Di solito passano una decina di giorni da quando una persona contrae il nuovo Coronavirus a quando inizia a manifestare i sintomi: è il famoso periodo di incubazione. In Germania è stato dimostrato che il contagio da uomo a uomo può avvenire anche in assenza di tosse, raffreddore e febbre. Quando insomma l'infezione non ha ancora dato segnali della sua presenza, è già possibile trasmetterla a qualcuno con il quale si è venuto in contatto, come ha riportato anche un articolo pubblicato sul New England Journal of Medicine. Ecco perché capire a quanto corrisponda effettivamente questo arco di tempo è fondamentale. Al momento si ritiene che sia di 14 giorni, ma secondo uno studio del Guangzhou Institute of Respiratory Health potrebbe estendersi fino a 24. Ci sono comunque molti "ma" in questa affermazione.
Prima di tutto, la ricerca non è ancora stata ufficialmente pubblicata in quanto manca un ultimo fondamentale passaggio perché possa essere considerata scientificamente valida: la peer-review. Una revisione tra pari in cui altri esperti ripassano in rassegna la metodologia e i risultati dello studio per individuare eventuali errori, imprecisioni o vizi di forma che ne possano inficiare le conclusioni. Tutto avviene in forma anonima, per garantire una totale neutralità e trasparenza. Insomma, quello che è emerso da questo lavoro deve al momento essere ancora trattato con cautela.
Certo, i nomi sono importanti. Primo tra tutti, quello del dottor Zhong Nanshan, ovvero colui che scoprì la SARS nel 2003 e che è stato ovviamente arruolato subito nella task force di esperti cinesi contro la nuova minaccia. Perciò le sue parole sono comunque da tenere in seria considerazione.
Quindi, cos'ha scoperto lo studio che, se validato, verrà pubblicato sul British Medical Journal? Sebbene molto spesso sembra che il tempo di incubazione si riduca a meno di tre giorni, può capitare che raggiunga anche i 24. Tre settimane insomma in cui il virus può fare danni. Cifre che da un lato concordano con uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine il 29 gennaio in cui si sosteneva che i giorni erano sicuramente meno di 14. Ma aggiunge il particolare inquietante che, in alcuni casi, possano diventare anche più di 20. Non si sa ancora se la differenza sia causale o se vi siano circostanze specifiche nelle quali il virus impiega più tempo per manifestarsi.
In realtà, però, questo studio è importante per altre informazioni. Dopo aver raccolto i dati di 1.099 pazienti, tutti risultati positivi ai test e ricoverati in 552 ospedali cinesi è emerso che solo l'1,18% ha contratto il 2019-nCoV entrando in contatto diretto con gli animali esposti nell'ormai famoso mercato di Wuhan, città nella quale era stato il 31,30% delle persone esaminate, mentre il restante 71,80% si era ammalato dopo una frequentazione diretta con persone provenienti dall'epicentro dell'epidemia. Tutte queste percentuali significano insomma che il virus ha mutato e si è adattato all'uomo piuttosto rapidamente e il passaggio da essere umano a essere umano è all'origine dell'emergenza provocata dal nuovo Coronavirus.
Inoltre, il tasso di letalità (cioè di pazienti morti sul totale degli infetti) si ferma all'1,36%. In effetti è da tempo ormai che gli esperti utilizzano due misure per Wuhan, dove rimane del 3%, e il resto del mondo, dove è in realtà ben più basso.
Ti sarà quindi chiaro come le cifre vadano sempre interpretate e capite, prima di temere un'epidemia globale nel giro di poche ore.
Fonte| "Clinical characteristics of 2019 novel coronavirus infection in China", in attesa di pubblicazione definitiva sul British Journal of Medicine