La città galleggiante: una buona soluzione per la civiltà peruviana, ma forse non per la Polinesia

Entro il 2022, a poche centinaia di metri dalla costa della Polinesia Francese potrebbe sorgere una città galleggiante formata da tanti isolotti autosufficienti ed ecologici. L’obiettivo? Trovare una soluzione per il problema dell’innalzamento delle acque di mari e oceani. Anche se farlo con una colata di cemento armato, non è sicuramente la soluzione più “eco”.
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Rubrica a cura di Gaia Cortese
3 Aprile 2019

Hai mai sentito parlare degli Uros? Sono una popolazione molto antica del Perù. Vivono nella baia di Puno, sulla sponda occidentale del lago Titicaca. In passato, per difendersi da alcuni “vicini di casa” poco amichevoli, tra cui anche gli Inca, iniziarono a costruire una serie di isolotti nella baia, utilizzando canne di totora, una pianta acquatica dell'ambiente lacustre, e ancorandosi sul fondo del lago. Erano delle vere e proprie isole fluttuanti, proprio perché si adattavano al salire e allo scendere del livello del lago. Non solo. Questi isolotti potevano spostarsi, semplicemente levando le ancore, come delle semplici chiatte. Ogni isola, il cui spessore poteva arrivare fino a 3 metri, poteva ospitare da una a più famiglie e la grandezza del terreno era proporzionata alle persone da ospitare.

Oggi le isole galleggianti degli Uros esistono ancora. Anzi, sono diventate (purtroppo) una meta turistica piuttosto inflazionata. Sono poche le famiglie che vivono realmente sulle isole, e sono anche quelle che non gradiscono troppo la presenza dei turisti. Gli altri abitanti di questa area vivono perlopiù sulla costa e si spostano sugli isolotti di giorno per guadagnare qualcosa e dare un senso alle escursioni dei numerosi turisti.

La bellezza di queste isole galleggianti è che sono del tutto naturali. Le canne di totora sono vegetali che crescono spontaneamente in questa zona lacustre. Anche le imbarcazioni utilizzate per spostarsi da una parte all'altra del lago sono fatte con giunchi di canne di totora.

Non si può dire lo stesso di un altro tipo di isole galleggianti, che fanno parte di un ambizioso progetto sottoscritto con il Governo della Polinesia francese, e che di naturale sembra abbiano poco.

La città galleggiante della Polinesia

Autonome, ecologiche e in grado di autogestirsi sia da un punto di vista politico che da quello economico. Le cosiddette Floating Islands che dovrebbero sorgere entro il 2022 a poche centinaia di metri dalla costa della Polinesia dovrebbero far nascere una città galleggiante formata da undici piattaforme collegate tra di loro, dalla forma rettangolare o pentagonale.

Una città vera e propria perché nel progetto si parla di edifici (ma non più alti di tre piani!), appartamenti, uffici e addirittura di hotel; chiaramente tutti autonomi dal punto di vista energetico, perché sfrutteranno l’energia del sole e del vento. Le case poi saranno dotate di un impianto di desalinizzazione dell'acqua del mare. La città infine sorgerà all'interno della barriera corallina, in modo da essere al riparo dalle correnti e dalle onde dell'oceano aperto.

È questo il sogno alla base del progetto delle Floating Islands che, grazie a un memorandum d'intesa sottoscritto a gennaio 2017, sta prendendo forma e potrebbe diventare realtà entro il 2022. Se il progetto dovesse andare a buon fine potrebbe essere riproposto su larga scala e far sorgere centinaia di isole galleggianti negli oceani di tutto il Pianeta. Il progetto, lanciato dall'associazione no-profit Seasteading Institute, è stato finanziato con donazioni private attraverso la società Blue Frontiers. I primi 60 milioni di dollari stanziati sono serviti a gettare le basi di quella che potrebbe essere una grande rivoluzione abitativa a livello globale, ma che da un certo punto di vista, rimane una colata di cemento armato in mezzo al mare.

Se il Governo della Polinesia francese si è dimostrato interessato è perché di fatto deve trovare una soluzione al problema dell'innalzamento del livello dell'acqua (negli ultimi 25 anni il livello medio degli oceani è aumentato di 7 cm). Le comunità che vivono nei piccoli atolli della Polinesia, infatti, potrebbero rischiare di scomparire, sommersi dall'acqua, in un futuro non troppo lontano.

Per quanto le nuove avveniristiche Floating Islands si presentino come ecologiche, autonome e sostenibili, personalmente continuo a preferire la soluzione più green degli antichi Uros, piattaforme galleggianti, completamente naturali, in grado di adattarsi all'innalzamento delle acque del lago. Siamo del tutto sicuri che queste isole galleggianti del futuro siano veramente una soluzione agli effetti del cambiamento climatico? Forse, in questo caso, una green city in mezzo all'oceano, non è la migliore soluzione.

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