L’agricoltura che fa bene: Luca, l’autismo e la rivincita sociale negli orti di Voghera

Luca ha 23 anni e da sempre convive con un disturbo dello spettro autistico. Da qualche mese frequenta un orto sociale dove ha intrapreso un percorso per acquisire nuove competenze e maggiore fiducia in se stesso e negli altri. E i risultati sono evidenti.
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Sara Del Dot 3 Dicembre 2019

Appena mette piede nella cascina che ospita gli Orti Sociali di Voghera, Luca corre a togliersi le scarpe e indossare gli stivali di gomma per lavorare nella terra. Poco importa se è il primo giorno di sole dopo settimane di pioggia e il terreno sia ricoperto di fango. Oggi si lavora all’aperto e Luca non vede l’ora. Armato di cassetta di plastica e coltello, inizia a raccogliere i cavoli e le verze dalle lunghe file di coltivazioni. Ogni movimento che fa, ogni frutto che prende e ripone è una soddisfazione. Sono bellissimi, sembrano tante piccole opere d’arte. È la bellezza che scaturisce dalle pratiche agricole rispettose della natura e dei suoi tempi. Ed è una bellezza che, è evidente, colpisce anche Luca.

Luca ha 23 anni e fin da piccolo convive con un disturbo dello spettro autistico che gli rende difficile comunicare verbalmente con le persone (in forma scritta invece ci riesce benissimo).  Ai ragazzi come lui, dopo il compimento dei 18 anni non vengono offerte tante possibilità come accade invece nel periodo della scuola, in cui ci sono più servizi a loro disposizione. Come ci spiega Barbara, la mamma di Luca, “il periodo post scolastico è come un enorme buco nero.”

A quel punto sono le famiglie stesse a doversi occupare di trovare delle attività che possano aiutare i loro figli con disabilità a sviluppare competenze, fiducia e relazioni sociali, consentendo loro un inserimento efficace e dignitoso nella società. Ed è proprio ciò che ha fatto Barbara, che ormai da quattro anni è riuscita letteralmente a creare progetti su misura in cui suo figlio possa trascorrere del tempo nella natura ma soprattutto acquisire delle capacità che possano essergli utili in futuro.

Così, Luca ha trascorso tre anni a lavorare con gli animali da fattoria assieme ad altri ragazzi con disabilità e da qualche mese, grazie all’associazione “Una mano per” si è spostato negli Orti sociali di Voghera, una realtà guidata da Moreno Baggini inserita nell'ampia rete Agricoltura sociale Lombardia, in cui tre volte a settimana si occupa di coltivare frutta e verdura di stagione assieme a Margherita Volpini ed Emanuele, ortoterapeuti.

“Quando è arrivato, Luca mi salutava a stento e non mi parlava. Adesso, dopo appena tre settimane di percorso, comunichiamo molto. Spero entro giugno di riuscire a farlo parlare sempre di più e di arrivare a lasciarlo libero di lavorare in autonomia, racconta Emanuele, che ci tiene a specificare che gli incontri non hanno una struttura specifica ma vengono costruiti su misura per chi ha di fronte, in modo da sviluppare le capacità di ciascuno nel modo migliore. “Io non imposto mai un percorso ben preciso, ma mi adatto alle esigenze e alle possibilità del ragazzo. Ad esempio possiamo semplicemente raccogliere un po’ di verdura o di frutta oppure arrivare anche a far utilizzare attrezzi e macchinari. La cosa certa è che bisogna variare, fare tante cose diverse dalla raccolta alla lavorazione, per compiere un processo di filiera dall’inizio alla fine, così da dare anche maggiore soddisfazione.”

Qui negli orti, Luca sa riconoscere alla perfezione tutti i tipi di piante con cui ha a che fare, sa come raccoglierle nel modo giusto, sta imparando a lavorarle e prepararle per una futura vendita nella Bottega degli Ortolani. Una competenza invidiabile, che gli consente di comunicare meglio con gli altri, di diventare un agricoltore sempre più esperto e anche di studiare e fare ricerca, tant’è che gli è stato da poco affidato un computer aziendale in cui annotare le sue esperienze e creare un manuale delle procedure di orticoltura, per insegnare a chi verrà dopo di lui come svolgere questa professione nel modo migliore.

Quello di Luca è un percorso che testimonia come tutte le persone, anche le più fragili, abbiano bisogno della giusta occasione per mettersi in gioco per dimostrare il proprio valore. Un’occasione che è importante saper cercare e saper dare, superando anche le paure che la disabilità di un figlio può infondere in un genitore. Come dice Barbara, “è un percorso che dà tantissimo e sprono i genitori a credere che ogni figlio possa intraprendere una strada di questo tipo.”