La dermatite atopica non è solo una malattia della pelle, può anche provocare ansia e depressione

Abituati a riempirci la testa di stereotipi, ci siamo dimenticati che la normalità è proprio l’imperfezione. Così, chi soffre di patologie che si ripercuotono sull’aspetto fisico rischia di venire emarginato o di auto-isolarsi. Come se si punisse per una colpa che invece non ha.
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Rubrica a cura di Giulia Dallagiovanna
16 Marzo 2020

Non è facile vivere con cicatrici sulla pelle. O con eczemi cronici, o con qualsiasi altro segno che deturpi il tuo viso. Non ci si pensa mai, ma malattie come la dermatite atopica non sono solo fisiche. Possono lasciare ferite profonde anche nella mente di chi ne soffre. E lo fanno per diverse ragioni, come l'aumento delle citochine o il continuo prurito che non permette di dormire, ma pure, come potrai immaginare, per una questione estetica.

Avere sul viso uno sfogo rosso che non se ne va mai e che ha tutto l'aspetto di qualcosa di malato potrebbe provocarti ansia, soprattutto al momento di rapportarti con le altre persone. Secondo uno studio tedesco, nel 17,2% delle persone affette da questa patologia emerge anche un evidente disagio psicologico. Ansia e depressione sono tra i due problemi principali con cui sono costretti a convivere.

Naturalmente, è fondamentale avere il supporto di uno specialista, che ti aiuti a superare questo momento e a ricostruire la fiducia in te stesso. Però è anche importante svergògnarti!

Non è certo colpa tua se hai scoperto di soffrire di una malattia della pelle, perciò non dovresti punirti isolandoti dal mondo esterno e permettendo alle persone di disprezzarti come fossi un untore. Quale sarebbe il reato di cui ti sei macchiato?

Abituati come siamo ad avere la testa pieni di stereotipi, ci siamo dimenticati che il mondo è pieno di imperfezioni e che la normalità è questa, non modelli e modelle sui poster pubblicitari. A farne le spese è chi i proprio difetti non li può nascondere, come invece fanno tutti gli altri.

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Sono Laureata in Lingue e letterature straniere e ho frequentato la Scuola di giornalismo “Walter Tobagi” di Milano. Mi occupo principalmente altro…