano, visualizzare il realistico rosso al posto del finto blu, ha suscitato repulsione, dichiarazioni di boicottaggio, rifiuto di accettare una rappresentazione così diretta.

Che tu sia d’accordo o meno con il messaggio lanciato, che tu sia contenta o disgustata dalla raffigurazione senza filtro di un fenomeno naturale, una cosa è certa: le reazioni a questo spot hanno fatto emergere la necessità di un rinnovato contatto con la realtà.

Sono queste reazioni che non dovrebbero essere considerate normali. Non ciò che viene mostrato in questi pochi minuti di video.

Sono nata e cresciuta a Trento, a due passi dalle montagne. Tra mille altre cose, ho fatto lunghe passeggiate nel bosco altro…