L’ictus cerebrale: cosa succede quando l’infarto colpisce il cervello

L’ictus è quel danno cerebrale che si verifica quando un’arteria cerebrale si occlude o si rompe, bloccando così l’afflusso di sangue al cervello. I tessuti andranno dunque in necrosi e le conseguenze potrebbero essere gravi e permanenti. Ci sono però diverse facce dell’ictus, che può essere ischemico oppure emorragico: vediamo con ordine cos’è, quali sintomi potresti avvertire e quali sono le possibilità di guarigione per chi viene colpito da questa malattia neurologica.
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Giulia Dallagiovanna 15 Aprile 2020
* ultima modifica il 19/11/2020

Quello che probabilmente conoscerai come ictus, viene chiamato anche con una serie di altri nomi, come ischemia o attacco cerebrale. Potresti averne sentito parlare come una una forma di infarto che, invece di colpire il cuore, danneggia il cervello. Quando infatti un'arteria cerebrale viene occlusa, oppure si rompe, il sangue non porta più l'ossigeno e i nutrienti ai tessuti, che andranno in necrosi. In poche parole, alcune zone di quest'organo smetteranno di funzionare. L'ictus è la malattia neurologica più frequente e della prima causa di invalidità in Italia. Oltretutto, in diversi casi può condurre anche alla morte.

Colpisce soprattutto in età avanzata e il rischio aumenta a partire dai 65 anni. E le sue conseguenze possono arrivare alla perdita dell'autosufficienza. Dal punto di vista delle cure, della riabilitazione e dell'assistenza rappresenta un peso significativo, soprattutto per le famiglie. Ecco quindi perché è importante riconoscere i sintomi per intervenire il prima possibile, oltre ad attuare le strategie di prevenzione consigliate.

Cos'è

Per una definizione di ictus possiamo partire dal significato di questo termine latino, che vuol dire "colpo", dal quale è stata tratta anche la traduzione inglese della parola, "stroke". Si tratta di espressioni che, proprio come "attacco cerebrale", rendono l'idea del modo in cui l'ictus si manifesta solitamente, cioè all'improvviso e senza alcun segnale che lo precede.

L'ictus si verifica quando, a causa della chiusura (ischemia) o della rottura (emorragia cerebrale) di un vaso cerebrale, i tessuti non ricevono più tutto l'apporto di nutrienti e ossigeno del quale hanno bisogno e vanno in necrosi, ovvero muoiono. Al cervello avviene quindi la stessa cosa che capita al cuore in caso di infarto. In poche parole, quando le arterie che conducono all'organo cerebrale si occludono oppure si rompono, il sangue non irrora più il cervello e questo inizia piano piano a spegnersi.

Più nel dettaglio, devi sapere che l'ictus cerebrale è la malattia neurologica più frequente e che ne esistono di due tipi:

  • Ictus ischemico: conosciuto anche come ischemia, è la forma più diffusa. Quando un'arteria che arriva o passa attraverso il cervello si restringe, oppure si occlude del tutto. Ne esistono due sottotipi: l'ictus ischemico trombotico e quello di tipo embolico. All'origine del primo c'è la formazione di una placca di lipidi e globuli bianchi, che prende il nome di ateroma. Questo elemento estraneo può ingrandirsi e provocare lesioni, ovvero le aterosclerosi. Questo problema può rimanere silente per un po' di tempo, ma se si rompono provocano un coagulo di sangue, ovvero un trombo, che occlude l'arteria e interrompe la circolazione. Nel secondo caso, invece,dalle placche si staccano pezzi che si spostano lungo i vasi sanguigni e quando giungono in vasi dal calibro molto piccolo, creano una chiusura del passaggio e si forma un'embolia. Di fatto, è sempre un coagulo ma che parte da un'altra zona del corpo, solitamente il cuore. Le possibilità di guarigione dipenderanno dall'entità dell'ictus ischemico che hai avuto, ma sappi che circa un terzo delle persone colpite è in grado, anche grazie alla riabilitazione, di recuperare tutte le funzioni perse in seguito all'attacco.
  • Ictus emorragico: non è detto che l'arteria debba essere tappata perché abbia origine un ictus. Potrebbe accadere anche che si rompa e provochi uno sversamento di sangue, ovvero un'emorragia cerebrale. Può trattarsi di ictus emorragico intracerebrale, quando si forma all'interno dell'encefalo e il liquido che fuoriesce provoca un danno anche ai tessuti circostanti, oppure di un ictus emorragico subaracnoideo, quando la vena era fra il cervello e il cranio e c'era la presenza di un aneurisma, cioè di una dilatazione eccessiva della parete di un'arteria. Questa situazione può dar luogo a lacerazioni e sversamenti.

