In Norvegia sono state rilevate radiazioni nucleari di origine sconosciuta: quali sono i rischi dello iodio-131 per l’uomo

In Norvegia sono state registrate nell’aria concentrazioni di radiazioni nucleari di origine sconosciuta. In particolare, si tratterebbe di iodio-131 che, per via dei bassi livelli e della breve emivita, non rappresenterebbe un pericolo per l’uomo o l’ambiente.
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Kevin Ben Alì Zinati 5 Aprile 2024
* ultima modifica il 05/04/2024

In Norvegia si sta cercando di capire perché, nell’aria, sono state rilevate delle radiazioni nucleari di origine sconosciuta.

L’ha reso noto la Direzione per la protezione dalle radiazioni e la sicurezza nucleare nazionale in un comunicato, spiegando anche che i livelli sarebbero comunque bassi e le concentrazioni misurate tra il 21 e il 26 marzo nel laboratorio di High North non comportano rischi per l’uomo e per l’ambiente.

In particolare, sarebbero stati rilevati livelli di iodio radioattivo a Tromsø, la settimana città della Norvegia per numero di abitanti (quasi 65mila).

Resta ancora un mistero, invece, la provenienza di queste radiazioni. Secondo prime ipotesi, non si tratterebbe di perdite dovute a incidenti nucleari dal momento che, se così fosse, sarebbero state registrate concentrazioni anche di altri isotopi, come il cesio-137 e lo stronzio-90.

La sola presenza dello iodio-131, seppur con diverse incognite ancora, non sembra dunque destare troppa preoccupazione. Le concentrazioni registrate sarebbero infatti troppo basse per rappresentare un pericolo. Lo iodio-131, poi, è un isotopo con un’emivita breve: in circa otto giorni, cioè, tende a ridurre del 50% la propria radioattività.

Tutte buone notizie, insomma, se pensi che lo iodio-131 ad alte concentrazioni può diventare comunque un elemento pericoloso per l’uomo e l’ambiente circostante.

Nella maggior parte dei casi, questo elemento si diffonde nell’aria attraverso follout radioattivi provocati in seguito ad incidenti in centrali nucleari. Disperdendosi nell’aria, viaggia poi per chilometri contaminando cibo, acqua e alimenti che possono poi finire sulle nostre tavole e dunque nel nostro organismo.

Dopo il disastro nucleare di Chernobyl del 1986, per esempio, il rilascio di iodio-131 insieme ad altri isotopi ebbe pesanti ripercussioni sulle zone circostanti, aumentando le diagnosi di tumore, soprattutto della tiroide.

Una volta entrato, lo iodio-131 tende a concentrarsi all’interno di quest’organo. Si tratta di una piccola ghiandola situata alla base del collo che svolge un ruolo importante nel nostro organismo perché attraverso la produzione di alcuni ormoni tiene sotto controllo processi come la respirazione, il battito cardiaco, la temperatura corporea e il metabolismo di zuccheri, grassi e proteine.

La tiroide è sempre affamata di iodio, che rappresenta un po’ il suo carburante, ma quando è presente in eccesso attorno a noi, finisce per assorbirne troppo.

In occasione delle tensioni dovute agli attacchi militari russi nelle zone della centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia, il professor Andrea Giustina, primario di Endocrinologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano ci aveva spiegato che l’ingresso nella tiroide di sostanze radioattive può causare alterazioni del Dna cellulare favorendo così l’insorgenza di patologie tumorali.

Aveva anche specificato, però, che si tratta di malattie “comunque che di rado sono particolarmente aggressive.

Fonte | Direzione per la protezione dalle radiazioni e la sicurezza nucleare della Norvegia

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