Le mani dei Bin Laden sui marmi di Carrara: cosa si nasconde dietro questa eccellenza italiana

Dalle Alpi Apuane si estrae da secoli l’oro bianco della Toscana, il marmo universalmente riconosciuto come il più pregiato al mondo. Ma sotto lo strato di tradizione, l’estrazione del marmo nasconde un impatto negativo sull’ambiente, sulla salute, sul paesaggio, sulla legalità e sulla storia delle Alpi Apuane. In questa puntata di Contro Natura ti raccontiamo la storia di questo marmo tra eccellenza e devastazione ambientale.
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Rubrica a cura di Beatrice Barra
12 Febbraio 2024

David di Michelangelo, Duomo di Pisa, Pantheon di Roma: sono solo alcune delle opere "eterne" costruite con il marmo proveniente dalle cave di Carrara, che da Google Earth sembrano montagne innevate.

Probabilmente ti starai chiedendo perché si parla dei marmi di Carrara in una puntata di Contro Natura. La risposta riguarda i metodi di estrazione e il commercio di questi marmi, dietro cui si nasconde una storia di devastazione ambientale.

Come si è evoluta l'estrazione del marmo

L’utilizzo del marmo risale ai tempi dell'antica Roma. Qui sulle Alpi Apuane sono sempre state attive centinaia di cave da cui si estrae il marmo bianco, tanto che per i romani divenne la firma architettonica del potere dell'impero. Basta pensare alle meravigliose statue e agli edifici in marmo della tradizione italiana.

Come si estrae il marmo da una montagna? La si demolisce pezzo per pezzo.

I romani usavano scalpelli e cunei di legno, che presto furono sostituiti dalla polvere da sparo, capace di staccare blocchi enormi di marmo dalla montagna. Queste grandi esplosioni, chiamate "varate" (sì, proprio come l'inaugurazione delle navi) erano veri e propri eventi spettacolari che tenevano i cavatori col fiato sospeso in trepidante attesa di vedere il risultato del loro lavoro. Potete immaginare la delusione quando, dopo mesi di preparazione, l'esplosione falliva e il marmo si frantumava, perdendo ogni valore commerciale.

Fonte: Colorado Yule Marble Company/ Wikimedia Commons

Oggi le tecniche estrattive si sono perfezionate e, oltre a pale meccaniche e gru, la vera novità è il filo diamantato: un filo d'acciaio di 5 o 8 millimetri di diametro con dei segmenti di diamante sintetico che taglia il marmo con precisione e velocità. Con questo metodo tagliare la montagna è diventato un gioco da ragazzi. Se prima ci volevano 1-2 mesi, ora ci vogliono solo 3-4 giorni. Quindi, come in altri settori, l’industrializzazione massiccia ha aumentato senza sosta gli scavi. Verso la fine del 1800 l’escavazione del marmo crebbe addirittura del 500%. Negli anni ’80 arrivò addirittura a 900mila tonnellate di marmo. Nel tempo  le tonnellate sono aumentate sempre di più, eleggendo Carrara la capitale del marmo.

Scaglie di marmo: da rifiuto a business

Partiamo dal presupposto che dall’estrazione del marmo si possono ricavare o dei blocchi, quindi le porzioni di roccia vengono tagliate con una forma geometrica e possono essere utilizzate ad esempio per realizzare sculture, arredamenti o pavimenti, oppure scaglie.

Già normalmente, quando viene tagliato il marmo, capita molto spesso che il blocco si frantumi e che si creino polvere e detriti di scarto. Una volta queste scaglie erano considerate un rifiuto fastidioso, che impediva l’avanzata degli scavi, quindi venivano lasciate in disparte. Nel 1987, Raul Gardini, storico industriale e imprenditore, successivamente coinvolto nell’inchiesta giudiziaria di Mani Pulite, sfruttò le potenzialità di questi rifiuti. Infatti il marmo è una roccia composta prevalentemente da carbonato di calcio (CaCO3), una polvere bianca oggi utilizzata in moltissimi prodotti: come nei dentifrici, nella carta, nei cosmetici, nelle vernici e molti altri.

Fonte: Lucarelli, Wikimedia Commons

Raul Gardini con la sua Calcestruzzi Spa, società che possedeva il 50% delle cave di Carrara (memorizza questo dettaglio: non tutte le cave appartengono al comune di Carrara, ma ci torniamo dopo). Insomma, Raul Gardini, oltre a controllare alcune cave, ottenne contemporaneamente un maxi contratto per gestire i filtri di alcune centrali a carbone, che richiedevano proprio grandi quantità di carbonato di calcio. Insomma consolidò questo business: scavare il marmo per farne polvere di carbonato di calcio da rivendere.