Sintomi

I sintomi dell'ictus cerebrale possono essere diversi da persona a persona e dipendono anche dalla zona del cervello che ha subito danni. Che un infarto cerebrale sia in corso lo puoi intuire da manifestazioni anomale, come: paralisi, debolezza improvvisa o formicolii, soprattutto a viso, braccio e gamba. Dovrai preoccuparti in particolare se interessano un solo lato del corpo. Se infatti l'attacco ha colpito l'area sinistra del cervello, sarà la porzione destra del tuo corpo a portarne le conseguenze, e viceversa. In alcuni casi potrebbe capitare di avere anche una visione annebbiata o fortemente ridotta da un occhio e un senso di vertigine. Se però fai fatica a mantenere l'equilibrio, a pronunciare o comprendere frasi brevi e semplici e a compiere movimenti abitudinari, come mangiare, allora la situazione potrebbe essere più grave e dovrai subito recarti al Pronto soccorso o chiamare un'ambulanza.

Quello che invece probabilmente non avvertirai è il dolore. A differenza dell'attacco cardiaco, infatti, quello cerebrale non viene preannunciato da una fitta nella zona interessata, a meno che l'origine non sia emorragica. In quel caso, l'arteria rotta farà male e sarà più immediato accorgersi che qualcosa non va.

Fattori di rischio

Ci sono diverse cause che possono provocare l'ictus. O meglio, la causa principale è sempre la rottura o l'occlusione di un'arteria, ma c'è più di un fattore di rischio che può portare a questa situazione. Potrebbe trattarsi di una condizione fisiologica e non modificabile, come:

  • L'età: a mano a mano che l'età avanza, aumentano anche le probabilità di incappare in un infarto cerebrale. Fino ai 45 anni, l'incidenza è piuttosto bassa, anche se naturalmente le conseguenze possono essere peggiori così come il peso economico e psicologico da sostenere. La frequenza comunque aumenta a mano a mano che ci si avvicina alla fascia della pensione. Il 75% dei casi riguarda infatti persone over 65.
  • Il sesso: fino alla menopausa, le donne hanno un minore rischio di riportare l'occlusione di un'arteria, sia coronarica che cerebrale. Sono gli ormoni, come il progesterone, a proteggere il sesso femminile. Una volta che questi vengono meno, però, la preoccupazione deve essere uguale per entrambi i generi.
  • La predisposizione genetica: chiamata anche familiarità. Se nella tua famiglia o nella tua cerchia di parenti più diretti si è già verificato un caso di ictus o di un problema collegato a questo, sarai maggiormente esposto al rischio di un infarto cerebrale.

Ma se su queste circostanze della tua vita non hai alcun potere, ci sono dei comportamenti che puoi evitare o delle patologie che devi tenere sotto controllo per prevenire l'ictus:

  • Fumo: le sostanze contenute nella sigaretta, sia della tua che di quella che si è acceso qualcuno vicino a te, influiscono sulla circolazione e tolgono ossigeno ai globuli rossi. Perciò sarà più facile andare incontro a trombi o embolie.
  • Obesità e sovrappeso: i chili di troppo all'esterno, combaciano con depositi di adipe all'interno. Ed è proprio di grassi che sono costituite le placche che ostruiscono le arterie. Inoltre, troppi zuccheri rendono più deboli i vasi sanguigni, esponendoli maggiormente al rischio di rottura.
  • Sedentarietà: l'esercizio fisico rafforza il cuore, favorisce l'eliminazione di grassi e tossine e la corretta circolazione. Rimanere seduto tutto il giorno, al contrario, indebolisce l'apparato cardiocircolatorio.
  • Alimentazione: una dieta ricca di frutta e verdura e povera di carne rossa, zuccheri raffinati e grassi saturi, manterrà in salute vasi sanguigni e organi più a lungo. Dovresti poi fare attenzione anche all'eccesso di bevande alcoliche.
  • Uso di droghe: non serve nemmeno dire che si tratta di una dipendenza da abbandonare il più presto possibile, perché mette in pericolo diversi aspetti della tua salute, tra cui la forza delle pareti dei tuoi vasi sanguigni, ma anche le capacità di controllo di questi da parte del tuo sistema nervoso centrale. In chi fa uso di cocaina e metanfetamine, può accadere che un'arteria si contragga all'improvviso e in modo involontario, fino a occludersi del tutto.
  • Pillola anticoncezionale o terapia a base di estrogeni: gli ormoni che assumi prima o dopo la menopausa possono influenzare il rischio di infarto. È già noto che prima di iniziare ad assumere la pillola, dovrai sottoporti a una serie di esami per accertare che tu non sia a rischio di trombi o di embolie, ma pare che anche le terapie ormonali prescritte contro i sintomi della menopausa possano aumentare le probabilità di problemi alle arterie. Entrambi questi dispositivi medici devono essere sempre presi sotto controllo di uno specialista.

