Ippoterapia e onoterapia: quando cavalli e asinelli favoriscono il benessere motorio e psicologico

Due animali simili eppure molto diversi, l’uno usato per aiutare nel superamento di problematiche motorie, l’altro per alleviare disturbi che hanno a che fare con la mente e l’emotività. Dopo la pet therapy con cani e gatti, ecco quella in cui i protagonisti sono asini e cavalli.
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Rubrica a cura di Sara Del Dot
22 Gennaio 2019

La volta scorsa ho parlato di tutti gli incredibili benefici che derivano dall’interazione con cani e gatti, dal senso responsabilità che occuparsi di loro anche soltanto per qualche ora comporta, dell’auto emotivo e mentale che giocare e fare esercizi in loro compagnia porta con sé. Tuttavia, quello con animali d’affezione non è l’unico tipo di pet therapy esistente. Infatti, ci sono disturbi e patologie che vengono trattati anche con l’ausilio di altre specie, ad esempio quelle da fattoria, come cavalli, pony e asinelli.

Anche questa volta, a parlarcene è Erika Consonni, psicopedagogista e psicomotricista, operatore IAA (Interventi assistiti con gli animali) e responsabile di progetto presso il centro Il Girasole di Milano.

Erika racconta che gli unici animali previsti dalle linee guida per la pet therapy con gli animali da fattoria sono i cavalli (e i pony) e gli asinelli, protagonisti rispettivamente dell’ippoterapia e dell’onoterapia. Il Girasole pratica queste co-terapie in una fattoria didattica di Milano, che mette a disposizione i suoi animali già ovviamente predisposti al contatto con le persone.

“L’ippoterapia è una disciplina molto conosciuta, ma è importante non confonderla con la riabilitazione equestre, cosa che accade molto spesso”. Racconta Erika. “A differenza della riabilitazione, che consiste in una vera e propria disciplina in cui si apprendono le tecniche e le posture dello stare a cavallo per favorire una riabilitazione fisica, l’ippoterapia viene utilizzata sia con i bambini sia con gli adulti che presentano vari tipi di problemi motori, come disturbi dell’equilibrio, paraplegia, disabilità. Salire sul cavallo, ma anche camminarci accanto, ripristina gli equilibri della persona, le fa sentire come se qualcun altro stesse camminando per lei. Tutto questo fa sì che il paziente raccolga benefici anche a livello emotivo e motivazionale. Inoltre”, prosegue, “c’è tutta la parte della cura, delle attività come ad esempio ordinare e pulire il box, fare in modo che tutto sia a posto, e ancora il grooming, pettinare il pelo, pulire gli zoccoli, preparare da mangiare all’animale. Sono tutte attività che favoriscono la relazione con l’animale, sviluppano sensibilità ed emotività e senso di protezione e cura, oltre ovviamente a dare un gran contributo a livello motorio.”

Con gli asini, invece, la situazione è leggermente diversa, perché si tratta di un animale più fermo rispetto al cavallo, che infonde un senso di maggiore riflessività e calma. Infatti, Erika racconta che “le attività che si fanno con il cavallo si possono svolgere anche con gli asinelli, ma in modo diverso. Infatti, l’asino come animale stimola nella persona un lavoro più introspettivo, psicologico. Non a caso l’onoterapia viene praticata maggiormente con persone cardiopatiche, depresse, ragazzi con disturbi alimentari o della sfera emotiva, pazienti psichiatrici, psicotici, affetti da autismo o ancora che sono stati vittime di bullismo, dal momento che, non si capisce bene per quale motivo, l’asino induce molto al racconto di sé.” Inoltre anche il contatto con l’asino è diverso da quello con il cavallo. “L’asino non si sella”, prosegue Erika, “ma si può portare in passeggiata, nel paddock o in un parco o in un bosco. È anche una questione di tatto perché, a differenza del cavallo, l’asino ha il pelo molto morbido e incute una forte sensazione di calma”.

Naturalmente gli operatori che si occupano di questo genere di pet therapy hanno ricevuto una formazione specifica, e così anche gli animali utilizzati. Si tratta, infatti, di cavalli e asini molto docili, di taglia piccola, che non hanno subìto maltrattamenti o situazioni traumatiche e che possibilmente siano già stati a contatto con bambini e altre categorie di persone fragili. “La cosa fondamentale”, ricorda Erika, “è che coloro che si avvicinano a questo tipo di terapia siano consapevoli che l’importante non è la tecnica, imparare l’equitazione, ma è la relazione uomo-animale, che è un po’ il senso di tutta la pet therapy.”

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Sono nata e cresciuta a Trento, a due passi dalle montagne. Tra mille altre cose, ho fatto lunghe passeggiate nel bosco altro…