Fonte:
Uhlicitan_vapenaty/Wikimedia Commons

Oggi sono milioni le tonnellate di marmo estratte all’anno, di cui la maggior parte sono detriti. I dati della pesa comunale di Carrara, fecero emergere già nel 2005 una situazione sbilanciata: il marmo che scendeva dai monti era per l’83% detriti e solo il 17% blocchi.

Ma se gran parte del marmo viene sbriciolato, i blocchi con un più alto valore commerciale dove finiscono? Beh vengono esportati all’estero.

Chi sono i proprietari delle cave di Carrara?

Come abbiamo anticipato prima, non tutte le cave sono pubbliche, ma alcune appartengono a delle società private. Il rapporto fra enti pubblici e gestione del marmo in Toscana si basa su un editto di secoli fa. Nel 1751 Maria Teresa Cybo-Malaspina, principessa di Carrara, assegnò alcune cave in concessione ai privati. Oggi le cose non sono cambiate e, nonostante vari tentativi della regione Toscana, nel 2016 la Corte Costituzionale ha stabilito che alcune cave, cioè le più "antiche", rimangono private.

A lungo andare la privatizzazione ha permesso a grandi società anche estere di investire sull’oro bianco della Toscana. Nel 2014 i Bin Laden, la famiglia dell'ex numero uno di Al Qaeda, già da anni fra i principali acquirenti del marmo carrarese, hanno acquistato il  50% delle azioni della Marmi Carrara, colosso del marmo apuano che, a sua volta, detiene metà della Società apuana marmi (Sam) che controlla 1/3 delle concessioni delle cave carraresi.

Fonte: Hamid Mir, Wikimedia Commons

Probabilmente ti starai chiedendo: cosa ci fanno i Bin Laden con il  marmo di Carrara? Beh stanno ricostruendo la Mecca. Per rispondere alle necessità del gran numero di fedeli che ogni anno visita La Mecca, la città santa dell’Islam sta affrontando il più grande progetto di sviluppo urbanistico avvenuto nel Medio Oriente. Il marmo di carrara è stato scelto come materiale ad hoc per realizzare grattacieli, hotel e moschee.

Ma non solo, i blocchi partono interi anche per gli Stati Uniti, la Cina, l’India, tanto che nel 2022 l’esportazione dei blocchi di marmo italiano è aumentata quasi del 18%.

I risvolti sulla salute

Se prima Carrara era un centro mondiale dell’arte e dell’artigianato legato al marmo, oggi può essere considerata una “miniera del marmo”, dominata da pochi con grandi guadagni, mentre alla collettività resta una montagna frantumata. Questa situazione ha avuto ripercussioni negative prima di tutto sui lavoratori del marmo della Toscana che, dal 2019 al 2022, sono diminuiti del -1,3%. In più, oltre al rischio di incidenti durante il taglio dei blocchi (ti basti pensare che solo dal 2000 al 2021 in Toscana ci sono stati oltre 2.500 infortuni nel settore estrattivo, di cui oltre 1800 proprio a Massa Carrara), i cavatori devono affrontare un altro problema, un tempo trascurato: le malattie polmonari causate dall'inalazione di polveri. Queste colpiscono in primis i lavoratori, ma anche gli abitanti dei borghi attraversati dal passaggio dei camion carichi di marmo.

Per questo motivo sono state introdotte, negli ultimi decenni, misure per limitare la diffusione delle polveri durante il trasporto del marmo attraverso l'uso di mezzi coperti, o di impianti automatici in grado di bagnare il materiale trasportato, per evitarne lo spargimento di polvere lungo il percorso.

Fonte: Seilsäge1/ Wikimedia Commons

Secondo il report Inail sulle attività estrattive, questi interventi, insieme ai dispositivi di protezione individuali usati dei lavoratori delle cave, hanno effettivamente ridotto l'incidenza delle malattie respiratorie sul territorio nell'ultimo decennio. Ma il problema non si può dire risolto.

Le conseguenze ambientali

E anche a livello ambientale le cose non vanno meglio. Basta guardare queste montagne per accorgersene: cime tagliate, crinali spianati e cave di marmo che stravolgono il paesaggio. Pensa che il CAI toscana stima che per estrarre 1 tonnellata di marmo vengano asportate 10 tonnellate di materiale dalla montagna: questo provoca, una profonda alterazione del paesaggio e la distruzione degli habitat naturali per la fauna e la flora locale.

