L’ecografia polmonare in medicina interna: quando può servire e cosa mostra

Per diverso tempo l’ecografo non è stato utilizzato per studiare i polmoni, perché, funzionando tramite ultrasuoni, questi non riuscivano ad attraversare le ossa ( e quindi le costole) e l’aria. Si è visto però che può diventare uno strumento molto utile, soprattutto in contesti di urgenza. Proviamo a capire meglio.
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Dott. Maurizio Cè Medico chirurgo
11 Luglio 2020 * ultima modifica il 11/07/2020

L’ecografia polmonare è un’applicazione relativamente recente della diagnostica ecografica. Per diversi anni dall’introduzione dei primi, rudimentali ecografi, si è ritenuto che lo studio del polmone non potesse essere affrontato efficacemente con questa metodica, la quale è stata pertanto applicata prevalentemente all’indagine di altri organi, come il cuore, il fegato o la tiroide. In un secondo tempo, l’ecografia toraco-polmonare ha iniziato a essere applicata nel contesto di emergenza-urgenza, allorquando si è iniziato a comprendere che era l’unica metodica in grado di distinguere, già al letto del paziente (cosiddetta ecografia bedside), tra alcuni quadri clinici meritevoli di approccio terapeutico immediato. Solo in tempi recenti, diciamo negli ultimi dieci anni per quanto riguarda l’Italia, l’ecografia polmonare ha iniziato ad essere applicata nel contesto ambulatoriale e di degenza ordinaria. Si tratta, va detto, di una metodica ancora poco diffusa al di fuori del contesto di emergenza, la quale tuttavia mostra sempre maggiori potenzialità, come emerge chiaramente dall’esperienza recente dell’emergenza COVID-19.

La ragione dell’iniziale reticenza nei confronti di questa applicazione è da ricercarsi nell’anatomia del nostro corpo e nei principi fisici che stanno alla base della diagnostica ecografica. Come premesso nell’articolo introduttivo di questa serie, infatti, l’ecografica si basa sull’emissione e ricezione di ultrasuoni da parte della macchina, i quali vengono riflessi con modalità differenti a seconda delle caratteristiche del mezzo che incontrano. Il segnale di ritorno viene “letto dalla macchina” e tradotto in immagini sullo schermo. Senza entrare nel merito di questi principi, basti sapere che gli ultrasuoni non attraversano di buon grado le ossa e l’aria. Da qui i due problemi principali. Primo, i polmoni si trovano nella gabbia toracica, protetti dalle costole, che rendono inaccessibile allo studio ecografico il 30% della loro estensione superficiale. Secondo, in condizioni fisiologiche, i polmoni presentano un aspetto simile a una spugna costituita da numerosissime piccole cavità (chiamate alveoli) che contengono l’aria che proviene dalle vie aeree superiori. Per questo motivo, non è possibile ottenere attraverso gli ultrasuoni una rappresentazione di ciò che è all’interno del polmone, e precisamente al di sotto della pleura.

In condizioni normali, quindi, l’ecografia riesce a caratterizzare adeguatamente la parete toracica e fino alla linea di interfaccia tra questa e la pleura, mentre per quanto riguarda quello che sta al di sotto l’immagine che si produce sullo schermo è essenzialmente caratterizzata da artefatti, ovvero rappresentazioni prodotte artificialmente dal programma di elaborazione della macchina sulla base dell’eco di ritorno, ma che non corrispondono a entità reali all’interno dell’organo.

Fatte queste premesse, è evidente come l’ecografia non sia la metodica adatta per la ricerca e lo studio delle lesioni focali polmonari profonde, per esempio il carcinoma polmonare (fatte rare eccezioni). Esistono tuttavia molte condizioni patologiche che interessano la pleura in modo diffuso.

Negli ultimi 20 anni, si è andata ampliando una consistente letteratura che dimostra come l’ecografia possa essere un prezioso ausilio per lo studio di alcune condizioni che interessano il polmone o una parte dell'organo (per esempio, un lobo, nella cosiddetta polmonite lobare) in modo diffuso e che, di conseguenza, interessano anche la pleura. Poiché gli artefatti relativi al polmone normale vengono prodotti dall’interfaccia tra la linea pleurica, sottile, e l’aria sottostante, se la pleura presenta delle irregolarità, ne discende che anche gli artefatti saranno anomali. In questo modo l’attenzione si è concentrata dalla pretesa dello studio del polmone in quanto tale, allo studio degli artefatti, con l’idea di associare stabilmente alcuni pattern ad alcune patologie sottostanti.

Esistono poi alcuni casi in cui una polmonite determina un cosiddetto consolidamento di una parte del tessuto, in altre parole l’aria contenuta all’interno degli alveoli viene sostituita da cellule infiammatorie e fibrosi come conseguenza del processo infiammatorio. In questo caso il polmone assume l’aspetto ecografico di un organo solido e, di conseguenza, può essere in qualche modo studiato come tale (si parla di epatizzazione, ovvero il tessuto polmonare assume un aspetto simile al fegato).

Esiste poi una serie di patologie che non interessa primariamente l’alveolo, ma l’interstizio, ovvero lo spazio compreso tra le sottili membrane che dividono il volume polmonare delimitando gli spazi alveolari. Le patologie interstiziali possono compromettere gli scambi di gas tra il sangue (contenuto nei capillari) e gli alveoli, determinando una condizione di insufficienza respiratoria. Tra queste, il virus Sars-Cov-2, responsabile della pandemia COVID-19, è noto per determinare una polmonite di tipo interstiziale. Il quadro clinico delle polmoniti interstiziali si presenta all’indagine ecografica con un aspetto particolare. Ovviamente, per poter essere rilevato all’ecografia, l’interessamento interstiziale deve riguardare le regioni subpleuriche, ovvero quelle più esterne del polmone. Recentemente l’ecografia polmonare si è rivelata utile nel contesto di emergenza per indagare i pazienti sospetti per polmonite interstiziale da Sars-Cov-2. Attualmente, grazie all’ecografia polmonare, sono allo studio programmi di screening mirati a seguire i pazienti che presentato quadri compatibili con COVID-19 e per seguire l’evoluzione della malattia. In caso di positività, i pazienti verranno indirizzati direttamente a un esame di II livello (TC torace), evitando di passare dalla radiografia tradizionale, un esame che si è dimostrato avere una sensibilità e specificità inferiore a quello dell’ecografia.

Laureato con Lode in medicina e chirurgia all’Università degli Studi di Milano con una tesi sull’organizzazione anatomo-funzionale del linguaggio umano, ha altro…
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