Le più belle poesie sul mare, da Salvatore Quasimodo a Eugenio Montale

Quando è il mare che ispira, la poesia incanta. Sono molti i poeti che si sono lasciati travolgere dalla bellezza del mare per scrivere versi rimasti impressi nella storia della letteratura italiana e non. Ecco alcune delle poesie più belle dedicate al mare.
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Gaia Cortese 27 Aprile 2019

Quante volte ti è capitato di volerti fermare un attimo solo per guardare a lungo il mare. Un'enorme distesa blu che si perde all'orizzonte, l'infrangersi delle onde sugli scogli, lo sciabordio delle onde sulla spiaggia. L'effetto positivo che ha il mare su di noi è ormai una certezza. E noi comuni mortali possiamo accontentarci di questo. Chi invece ha la poesia nell'anima, dal mare ottiene qualcosa in più: la giusta ispirazione per scrivere versi di poesia.

Così si scopre che in passato moltissimi poeti hanno scritto ispirandosi al mare, da Salvatore Quasimodo (S'ode ancora il mare) a Ugo Foscolo (A Zacinto), da Charles Baudelaire (L'uomo e il mare) a Eugenio Montale (Mediterraneo, Casa sul mare), da Giuseppe Ungaretti (I ricordi) ad Antonio Machado (Il mare).

Il mare è tutto

Il mare è tutto azzurro.
Il mare è tutto calmo.
Nel cuore è quasi un urlo di gioia.
E tutto è calmo.

Sandro Penna

L'uomo e il mare

Sempre il mare, uomo libero, amerai!
perché il mare è il tuo specchio; tu contempli
nell'infinito svolgersi dell'onda
l'anima tua, e un abisso è il tuo spirito
non meno amaro. Godi nel tuffarti
in seno alla tua immagine; l'abbracci
con gli occhi e con le braccia, e a volte il cuore
si distrae dal tuo suono al suon di questo
selvaggio ed indomabile lamento.
Discreti e tenebrosi ambedue siete:
uomo, nessuno ha mai sondato il fondo
dei tuoi abissi; nessuno ha conosciuto,
mare, le tue più intime ricchezze,
tanto gelosi siete d'ogni vostro
segreto. Ma da secoli infiniti
senza rimorso né pietà lottate
fra voi, talmente grande è il vostro amore
per la strage e la morte, o lottatori
eterni, o implacabili fratelli!

Charles Baudelaire

S'ode ancora il mare

Già da più notti s'ode ancora il mare,
lieve, su e giù, lungo le sabbie lisce.
Eco d'una voce chiusa nella mente
che risale dal tempo; ed anche questo
lamento assiduo di gabbiani: forse
d'uccelli delle torri, che l'aprile
sospinge verso la pianura. Già
m'eri vicina tu con quella voce;
ed io vorrei che pure a te venisse,
ora di me un'eco di memoria,
come quel buio murmure di mare.

Salvatore Quasimodo

Mediterraneo

Antico, sono ubriacato dalla voce
ch'esce dalle tue bocche quando si schiudono
come verdi campane e si ributtano
indietro e si disciolgono.
La casa delle mie estati lontane,
t'era accanto, lo sai,
là nel paese dove il sole cuoce
e annuvolano l'aria le zanzare.
Come allora oggi la tua presenza impietro,
mare, ma non più degno
mi credo del solenne ammonimento
del tuo respiro. Tu m'hai detto primo
che il piccino fermento
del mio cuore non era che un momento
del tuo; che mi era in fondo
la tua legge rischiosa: esser vasto e diverso
e svuotarsi cosi d'ogni lordura
come tu fai che sbatti sulle sponde
tra sugheri alghe asterie
le inutili macerie del tuo abisso.

Eugenio Montale