L’ecoansia nei bambini si cura con la sostenibilità: lo rivela un nuovo studio italiano

I bambini sono un tesoro inestimabile, una nuova ricerca infatti ha dimostrato come adottare pratiche sostenibili sia un’ottima soluzione contro l’ecoansia.
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Francesco Castagna 11 Giugno 2024

"Per fare il frutto, ci vuole il seme" cantava nel '74 Sergio Endrigo. Una metafora che vuol dire tanto, soprattutto se la interpretiamo in chiave ambientale. Per arrivare a qualcosa di bello quindi, bisogna seminare questa bellezza. E quindi, quali semi migliori dei bambini per combattere le preoccupazioni nei confronti di un mondo che sta subendo gli effetti dei cambiamenti climatici? Sarà capitato anche a te infatti, da piccolo, di aver visto un cartone basato su tematiche ambientali. Se non ti è mai successo, sappi che questo tipo di educazione sta prendendo sempre più spazio nelle scuole ed è sempre più consigliata dalla psicologia.

Una nuova ricerca, unica a livello internazionale, ha indagato alcune delle emozioni più associate dai bambini all'ansia sul futuro del pianeta. Secondo lo studio, "il 95% tra bambine e bambini intervistati si dichiara preoccupato per il futuro dell’ambiente e più di uno su 3 (40%) riferisce di aver fatto un brutto sogno sul cambiamento climatico o sull’ambiente in pericolo e di aver fatto fatica a dormire o mangiare a causa di questo pensiero". Il lavoro è stato condotto da ScuolAttiva sotto la supervisione scientifica del Laboratorio di Psicologia della Salute del Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento dell’Università di Pavia e in collaborazione con Triplepact Società Benefit.

Cos'è l'ecoansia e perché nasce

Non si tratta di una patologia, ma di un fattore di rischio per disturbi della salute mentale. Se non gestito correttamente, diventa un "fattore di stress che può spingere gli individui a reagire all'ansia cambiando non solo il loro comportamento quotidiano, ma anche la loro prospettiva sul mondo e le aspettative per il futuro", secondo quanto afferma la professoressa Serena Barello, direttrice del laboratorio di Psicologia della Salute del Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento dell’Università di Pavia coordinatore scientifico dello studio. Spesso l'ecoansia si genera e si sviluppa in contesti in cui mancano le basi cognitive e gli strumenti per poter rispondere a questi fenomeni. "Questo vuoto di evidenze scientifiche rende difficile lo sviluppo di interventi preventivi volti a contrastare questo fenomeno nei più piccoli. In sintesi, lo studio ha evidenziato un profondo legame emotivo dei più piccoli con il futuro del pianeta, contraddistinto da preoccupazione, tristezza e rabbia. Nonostante questo stato di marcata preoccupazione, i bambini si sentono coinvolti e responsabili, credendo fermamente che il loro contributo possa fare la differenza. La ricerca sottolinea l'importanza di coinvolgere attivamente le nuove generazioni nella tutela dell'ambiente e nel contrasto ai cambiamenti climatici", conclude la Direttrice Serena Barello. Un altro dato interessante è quello che mostra come la situazione negli studenti sia speculare a quella negli insegnanti.

Come gestire e reagire all'ecoansia: lo studio sui comportamenti dei bambini

Il progetto educativo di Scuolattiva Onlus “A Scuola di Acqua” ha coinvolto 1000 bambini tra i 5 e gli 11 anni e ci mette davanti a una considerazione importante: l'ecoansia spesso non è generata da eventi che ci hanno coinvolto in prima persona, ma è legata alla comunicazione e all'informazione sui temi del climate change. Per questo motivo, oltre a parlare di crisi ambientale e di sostenibilità, gli esperti concordano sul fatto che parallelamente bisognerebbe intervenire quotidianamente per contrastare gli effetti della crisi ambientale, mettendo in pratica piccoli ma costanti gesti attenti all'ambiente.

Per la ricerca, nonostante lo stato di preoccupazione diffuso tra i bambini:

  • nel 78% dei casi si sentono strettamente connessi all’ambiente e il loro approccio al fenomeno non è passivo ma, al contrario, connotato da un forte spirito di protagonismo e di motivazione ad agire;
  • il 95,6% dei bambini si sentono direttamente responsabili della situazione;
  • nel 97,2% dei casi i bambini pensano di poter fare la differenza con il loro contributo.

La ricerca quindi mira a proporre iniziative formative e di sensibilizzazione che favoriscano l'empowerment dei cittadini e, sopratutto delle generazioni nuove e future sull'adozione di comportamenti che ciascuno di noi dovrebbe adoprate per reagire agli effetti del cambiamento climatico.

I prossimi passi sulla ricerca e sull'ecoansia

Ma quale sarà il percorso che l'Italia e il mondo delle associazioni di settore sta cercando di portare avanti? A rispondere direttamente a Ohga è Simona Frassone, presidente di ScuolAttiva Onlus: "Dopo questa giornata, questo momento di restituzione ScuolAttiva si metterà al servizio della collettività per cercare di individuare le migliori soluzioni educative per mitigare quello che con ogni evidenza non è un problema medico, ma sicuramente fonte di stress per una generazione che ci appare sempre più connaturata da fragilità emotive ed insicurezza. Pensiamo che si debba tornare a scuola con una campagna educativa che affronti il tema del cambiamento climatico in modo differente, con nuovi linguaggi e nuovi strumenti di attivismo e partecipazione che è quello che ci chiede la quasi totalità dei bambini intervistati. Una generazione che associa al futuro le parole opportunità e cambiamento e che noi come onlus vogliamo ascoltare impegnandoci a creare le basi educative per rispondere a questa voglia di protagonismo.
Ovviamente per farlo abbiamo bisogno di risorse pubbliche e private, e abbiamo bisogno delle istituzioni a cui vogliamo aprirci maggiormente per creare un dialogo, a partire da settembre e ottobre, quando saremo in Parlamento, davanti alla Commissione Infanzia per portare questa ricerca, che arricchiremo con altri dati che non abbiamo ancora analizzato e con una comparazione rispetto alle altre ricerche su target differenti, e chiedere che questo nostro modello di intervento, che potremmo definire di partnership generativa, basato da un lato su partnership allargate che coinvolgano tutti e tre pilastri sociali e dall’altro su un effettiva misurazione di impatto sociale ed educativo, venga preso come best practice e quindi sostenuto e se possibile mutuato".