La scienza, la bomba atomica e una pace non impossibile: che cosa ci racconta la storia di Oppenheimer?

Oppenheimer è stato il fisico a capo del progetto che portò allo sviluppo della bomba atomica: la sua storia, raccontata nel nuovo film di Christopher Nolan in uscita mercoledì 23 agosto, ha riaperto riflessioni e discussioni. In particolare, a nostro avviso, sul ruolo della scienza come strumento per la conquista della pace.
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Kevin Ben Alì Zinati 21 Agosto 2023

Far capire, insegnare, educare. Ma azzardiamo, provochiamo: cambiare la storia. Il potere dei grandi film è questo: trascendere la bidimensionalità dello schermo per oltrepassare i confini della sala cinematografica e consegnare all’uomo un messaggio forte e profondo.

Questo può e devono fare il cinema e quei film che sanno ancora comunicare con il pubblico, pizzicare le emozioni giuste, dalla paura alla speranza, e accendere riflessioni.

Questo può (e forse deve) fare Oppenheimer, il nuovo attesissimo lavoro di Christopher Nolan dedicato alla figura di J. Robert Oppenheimer, in uscita in Italia mercoledì 23 agosto ma già discusso, osannato, criticato, parlato.

Il suo nome non ti sarà nuovo, l’ho citato quando ci siamo chiesti che cosa significhi oggi parlare di nucleare. Oppenheimer, infatti, fu il geniale fisico a capo del progetto Manhattan, il programma di ricerca e sviluppo statunitense che consegnò all’uomo le prime bombe atomiche della storia, poi sganciate su Hiroshima e Nagasaki.

Sismo convinti però che Oppenheimer ci racconti qualcosa di più.

Il dilemma dello scienziato e dell'uomo

Al centro di quello che ormai molti critici hanno già ribattezzato come il capolavoro di Nolan, c’è lui, Oppenheimer, il brillante e controverso scienziato che la mattina di lunedì 16 luglio 1945, giorno del Trinity Test, la prova generale della prima bomba atomica, prese per mano l’Umanità e la trascinò nel futuro.

Un futuro nuovo ed eccitante sì, ma anche tremendo e spaventoso in cui la fisica consegnò all’uomo i segreti della natura e, insieme, il potere mai posseduto prima di autodistruggersi.

J. Robert Oppenheimer fu il capo del Progetto Manhattan per lo sviluppo della bomba atomica statunitense. Photo Credit: Wikipedia.

Nel contesto storico della Seconda Guerra mondiale, il regista di Inception, Interstellar e della trilogia di Batman accende i riflettori sul dilemma interiore di quella che ha definito «la persona più importante che sia mai esistita».

Oppenheimer comprese subito le drammatiche conseguenze del Trinity Test e da allora oscillò dolorosamente tra le ragioni che lo avevano spinto a supportare gli Stati Uniti nella corsa all’atomica contro la Germania nazista (“sarà la fine di tutte le guerre”) e i rimorsi umani per non aver impedito le catastrofi giapponesi.

Il Trinity Test del 16 luglio 1945 fu la detonazione della prima bomba atomica della storia. Photo credit: Wikipedia.

Fu un uomo in conflitto, Oppenheimer, incastrato in un paradosso morale struggente dove bene e male si erano ormai impastati in un groviglio indecifrabile. È passata alla storia una dichiarazione rilasciata dallo stesso «Oppie», appellativo a lui caro, durante una trasmissione televisiva della NBC datata 1965 quando, provato dal ricordo di quei giorni di luglio, citò un verso delle scritture indù, la Bhagavad Gita: «Ora sono diventato Morte, il distruttore di mondi».

L’ambiguità portata sullo schermo da Nolan non è tuttavia solo la realtà storica che contraddistinse l’uomo e lo scienziato Oppenheimer. È il paradosso intrinseco della scienza e del progresso tecnologico.

Un dualismo apparentemente dicotomico e binario dove però concetti come innocente e colpevole, giusto e sbagliato a volte possono avere linee di separazione sottilissime che solo l’uomo può definire e riconoscere. Ed è qui che il film di Nolan apre, a nostro parere, a un’altra riflessione.

È procedendo in equilibrio su questo filo teso che Nolan vuole portare il pubblico a ricordare: a ricordare che l’atomo, la fisica e la scienza possono e devono avere un ruolo nella conquista della pace.

