Le aggressioni a infermieri e medici aumentano, il presidente del 118: “Mi è stato detto ‘se mia madre muore, muori anche tu'”

Oggi è la Giornata nazionale contro la violenza verso gli operatori sanitari e la situazione purtroppo non lascia tranquilli: addirittura l’81% del personale ha subìto aggressioni. Episodi di violenza si verificano anche a bordo delle ambulanze del 118 o quando i suoi professionisti si recano nelle case dei pazienti. Per il presidente Mario Balzanelli queste “scene da Far West sono paradossali, irrazionali, assurde e irricevibili”.
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Kevin Ben Alì Zinati 12 Marzo 2024
* ultima modifica il 12/03/2024
In collaborazione con il Dott. Mario Balzanelli Presidente Nazionale Società Italiana Sistema 118

Prima volano parole grosse, arrabbiate, impaurite. Poi la mano stritola il camice bianco, lo strattona sempre di più perché chi lo indossa ascolti, agisca, capisca, risolva. Ed ecco che arriva lo spintone, poi un pugno. O un calcio.

Di episodi di violenza come questo ne abbiamo visti tanti ovunque purtroppo. Sentiti pure di più. Il fatto però è che lo stesso copione sempre più spesso va in scena nei Pronto Soccorso, nei reparti di ospedali traboccanti di pazienti bisognosi di aiuto, negli ambulatori di medici di medicina generale sommersi da visite, ricette e burocrazia.

Aggressioni simili avvengono anche sulle ambulanze del 118 che sfrecciano nel traffico a qualsiasi ora del giorno o della notte per battere il tempo sul tempo e salvare una vita o addirittura nelle case dei pazienti stessi. “Stiamo parlando di operatori aggrediti, insultati, minacciati, colpiti fisicamente con calci, pugni e sputi, mezzi di soccorso speronati”. 

Quello che descrive il dottor Mario Balzanelli, presidente Nazionale Società Italiana Sistema 118 sfortunatamente è uno degli scenari a cui «i suoi ragazzi» – professionisti qualificati e mossi, come tutti i medici, da un’alta forma di vocazione – si trovano esposti tutti i giorni.

Sono “scene da Far West irrazionali, assurde e irricevibili” che oggi, nella Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitario e socio-sanitari, fanno rumore e chiedono soluzioni, non giustizia.

I numeri che descrivono l’emergenza sono diventati durissimi. Secondo Anaao, il principale sindacato degli ospedalieri, addirittura l’81% del personale ha subìto aggressioni: il 23% dei professionisti che hanno partecipato al sondaggio ha dichiarato di aver subìto aggressioni di tipo fisico, il 77% verbale.

Parlo di operatori aggrediti, insultati, minacciati, colpiti fisicamente con calci, pugni e sputi

Dott. Mario Balzanelli, presidente 118

Il dato ancora più grave è che il 69% dei medici vittime di episodi simili non denuncia, tiene tutto per sé dando così un tacito ma inconsapevole assenso. Il 75% dei sanitari, poi, ha ammesso di aver visto con i propri occhi colleghi malmenati.

L’ultimo caso ce l’ha consegnato la cronaca ligure, con tre infermieri del pronto soccorso dell’ospedale Galilea di Genova pesantemente aggrediti da una paziente in attesa: pretendeva di saltare la fila e farsi curare prima degli altri.

“È già difficilissimo difendersi e proteggersi circondati dalle mura di un ospedale e da colleghi pronti a intervenire. Per noi però è ancora peggio: gli equipaggi che viaggiano a bordo delle ambulanze sono in campo aperto, la nostra è una posizione scoperta ha ammesso il dottor Balzanelli, nelle cui parole è impossibile non percepire una miscela di amarezza, rabbia, delusione e paura.

“Non si può andare al lavoro pensando che ogni volta si rischia pesantemente di tornare a casa malmenati o feriti. Le sue non sono esagerazioni: lo raccontano gli episodi che ci ha condiviso. Come quello di un infermiera in Sardegna colpita a calci sul torace o degli operatori presi a calci, pugni e schiaffi senza motivo a Pescara. Come la storia dei professionisti costretti a chiudersi in un’ambulanza poi speronata da un’auto a Foggia o dell’infermiera quasi strangolata a Caserta.

