La bellezza è potere: come le leggi sociali hanno condizionato l’estetica delle donne

Consideriamo il nostro corpo un insieme di oggetti, tanti pezzi che devono essere curati nei minimi dettagli. Nei secoli la bellezza serviva alle donne per essere ritenute valide per trovare marito, oggi serve soprattutto per essere legittimate in quanto esseri viventi e in quanto professioniste. Rispondere ai canoni estetici del momento è sempre stato imprescindibile per le donne perché era l’unico modo per assumere potere in società, per contare qualcosa agli occhi degli altri. Tuttora essere giudicate belle è una via preferenziale in molti ambiti, ma a discapito del nostro valore intrinseco.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Rubrica a cura di Evelyn Novello
13 Novembre 2023
Intervista a Giulia Blasi Scrittrice, conduttrice radiofonica e giornalista

"C'è un numero sempre crescente di donne che hanno più denaro, più potere, più opportunità, più riconoscimenti legali; ma per come si giudicano dal punto di vista fisico probabilmente stanno peggio delle loro nonne non ancora emancipate". Questo scrisse Naomi Wolf ne "Il mito della bellezza" nel 1990 e, in effetti, prova a contare le volte in una giornata in cui disprezzi il tuo corpo. Al mattino quando ti scovi quelle solite occhiaie e i capelli sfatti, quando ti provi un nuovo paio di pantaloni e su te non stanno bene come sul manichino e di sera quando quel vestito che adori segna i fianchi più di qualche mese prima.

Make up, peli, capelli, unghie. A quante cose dobbiamo badare prima di uscire di casa? Quando Wolf ci scrisse queste parole, la pervasività dell'immagine non era forte come adesso, ma i canoni erano ugualmente stringenti e rimandavano a una magrezza tanto irraggiungibile quanto pericolosa. Ma concentrandoci per un attimo sulla necessità di conformarci allo standard di  la bellezza, ti sei mai chiesta perché lo fai? E la "cura di te" non vale come risposta. La bellezza ha un valore morale, soprattutto per le donne. Apparire in un certo modo fa di te una professionista o una poco di buono, una persona precisa e ordinata o una trascurata e inadeguata.

Questo preconcetto non è recente, alle radici ci sono secoli di storia di patriarcato in cui le donne non avevano modo di emergere se non grazie al loro aspetto fisico perché la bellezza dava loro la possibilità di contare in società, perlomeno realizzandosi come moglie e madre. Quello tra bellezza e potere è un legame indissolubile che continua ancora oggi e che ha solamente spostato il suo raggio d'azione dall'ambito familiare a quello pubblico e professionale. Lo analizziamo oggi in questa seconda puntata de Le Leggi della bellezza con Giulia Blasi, scrittrice, conduttrice radiofonica e giornalista.

Capitale della donna è la bellezza

Il capitale sessuale, nel corso della storia, era l'unico spendibile dalle donne. Essere attraente per un uomo era la normalità

La bellezza per le donne è sempre stata un requisito. In Cina fino all'inizio del 900, alle donne venivano spaccati e fasciati i piedi fin da bambine, di modo che non crescessero e che assumessero, secondo la tradizione, la forma di un "loto". Le donne Padaung, un gruppo etnico della Birmania e della Thailandia, cominciano ad indossare una spirale di anelli intorno al collo a cinque anni con l'obiettivo di allungarlo il più possibile, e ciò avviene ancora oggi. Il collo lungo, così come i piedi piccoli, sono considerati simboli di bellezza e prosperità, uniti da un unico scopo: trovare marito. Queste pratiche, per quanto lontane da noi, ti possono far riflettere sul "dovere" che sentiamo oggi del mostrarci sempre esteticamente piacevoli perché fin dall'antichità l'unico potere in mano alle donne era di natura sessuale. Erano gli uomini che impartivano anche solo implicitamente le regole che l'universo femminile avrebbe dovuto seguire, pena il grave disonore di rimanere "zitella".

Come conferma Giulia Blasi, "il capitale sessuale, nel corso della storia, era l'unico spendibile dalle donne. L'ipotesi di vivere sola non era prevista, una donna per essere ritenuta valida di vivere in società avrebbe dovuto ereditare un titolo nobiliare o sposarsi, e da qui è nata l'idea che essere attraente per un uomo avrebbe dovuto far parte della normalità di una donna. Naturale conseguenza, dunque, è stata la formazione di un canone estetico a cui tutte avrebbero dovuto aspirare. Sugli uomini, invece, non c’è un'analoga pressione estetica. La ricchezza è sempre stata tramandata in linea dinastica maschile, per lungo tempo gli uomini si sono definiti con il potere economico, non sessuale e questo fa sì che si siano dovuti occupare del loro aspetto molto meno".