La scienza per la pace

Lo so, sembra parecchio strano mettere la parola «pace» nella stessa frase con «bomba atomica», l’arma che ha tolto la vita a centinaia di migliaia di persone e che da allora rappresenta la più grossa minaccia appesa sopra le teste degli uomini.

La storia di Oppenheimer rappresenta però un significativo esempio di come l’uomo possa e debba servirsi della scienza per perseguire la pace. Dopo il Progetto Manhattan, il fisico agì in prima linea insieme ad altri nomi altisonanti come Niels Bohr perché il governo statunitense sfruttasse l’atomo per scopi civili, come la produzione di energia, piuttosto che militari e distruttivi.

Non rinnegò mai del tutto il risultato raggiunto, scientificamente stiamo parlando di una rivoluzione, ma fu tra coloro che si opposero pubblicamente alla deterrenza nucleare militare e ai programmi mirati alla costruzione di ordigni sempre più potenti e spaventosi.

Come la bomba a idrogeno. Nota anche come «bomba H», è la forma tecnologicamente più avanzata degli ordigni atomici sganciati sul Giappone. Basata su una reazione a fusione nucleare, rappresenta l’arma nucleare più devastante mai creata dall’uomo.

Le bombe atomiche dal 1945 sono la più grossa minaccia appesa sopra le teste degli uomini

Questa presa di posizione costò cara a Oppenheimer, che a partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta fu letteralmente ostracizzato dalla scienza statunitense.

Pur restando fuori dal dibattito pubblico, Oppenheimer continuò comunque a opporsi alla proliferazione nucleare. Insieme ad altri scienziati, tra cui Albert Einstein, partecipò alla fondazione del Bulletin of the Atomic Scientists, un’organizzazione no-profit nata nel 1945 da scienziati dello stesso Progetto Manhattan, esperti e premi Nobel per sorvegliare i rischi degli sviluppi scientifici e tecnologici per la sicurezza del mondo.

Un occhio del Bulletin è sempre rimasto puntato proprio sul dilagare delle armi di distruzione di massa. Ogni anno, dal 1947, i suoi membri aggiornano il «Doomsday Clock», l’orologio dell’Apocalisse, uno strumento simbolico dove la mezzanotte rappresenta l’imminenza di una guerra nucleare: meno minuti mancano alla mezzanotte, più siamo vicini all’autodistruzione (oggi siamo a 90 secondi, mai così vicini).

L’eredità di Oppenheimer così come di tutti gli altri scienziati schieratisi a favore della pace divampò in un movimento scientifico-pacifista potente. Nel 1954, il presidente americano Dwight D. Eisenhower arrivò a firmare e inaugurare il progetto «Atoms for Peace», pensato per applicare concretamente la fisica nucleare a scopi civili.

Nacque poi la prima centrale nucleare della storia per la produzione di energia elettrica, si cominciarono a indagare gli usi dell’atomo nella medicina e venne steso il cosiddetto Manifesto Einstein-Russell, il primo documento internazionale a favore del disarmo nucleare.

«Facciamo un appello come esseri umani ad altri esseri umani: ricordate la vostra umanità e dimenticatevi del resto» si legge nel Manifesto Einstein-Russell

Il Manifesto Russell – Einstein per bloccare la proliferazioni delle armi nucleari. Fonte: The Bulletin Of The Atomic Scientists

Un'eredità che continua ancora oggi

Gli esempi di come la scienza si sia adoperata per la pace sono tanti e pervadono i decenni, passando dalle conferenze di Pugwash del 1957 a quelle di Edoardo Amaldi, dalla costituzione del Cern a Ginevra e del centro internazionale di fisica teorica a Trieste fino ad arrivare ai giorni nostri, in cui  dibattiamo (e forse dovremmo farlo di più) sul potenziale ruolo dell’atomo nella transizione energetica.

La fusione nucleare oggi rappresenta una tecnologia estremamente ambiziosa, dal momento che promette di diventare una fonte energetica sostenibile e illimitata, quanto sfuggente.

Nonostante gli Stati Uniti abbiano appena celebrato il primo storico guadagno positivo di energia da una reazione di fusione controllata siamo comunque ancora lontani da un suo utilizzo commerciale e, a dirla tutta, anche dall’ottenere effettivamente più energia di quella impiegata per avviare la fusione. Se si considera l’intero processo produttivo, infatti, il guadagno ottenuto al National Ignition Facility del Lawrence Livermore National Laboratory in California è ancora in negativo.