Infine, ci sono alcune patologie di cui magari soffri già che possono ripercuotersi sulle funzionalità di cuore e arterie. Queste sono:

  • L'ipertensione arteriosa: se non curata, la pressione alta può esercitare una forza costante contro le pareti delle arterie e favorire un'aneurisma. Inoltre, è facilitata la formazione di coaguli, che possono provocare trombi oppure embolie.
  • Malattie cardiovascolari: problemi di salute che ostacolano il lavoro del cuore e la corretta circolazione, possono aumentare il rischio di ictus e attacco cardiaco

Mini-ictus

L'ictus può arrivare all'improvviso, senza alcun segnale che ti facesse sospettare dell'eventualità. Oppure può esserci un campanello d'allarme: si chiama TIA, ovvero Attacco Ischemico Transitorio, ma viene definito anche mini-ictus. In pratica, si tratta di un calo temporaneo nell'afflusso di sangue al cervello, e dunque di ossigeno e nutrienti. Avvertirai alcuni dei sintomi tipici dell'infarto cerebrale, ma non morirà nessun tessuto interessato. Anzi, alla fine dell'interruzione della circolazione, ogni funzionalità verrà ristabilita.

Da questo momento in poi, però, dovrai stare più attento al tuo stile di vita, aumentare la prevenzione e valutare ogni possibile sintomo. Secondo le statistiche, infatti, una persona su tre tra chi ha subito un mini-ictus poi soffrirà anche di ictus cerebrale. E tra loro, in un caso su cinque questa eventualità si verifica entro un anno dal campanello d'allarme.

Un attacco di questo tipo, inoltre, seppur transitorio potrebbe lasciarti qualche danno alle arterie e quindi potresti aver bisogno di una terapia farmacologica che prevenga la formazione di coaguli, oppure di un vero e proprio intervento chirurgico.

Conseguenze

L'ictus cerebrale danneggia una parte del tuo cervello perciò, sia in caso di ischemia che di emorragia, le conseguenze dipendono da quanto è estesa la zona colpita e possono essere anche molto gravi, come potrai immaginare. Potresti avere problemi nella coordinazione dei movimenti, come pure una vera e propria paralisi di un intero lato del tuo corpo. Oppure, potrebbero rimanere immobili solo alcuni muscoli o alcuni arti, come un braccio o una porzione della bocca. Di conseguenza, anche la masticazione e la deglutizione, come pure l'articolazione delle parole potrebbero risultare compromesse.

In generale, quindi, potrebbe influire anche drasticamente sulla qualità della tua vita. In altre situazioni, invece, potrebbe rivelarsi addirittura mortale, soprattutto quando il corpo del paziente era già indebolito al momento dell'attacco cerebrale e non è stato in grado di reagire o compensare le funzionalità perse.

Prevenzione

La prima forma di prevenzione, che deve essere attuata a ogni età, è mantenere uno stile di vita sano ed evitare comportamenti poco salutari, come il fumo e l'eccesso di alcol. Una dieta equilibrata e ricca di nutrienti, oltre al famoso "bere molta acqua", faranno in modo che la tua circolazione e il tuo cuore siano protetti dalla formazione di ateromi e dalla rottura delle pareti dei vasi. Inoltre, l'attività fisica rafforza il muscolo cardiaco e aiuta a mantenere il sangue fluido, evitando il deposito di grassi.

