La moda diventa bio e punta sui tessuti di origine vegetale

Fibre naturali che saccheggiano le materie prime o fibre sintetiche che inevitabilmente inquinano? Esiste una terza strada, ovvero materiali realizzati tra mite bioplastiche, alghe, funghi e soprattutto realizzati con la filosofia della biofabbricazione. La moda può davvero cambiare il futuro dell’industria tessile a favore dell’ambiente.
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Rubrica a cura di Valentina Rorato
30 Giugno 2021

Rispettare l’ambiente significa non saccheggiare le materie prime. È anche vero, però, che la produzione di fibre sintetiche convenzionali a base di petrolio inquinano e producono rifiuti molto difficili da smaltire. Qual è la soluzione?  Trovare una strada per superare questo problema è una sfida complessa, considerato che il settore outdoor, per esempio, si basa su materiali tecnici, concepiti su fibre sintetiche, come poliestere e poliammide. Eppure il futuro è a portata di mano, richiede investimenti imponenti ma fattibili.

Bioplastiche

Come potrebbe cambiare questo settore? Il fornitore outdoor e pioniere della sostenibilità Vaude ha appena lanciato un paio di pantaloni da trekking realizzati in poliammide a base biologica. Il filato utilizzato è composto per il 62 percento da olio di ricino ed è stato sviluppato insieme allo specialista dei polimeri Evonik. Il futuro appartiene alle bioplastiche nell'industria dell'abbigliamento? Potrebbero sicuramente ritagliarsi uno spazio importante ma, con la nascita di nuovi materiali bio, la moda vuole esplorare anche altri campi, sempre più verdi.

Fiori e ricino

Il marchio di abbigliamento statunitense The Pangaia è diventato famoso anche in Italia per aver lanciato un piumino molto speciale, il cui riempimento è realizzato con fiori nel tentativo di offrire un'alternativa cruelty-free al piumino d'anatra o d'oca.

L'imbottitura, chiamata Flower Down, è stata creata in 10 anni di ricerca e sviluppo e combina fiori di campo con un aerogel e un biopolimero per creare un materiale di isolamento termico durevole. Tutto ciò è contenuto in un guscio trapuntato in poliestere riciclato.

Sulla stessa linea anche Moncler, diventato ai tempi famoso proprio per la piuma d’oca. Per cambiare politica ha lanciato il piumino BIO-based e carbon neutral progettato con tessuti e accessori di origine vegetale.

Il piumino Moncler è stato realizzato con tessuto, fodera, bottoni e zip derivanti da semi di ricino. Materia prima che, rispetto ad una fonte di origine fossile, consente una riduzione delle emissioni di CO2 di circa il 30%. La pianta del ricino costituisce una fonte rinnovabile e sostenibile.

Biotecnologie e nuovi tessuti

Le biotecnologie stanno avendo un ruolo fondamentale nell'industria tessile. Gli enzimi vengono usati abitualmente per lavare e sbiancare i tessuti, per dare ai jeans un aspetto denim o per evitare che la lana si restringa. Il nuovo step che si sta affrontando in questo settore è la biofabbricazione, che sta permettendo di realizzare nuovi materiali resistenti, come la seta di ragno. Attenzione, però, se è vero che non è possibile allevare ragni su larga scala, è anche vero l’azienda AMSilk utilizza batteri geneticamente modificati per aggirare questo problema. All'interno dei bioreattori di fermentazione, i batteri producono la proteina della seta di ragno, che viene poi filata in fibre, creando un materiale nuovo di zecca con proprietà uniche.

Un'altra fonte importante per l’industria tessile sono le alghe. L'azienda tedesco-israeliana Algalife sta coltivando fibre e coloranti usando le alghe. La società Hoitink, invece, ha creato un tessuto che nasce dal micelio, le radici dei funghi. I funghi vengono coltivati ​​in dischi che vengono poi incollati tra loro per creare abiti personalizzati senza cuciture. Ovviamente, c’è ancora molto lavoro prima che la biofabbricazione diventi dominante nel settore, ma questa è probabilmente una delle più grandi sfide della moda.

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Diplomata al Liceo Scientifico e Laureata in Lettere Moderne, ho saputo coniugare il mondo scientifico e quello umanistico nel mio lavoro, altro…