La fusione tuttavia ha sempre assunto i connotati di uno straordinario strumento di pace, fin dal primo momento in cui si cominciò a riflettere e ragionare sulle possibilità di sfruttarla per produrre energia.

Basti pensare a quanto accadde tra il 1955 e il 1957 durante la Conferenza per l’utilizzo pacifico dell’energia atomica, quando scienziati di tutto il mondo si incontrarono a Ginevra per discutere lo status quo della ricerca sulla fusione e condividere i propri avanzamenti tecnologici.

Questi incontri avevano l’obiettivo di alzare il velo di segretezza e promuovere la cooperazione internazionale anche in campo nucleare ma da più parti regnava lo scetticismo: le tensioni della Guerra Fredda erano ai massimi livelli e nell’aria aleggiavano paura e sospetti.

Gli stessi che inizialmente ricaddero sulle rivelazioni da parte di scienziati sovietici riguardo le proprie ricerche e i promettentissimi risultati ottenuti sul Tokamak, la struttura a forma toroidale dentro cui ancora oggi avvengono gli esprimenti di fusione.

Non sembrava vero che l'Unione Sovietica condividesse risultati segreti e addirittura di un ordine di grandezza superiore a quelli ottenuti fino a quel momento in Occidente: eppure successe e ciò, con qualche decennio di anticipo, finì per rompere quel muro di paura e silenzi, quantomeno nella scienza.

La fusione nucleare dunque rappresentò un tentativo di distensione, la boa attorno cui la scienza cambiò direzione, passando dal periodo dei documenti riservati e della ricerca segreta alla collaborazione e della condivisione della conoscenza.

La fusione nucleare ha sempre assunto i connotati di uno straordinario strumento di pace, fin dall'inizio

Da questa cooperazione internazionale nacque, nel 1978, il primo progetto di fusione nucleare, l’International Tokamak Reactor (o INTOR) con quattro partner di spessore (Unione Sovietica, Comunità Europea, Stati Uniti e Giappone). Un progetto che ha gettato le basi per Iter, che oggi rappresenta il più avanzato progetto di ricerca sulla fusione nucleare con oltre 35 Paesi coinvolti.

Nella natura di Iter ci sono dunque la collaborazione e la condivisione, nel suo futuro una forma di energia pulita e sostenibile per tutti e non per pochi. Tradotto: Iter e la fusione nucleare mirano alla pace.

Un film che aiuta a ricordare

Secondo noi, insomma, Oppenheimer, ci aiuta a ricordare. O meglio: a non dimenticare.

Allora sapevamo che la scienza poteva essere uno strumento di pace ma ce lo siamo scordati. Abbiamo lasciato prevalere le ragioni sbagliate e abbiamo commesso l'errore di costruire ma soprattutto utilizzare due bombe atomiche. Il prezzo è stato altissimo e non stavamo comprando alcuna pace.

Dal quei 6 e 9 agosto 1945 sono passati più di settant’anni e oggi lo sappiamo: sappiamo di aver «conosciuto il peccato», come disse lo stesso Oppenheimer. Sappiamo di aver sbagliato, sebbene qualche volta abbiamo rischiato di dimenticarlo ancora.

Oppenheimer esce nella sale cinematografiche italiane e mondiali in un periodo storico delicato e mai così sinistramente (e involontariamente) azzeccato come quello del conflitto tra Russia e Ucraina. Una guerra folle e fuori dal tempo che più volte ha resuscitato il fantasma dell’arma nucleare. L'ha fatto Vladimir Putin e l'hanno fatto, prima ancora, anche Corea del Nord e Iran.

Il film dobbiamo ancora vederlo, va detto, ma siamo comunque convinti che ricordare Oppenheimer e la bomba atomica serva a non dimenticare. A non dimenticare che la storia dell’uomo la fa solamente l’uomo e che la scienza – e il nucleare – può e deve essere utilizzata come strumento di pace. Certo va ascoltatacapitasostenuta anziché criticata, negata, zittita.

Va usata nel modo giusto, la scienza. In questo caso si può fare, lo sappiamo fare: gli esempi, come vedi, non ci mancano.