Stile di vita sano e attività fisica sono importanti forme di prevenzione

Se poi soffri di problemi di salute come obesità o ipertensione, dovrai tenerli sotto controllo. Nel primo caso, dovrai proprio cercare di risolvere l'eccesso di peso, nel secondo invece dovrai seguire la terapia adatta per prevenire la formazione di coaguli. I farmaci più conosciuti sono proprio quelli anticoagulanti e antiaggreganti, cioè che prevengono la formazione delle placche. Naturalmente, si tratta di medicine che devono essere assunte sotto il controllo del medico.

Il rapido intervento è poi il modo migliore per evitare un peggioramento dei danni riportati e delle conseguenze dell'ictus. Perciò, se avverti qualcuno dei sintomi descritti, o se la persona accanto a te li lamenta, chiama subito un'ambulanza oppure recatevi al pronto soccorso.

Diagnosi

Per arrivare a una diagnosi di ictus, il medico si baserà prima di tutto sui sintomi avvertiti. Dopodiché effettuerà una serie di esami strumentali per accertare l'attacco al cervello, capire se si sia trattato di un evento ischemico o emorragico e valutare l'ampiezza della zona colpita. Gli accertamenti prevedono dunque le analisi del sangue per misurare i livelli di glicemia e le capacità di coagulazione, per capire meglio le cause dell'episodio. È poi possibile valutare la presenza di molecole legate a un processo infiammatorio, come l'aumento di globuli bianchi o piastrine.

Il modo migliore per verificare subito se vi sia stato un ictus o meno è però attraverso una TAC, che mostra il cervello in modo dettagliato e consente di capire se non vi sia la presenza di una patologia diversa, come un cancro. La risonanza magnetica, poi, consente di valutare quale area sia stata colpita e quanto siano le dimensioni del danno. L'ecografia dell'arteria carotide può invece individuare il punto nel quale si è verificata l'occlusione, in modo che il medico capisca come intervenire. Se invece la causa è stata un'embolia, l‘ecocardiogramma può capire da dove sia partita la placca incriminata.

Terapia

Non esiste una vera e propria cura per l'ictus, una volta che il cervello ha subito un danno, le funzionalità di quell'area risulteranno compromesse per sempre. Esiste però una terapia farmacologica da seguire, per limitare le complicanze ed evitare nuovi attacchi. I preparati più utilizzati sono quelli anti-trombotici e anti-coagulanti, tra i quali, banalmente, anche l'aspirina.

Ci sono poi alcuni possibili interventi chirurgici da mettere in atto, per liberare l'arteria occlusa e assicurare che non si restringa più. Il chirurgo può ad esempio decidere di inserire un catetere nell'arteria, che arrivi fino al cervello. Giunto a destinazione, rilascerà del TPA, cioè l'attivatore tissutale del plasminogeno, che può sciogliere il coagulo. Se però non è efficace, l'ostruzione viene rimossa in modo meccanico.

Quando questo ostacolo si trova nella carotide, il chirurgo può effettuare un'incisione direttamente a livello del collo per intervenire sull'arteria al di sotto. L'obiettivo è sostituire il tessuto danneggiato con frammenti di membrana artificiale per ripristinare la circolazione. Questa operazione si chiama endoarteriectomia carotidea ed è diversa dall'angioplastica, dove viene inserito uno stent, cioè un tubicino che viene gonfiato per mantenere il vaso dilatato.

Ma oltre alla terapia, quando si viene colpiti da un ictus è fondamentale anche la riabilitazione. Potresti infatti recuperare alcune funzionalità perse, anche se magari solo in parte. Naturalmente, meno sarà stato grave l'episodio e maggiori saranno invece le probabilità di ristabilirsi al meglio. Ti aiuteranno alcuni specialisti, come un logopedista per il linguaggio e la masticazione, un fisioterapista per ritrovare la forza e il tono muscolare e capire se sia possibile tornare a compiere determinati movimenti, un dietologo per mantenere un regime alimentare adeguato, un neurologo per tenere monitorato il cervello e uno psichiatra per affrontare le conseguenze psicologiche dell'episodio.

Fonti| Società italiana dell'ipertensione arteriosa; Fondazione Veronesi

(Modificato da Alessandro Bai il 19-11-20)

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