La scorsa Epifania a bordo di un’auto-medica ho raggiunto una paziente gravemente obesa. Pesava oltre 300 chili, non riusciva ad uscire dalla porta e anche i vigili del fuoco avevano difficoltà a calarla dalla finestra ma la sua situazione era grave – ha ricordato il presidente Nazionale Società Italiana Sistema 118 – Si trovava in preda a un grave edema polmonare acuto, quindi una grave forma di insufficienza cardiaca. Quando entrai in quella stanza il figlio mi disse: «Se mia madre muore, oggi muori anche tu con lei»”.

Anaao ha rilevato che le aggressioni sono compiute dal paziente stesso solo nella metà dei casi (51,3%), l’altra fetta appartiene invece ai parenti, dal coniuge ai figli, soprattutto in Pronto Soccorso.

Uno scenario che secondo il dottor Balzanelli si verifica anche a bordo delle ambulanze del 118 o nelle case dei pazienti. A suo parere, si possono riconoscere due principali motori capaci di innescare simili reazioni.

Non si può andare al lavoro rischiando di tornare a casa malmenati o feriti

Dott. Mario Balzanelli, presidente 118

Una è la paura, ovviamente. “A volte poi si verifica dispercezione del tempo, naturale e comprensibile. In quegli istanti tremendi di fronte al rischio morte di un proprio caro, la mente è sconvolta e i 5 minuti sembrano ore interminabili e questo può produrre esplosioni d’ira. Anche per questo abbiamo richiesto un rinforzo del parco mezzi attraverso una riforma legislativa che rinvigorisca il 118 garantendo tempi ancora più rapidi”. 

Situazioni caotiche come quelle a cui abbiamo assistito a inizio anno, sotto il periodo festivo, di certo non aiutano. La «barellopoli», come lui stesso l’aveva urgentemente definita, ha creato pantani tremendi con ambulanze e mezzi medici bloccati sulle rampe dei pronto soccorso e dunque tolte all’operatività del 118. Un cortocircuito che rallenta drammaticamente l’intervento degli operatori sanitari, soffiando sul fuoco della paura e della frustrazione dei cittadini.

Inaccettabile. È inaccettabile, per Balzanelli, che il sistema tempo-dipendente salvavita degli italiani venga dimenticato proprio dalle persone a cui si rivolge.

Un sistema che, a ben guardare, “in una sanità che si caratterizza per tempi di risposta davvero dilazionati, risponde sempre, 24 ore su 24 e 365 giorni all’anno. In una sanità in cui per ricevere delle cure una persona deve recarsi nella sede di erogazione delle cure stese, il 118 compie il percorso inverso e si reca nel luogo in cui una persona sta male. Andiamo noi dove c’è bisogno, e in pochissimo tempo”.

Il presidente del 118 ha fatto ricorso a parole dure ma necessarie: “Il 118 agisce così rapidamente che spesso fa la differenza tra la vita e la morte proprio lì. Spesso eliminiamo i funerali”. 

A partire dal 2020 lo stato si è dotato di una legge (la numero 113) per rafforzare la misure a tutela della sicurezza dei professionisti sanitarie e socio-sanitari ma, a detta del dottor Balzanelli, serve di più. “L’ultimo inasprimento delle pene in caso di aggressione paradossalmente non solo non ha portato a nessun risultato utile, per quanto ci riguarda, ma vede addirittura un aumento degli episodi violenti. Le querele d’ufficio devono essere fatte, la legge va applicata ma siccome ad oggi le nostre lamentele e indignazioni non hanno portato a nulla, serve agire sulla cultura dei cittadini: chiunque alzi le mai su un operatore sanitario deve sapere a cosa va incontro”.  

Il 118 agisce così rapidamente che fa la differenza tra la vita e la morte

Dott. Mario Balzanelli, presidente 118

La giornata nazionale e le diverse iniziative di comunicazione organizzate dalle Amministrazioni pubbliche, anche in coordinamento con gli enti e gli organismi interessati, mirano a questo. Con la speranza di non aver più bisogno di istituire giornate simili.

Tornando per un secondo nella stanza in cui si è trovato occhi negli occhi con il figlio di quella donna gravemente malata, il dottor Balzanelli ha voluto concludere rievocando le uniche parole rivoltegli, segno dello spirito che muove il 118 in ogni angolo del territorio nazionale. “Quando vidi che la madre era grave, non ho detto niente. Solo che oggi non sarebbe morto nessuno”.

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.