L’ecografia dell’apparato urinario è un’indagine diagnostica di primo livello nel paziente con sospetta calcolosi delle vie urinarie. L’ecografia è una prestazione ampiamente disponibile sul territorio, dal costo limitato e non invasiva.
Le caratteristiche dell'ecografia la rendono particolarmente adatta all’inquadramento dei pazienti con sospetta colica renale, una condizione molto frequente nella popolazione generale. Si parla, più in generale, di calcolosi delle vie urinarie perché i calcoli possono localizzarsi a livello dei reni, degli ureteri e della vescica. Il paziente tipico “sotto colica” si presenta con dolore al fianco ad esordio acuto, generalmente irradiato verso la regione inguinale, a cui si aggiungono nausea, vomito e irrequietezza.
L’ecografia è una metodica preziosa per inquadrare questi pazienti e tuttavia, i limiti tecnici di questo tipo di esame, su cui siamo ritornati più volte, giocano un ruolo importante in questo contesto. Gli elementi preminenti in questo caso sono le dimensioni, la composizione del calcolo e la localizzazione. Nella diagnosi di calcolosi delle vie urinarie la metodica ecografica possiede una sensibilità molto variabile che, nel miglior contesto clinico, si attesa intorno all’85% circa, dimostrandosi particolarmente affidabile per individuare nefroliti (cioè calcoli a livello renale) maggiori di 5 mm, mentre la maggiore parte dei calcoli inferiori a 3 mm sono difficilmente individuati con la metodica.
La tipologia prevalente di calcoli contiene molto calcio e pertanto, in virtù delle caratteristiche fisiche degli ultrasuoni, può essere facilmente visualizzata, al contrario dei calcoli calcio-privi, che tuttavia sono meno frequenti. Tipicamente il calcolo si presenta all’ecografia come una formazione minuta, spiccatamente iperecogena (ovvero bianca), di dimensioni variabili, caratterizzata un cono d’ombra posteriore determinato dallo sbarramento che il calcolo stesso oppone al passaggio degli ultrasuoni. Non è infrequente che il calcolo manchi di questa presentazione tipica, per esempio il cono d’ombra può essere più sfumato nei calcoli di piccole dimensioni, poco compatti o dal minor contenuto di calcio.
Non è infrequente che, nel paziente con sospetta colica renale indagato per via ecografia, non appaia chiaramente visualizzabile alcuna immagine riferibile alla presenza di un calcolo grossolano a livello del rene o lungo il decorso delle vie urinarie. In alcuni soggetti è possibile apprezzare, generalmente a livello del seno renale (la porzione centrale del rene), alcuni elementi puntiformi iperecogeni, anche detti “spot”, che potrebbero essere rappresentativi della presenza di microlitiasi, ovvero microcalcoli o “sabbietta” renale. In questo caso il condizionale è d’obbligo perché, mentre l’immagine tipica del calcolo con il suo cono d’ombra è “univoca”, il rene in quanto organo deputato alla filtrazione può contenere “fisiologicamente” delle tracce di microprecipitati calcifici. La soglia di sensibilità al di sopra della quale il mero dato ecografico deve essere interpretato in termini di patologia non è facile a stabilirsi e, a questo proposito, entrano in gioco diversi fattori tra cui l'anamnesi, l’esperienza dell’operatore e le caratteristiche dell’apparecchio ecografico. In tutte le situazioni dubbie il monitoraggio ecografico è un'opzione praticabile.
La posizione del calcolo lungo il decorso delle vie urinarie è cruciale. La visualizzazione dei calcoli all’interno degli ureteri è resa difficoltosa dal decorso anatomico degli stessi e pertanto, nel paziente in cui è forte il sospetto di un calcolo ureterale, può essere utile completare l'indagine con una metodica di secondo livello, generalmente una TC senza mezzo di contrasto. In alcuni casi l'ecografia non è in grado di obiettivare il calcolo nell'uretere, ma di visualizzare segni indiretti della sua probabile presenza.
Oltre alla posizione, altri elementi che possono interferire con la visualizzazione dei calcoli sono la presenza di abbondante meteorismo addominale o particolari varianti anatomiche (per es. rene a ferro di cavallo, reni ectopici ecc).
Oltre all’eventuale presenza di calcoli, l’ecografia è utile nel contesto di urgenza per valutare la presenza di una dilatazione delle vie urinarie, una condizione che può portare ad un danno renale. Dal punto di vista anatomico si parla idronefrosi quando la dilatazione coinvolge solo la pelvi e/o i calici renali e di idro-uretero-nefrosi per indicare anche la concomitante dilatazione dell’uretere. La dilatazione delle vie urinarie è un reperto facilmente visualizzabile all’ecografia e può essere mono- o, più raramente, bilaterale. La presenza di idroureteronefrosi è generalmente il segno indiretto di un’ostruzione localizzata più a valle e, tra le cause di ostruzione, la più frequente è la proprio la calcolosi delle vie urinarie. Altre sono la presenza di malformazioni anatomiche, di masse comprimono le vie urinarie dall'esterno o di vegetazioni che le ostruiscono dall'interno, o ancora, esiti di interventi chirurgici. Il riscontro occasionale di idronefrosi all'ecografia deve essere inquadrato sulla base delle condizioni cliniche del paziente e del grado di idronefrosi, ed eventualmente monitorato ecograficamente o approfondito con un esame di II livello.
Numerosi sono infine i pazienti che presentano all'ecografia una lieve dilatazione del bacinetto (pelvi) renale, più spesso bilaterale e simmetrica, accentuata in condizioni di iperdistensione vescicale (come è tipicamente la condizione del paziente che si prepara per l’ecografia ambulatoriale). Nella maggior parte dei casi questa condizione è da riferirsi a una semplice ipotonia del bacinetto stesso ed è priva di alcun significato clinico. In questi pazienti, quanto il reperto è di primo riscontro, è comunque consigliabile una rivalutazione ecografica a distanza.
Fonti| Brisbane et al., An overview of kidney stone imaging techniques Brisbane et al., 2016, Nat Rev Urol; Harrison Internal Medicine, 20th Edizione