Leucodistrofia metacromatica, una rara malattia neurodegenerativa

Se si parla di leucodistrofia metacromatica si vuole indicare una patologia molto seria e di tipo neurodegenerativo, quindi se vogliamo semplificare possiamo dire che ha un continuo e progressivo peggioramento e che colpisce alcune parti del cervello. Il problema in questo caso è che il corpo non riesce ad assorbire i sulfatidi che rimangono “liberi” nei tessuti. Scopriamo qualcosa in più insieme.
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Valentina Danesi 23 Agosto 2021
* ultima modifica il 23/08/2022

La leucodistrofia metacromatica è una patologia rara e neurodegenerativa, provocata dalla carenza di uno specifico enzima, il cui compito è quello di occuparsi del metabolismo dei sulfatidi, sostanze che finiscono con l'accumularsi soprattutto nella guaina mielinica che avvolge poi le cellule nervose. Come quindi avrai intuito ci stiamo occupando di una malattia piuttosto grave. Proviamo a capire meglio insieme di che si tratta.

Leucodistrofia Metacromatica

Cos’è

Come ti accennavamo prima, si tratta di una malattia rara e quindi potresti non averne mai sentito parlare. La leucodistrofia metacromatica intendiamo una patologia molto seria e di tipo neurodegenerativo, ovvero caratterizzata da un continuo e progressivo peggioramento delle aree del cervello che vengono colpite. Il problema è che il corpo, a causa del deficit di un enzima, non riesce ad assorbire i sulfatidi che rimangono “liberi” di accumularsi nei tessuti.

I sintomi


Non esiste una lista di sintomi predefinita, perché le varie manifestazioni dipendono da quando insorge la malattia e dalla sua gravità. Devi sapere che di norma vengono distinti quattro “step” :

  • tardo-infantile (insorgenza tra i 6 mesi e 2 anni e mezzo)
  • giovanile precoce (tra i 2 anni e mezzo e i 6 anni)
  • giovanile tardiva (tra i 6 e i 12 anni)
  • adulta (dopo i 12 anni)

In qualsiasi forma, il sintomo principale è un netto peggioramento della capacità di muoversi e delle funzioni neurocognitive. Naturalmente, con il passare del tempo potrai notare un progressivo aggravarsi della patologia e delle manifestazioni. Un esempio lampante è quello dei bambini che smettono di parlare o e finiscono per esprimersi solo con piccoli versi e mimica facciale (pianti, risate e così via). Nei casi più gravi, poi, si riescono a muovere solo gli occhi e in pochi anni si arriva al decesso.

Le cause

La causa della leucodistrofia metacromatica è genetica e riguarda la mutazione del gene codificante per l’enzima lisosomiale arilsulfatasi A (ARSA). Ma talvolta il problema può essere dovuto a un’altra proteina, sempre coinvolta nel metabolismo dei sulfatidi (SAP-B). Se quindi due genitori sono portatori sani di questa alterazione, il bambino avrà il 25% di possibilità di ereditarla e quindi di sviluppare la malattia.

La diagnosi

Per effettuare una diagnosi di leucodistrofia metacromatica, gli specialisti avranno bisogno di effettuare diversi esami. I primi saranno sicuramente:

  • il dosaggio dell’attività enzimatica dell’ARSA e dei sulfatidi non metabolizzati nelle urine
  • la misurazione della velocità di conduzione nervosa
  • l’analisi genetica con ricerca delle mutazioni del gene ARSA

Ulteriori accertamenti che potrebbero esserti richiesti sono ad esempio:

  • le tecniche di neurovisualizzazione (tomografia e risonanza magnetica) che in caso di esito positivo segnalano evidenziano anomalie nella sostanza bianca del cervello. Per chi invece avesse casi in famiglia, amnio o villocentesi possono essere molto utili per verificare se il bambino che porti in grembo ha ereditato questa mutazione.

La cura

Fino a una manciata di anni fa non esisteva cura possibile per contrastare la leucodistrofia metacromatica. Ora la ricerca segue la strada della terapia genica che, spiegandotelo in modo molto semplificato, permette di modificare segmenti di Dna e poi di infondere cellule ingegnerizzate e funzionanti nel paziente, nelle quali sono state inserite copie funzionanti del gene ARSA. È un “farmaco” che viene somministrato con una sola infusione. Al momento, questa possibilità viene data solo a chi è ai primissimi stadi per garantire una riuscita ottimale, ma la ricerca continua a progredire e mettere a punto terapie sempre più funzionali e per stadi più progrediti.

Fonti| Osservatorio malattie rare; Telethon

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