Le cave minacciano il Tritone Alpestre Apuano

Un esempio è il Tritone Alpestre Apuano, una specie di anfibio che nasce, cresce e vive solo in queste zone ed è a rischio. L’IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura) lo classifica come “quasi minacciato”, perché il suo habitat è sempre più compromesso dall'abbandono dell'allevamento, dall'introduzione di pesci predatori e soprattutto dall'attività estrattiva del marmo, che ha scavato profondi crateri nelle montagne. Eppure c’è ancora una speranza per questo piccolo anfibio, che vive in pozze d'acqua ferme e limpide. Qualche anno fa, una cava dismessa, la Cava Crespina 2, si è trasformata in una vera e propria oasi per i tritoni, grazie ad una sorgente sotterranea e al filtraggio dell'acqua piovana, in concomitanza con l'impermeabilizzazione del lago, causata dai rifiuti di polvere di marmo. Eppure non mancano i progetti per riattivare quella cava: per questo motivo, varie associazioni si oppongono alla riapertura e difendono questa piccola rivincita della natura. Ma le emergenze ambientali non sono finite.

La marmettola

A questo si aggiunge anche il problema dello smaltimento degli scarti del taglio del marmo: la marmettola. Questa è una polvere minerale bianca e impalpabile che si forma quando si taglia il marmo. Contiene carbonato di calcio, terriccio e altri minerali, come di oli lubrificanti o metalli derivati dagli attrezzi da taglio. Se lasciata a terra ed esposta agli agenti atmosferici (come la pioggia), si trasforma facilmente in una fanghiglia, che se finisce nei fiumi e nelle sorgenti rende l’acqua torbida e quindi non più acqua potabile. Ma non è finita qui: il fango di marmettola quando secca cementifica i torrenti, formando uno strato impermeabile che distrugge ogni forma di vita, non  facendo respirare i pesci ed incrementando anche il rischio di esondazioni. Questo è già successo duranteuna delle alluvioni tristemente ricordate:  quella di novembre 2014, che dopo una forte pioggia ha colpito le province di Massa e Carrara, causando inondazioni, frane e danni a case, strade e infrastrutture. E purtroppo le alluvioni non sono mancate nemmeno l'anno scorso.

Bilanciare ricchezza economica e salvaguardia dell'ambiente è possibile?

Come abbiamo appena visto, l’estrazione del marmo di Carrara ha un costo elevato per l'ambiente, la salute, il paesaggio, la legalità e la storia delle Alpi Apuane. Per questo motivo ci sono movimenti di cittadini, associazioni e istituzioni che si battono contro le cave. Un esempio sono i No Cav e che da anni difendono il patrimonio naturale e storico delle Apuane, con azioni di protesta, informazione e sensibilizzazione.

Allo stesso tempo però dobbiamo tenere a mente che le montagne bianche sono da secoli orgoglio e motore dell'economia della regione toscana e grazie al loro patrimonio geologico, il geoparco delle Apuane è stato eletto patrimonio dell'Unesco. Tra ricchezza economica e salvaguardia dell'ambiente non possiamo scegliere solo la prima strada.

In fin dei conti il marmo di Carrara è unico ed è un'eccellenza italiana che ci ha fatto conoscere in tutto il mondo per la sua bellezza e qualità. Per questo, diventa necessario estrarlo con criterio e responsabilità, evitando gli sprechi. Come? Si potrebbe partire dal tagliare solo il marmo necessario, per garantire le necessità essenziali di tutti e per contrastare la speculazione per consumi inutili e dannosi. E occorre più che mai ascoltare la voce della comunità scientifica rispetto ai rischi per l’ambiente.

Oggi fortunatamente esistono materiali alternativi al marmo come il gres porcellanato oppure il vetro effetto marmo che sono di alta qualità e molto simili al marmo da un punto di vista estetico. Allo stesso modo anche il carbonato di calcio, che è una parte importante del business marmo, si può ottenere da altre fonti, come delle produzioni alimentari animali, un esempio concreto sono i gusci delle uova, che sono risorse rinnovabili, a differenza dei minerali. Insomma, dobbiamo ricordare che il marmo di Carrara non è una risorsa infinita, ma un patrimonio da custodire con responsabilità.

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Polentona acquisita e curiosa instancabile. Sono a Milano dal 2016 e scrivo per passione da quando ho cinque anni. Amo il altro…