Rughe, peli e body shape

Attraverso la moda femminile possiamo ricostruire la posizione della donna in quel periodo storico

Il modello imposto detta leggi specifiche per ogni parte del corpo. Abbiamo imparato a considerarci a pezzi. Le gambe, che devono essere lunghe e depilate, i capelli acconciati e colorati, i fianchi pronunciati ma non troppo, e via dicendo. Questo sguardo giudicante non è solo rivolto verso noi stesse ma verso ogni corpo femminile. "Le donne non possono prescindere dal loro corpo quando si interfacciano con il mondo. Il modo in cui ti presenti, ti trucchi e ti acconci sono tutti segnali che dicono qualcosa di te. Questa visione si è consolidata millenni fa ed è talmente insediata che non ci rendiamo conto di dove stia il problema – spiega Blasi – É normale oggi che invecchiare sia un peccato mortale, che si ricorra al filler, alla chirurgia estetica, così come è normale non vedere un singolo pelo in tutto il corpo".

Parlando proprio di peli, la donna si è sempre depilata ma la modalità e le zone depilate cambiano in base ai tempi. Gli antichi Egizi sono stati i primi a depilarsi, le donne erano solite radersi così da incarnare gli ideali di bellezza e purezza, mentre in Grecia ci si depilava perché la presenza di peluria sul corpo era sinonimo di appartenenza ad un ceto sociale molto basso. Con il trascorrere del tempo, la depilazione ha vissuto un boom con l'avvento del porno che ha popolarizzato l'idea di essere completamente lisce anche nelle parti intime.

Anche la forma del corpo considerata "bella" è variata molto a seconda del periodo storico. "Attraverso la moda femminile possiamo ricostruire la posizione della donna in quel periodo storico – precisa Blasi – Le donne formose erano considerate la bellezza assoluta del Dopoguerra, esprimevano fertilità e abbondanza. Dopo un decennio esatto, all’improvviso la moda ha dettato dei corpi magrissimi. Ovviamente non sono le donne a gonfiarsi o sgonfiarsi all'improvviso, è il canone di bellezza che impone un certo parametro".

La bellezza oggi è (ancora) potere

Dovremmo rifiutare il doverci sentire belle per stare al mondo, dovremmo smettere di parlare di corpi valutandoli

Ancora oggi, come nei tempi antichi, non si può svincolare l'aspetto fisico dal potere sociale. Quando ci affacciamo al pubblico, il nostro corpo è la prima cosa che viene commentata ed è un oggetto in perenne valutazione, nostra e degli altri. Un tasto dolente per ogni donna che deve sottostare alla pressione estetica che grava su di lei perché al minimo errore perderà di valore, di credibilità. Per citare di nuovo Wolf, "bellezza, per la donna, è potere. E tanto più le donne si avvicinano al potere, tanto più si chiede a loro un'autocoscienza fisica". Se in passato la bellezza serviva più che altro per conferire valore sociale alla donna in quanto moglie e poi madre, oggi più che mai la bellezza legittima la donna anche come professionista. Non a caso, al contrario, il modo più rapido ed efficace per screditare una donna è andarla a colpire proprio lì, sul suo corpo e sulla sua sessualità. Non importa che sia capace, intelligente e preparata, se è donna agli occhi degli altri sarà prima di tutto un corpo, un ammasso di carne.

"Gli uomini sono i poliziotti del corpo femminile, a loro è stato insegnato che possono usare il loro sguardo per legittimare e delegittimare le donne in società e noi ci facciamo legittimare da loro perché ci definiamo in base ai loro canoni e ai loro desideri. Abbiamo educato generazioni di uomini all'idea che possono controllare ed esercitare il loro potere sulle donne, e così il controllo sarebbe una forma d'amore, di romanticismo– continua Blasi. – Dovremmo rifiutare il doverci sentire belle per stare al mondo, non c'è bisogno di essere belle o essere riconosciute come belle per essere accettate, così come stanno sostenendo gli attivisti contro la grassofobia. Dovremmo smettere di parlare di corpi valutandoli. Quando capiremo che i corpi vanno goduti e non mostrati? Il corpo fa, agisce, non solo appare".

Reputando la bellezza così fondamentale, trattiamo il corpo come un oggetto di cui prenderci cura, come fosse un'entità esterna a noi che nulla ha a che fare con i nostri reali desideri. Limitiamo le occasioni di piacere per non rovinarlo (evitiamo i carboidrati altrimenti ingrasserebbe) e ci sottoponiamo a dolori inutili (vogliamo parlare della ceretta?). Ma quando penseremo al goderci il nostro corpo come parte di noi, come strumento da utilizzare e non da esporre, come mezzo attraverso cui vivere? Il valore di una donna non dovrebbe passare dal suo aspetto, così come quello di una professionista non ha nulla a che vedere con la "bella presenza", al massimo con il suo CV.

Questo articolo fa parte della rubrica
Dalle campagne novaresi sono approdata a Milano per immergermi nel mondo della comunicazione e per alimentare quella passione per la scrittura altro…