
Frutti esotici che crescono in un solo Paese ma raggiungono regolarmente tutti i luoghi del mondo senza interruzione. Immensi campi, rettangoli perfetti e regolari costantemente annaffiati di pesticidi e milioni di litri d’acqua allo scopo di nutrire gli allevamenti da cui uscirà la carne che mangeremo. Terreni consumati dalle colture intensive che impongono alla natura ritmi a cui non è mai stata abituata. Tra i nemici del Pianeta le monocolture, e più in generale l’agricoltura intensiva, sono ciò che colpisce i maggiormente i suoli. Perché si tratta di un’attività costante, senza sosta e intensissima, che non potrà mai avere fine per riuscire a far fronte all’immensa domanda di prodotti che chiama da ogni parte del mondo, sopratutto quello occidentale.
Come credi sia possibile che nei supermercati siano sempre a disposizione tutto l’anno alimenti che normalmente sarebbero fuori stagione? E come pensi sia possibile nutrire tutti i milioni di animali da reddito che vivono negli allevamenti intensivi per la produzione di carne e latte? Per far fronte all’immensa, costante richiesta alimentare mondiale, nel corso della storia l’uomo è stato costretto a trovare degli espedienti che superassero i tempi necessari alla natura per fare il proprio corso, forzando un po’ la mano sulla crescita e sulla produzione.
Così, ancora all’epoca del colonialismo, nacquero le monocolture, per garantire ai paesi colonizzatori di avere a disposizione in grande quantità tutti i prodotti esotici che nei loro territori non esistevano. Naturalmente, per poter assicurare la presenza di questi prodotti sulle loro tavole, la produzione nei paesi d’origine doveva essere costante e intensa.
Oggi il meccanismo è naturalmente cambiato, anche se la sostanza rimane la stessa. Non è un caso che le monocolture più estese al mondo si trovino in Paesi in via di sviluppo come alcune zone dell’Asia e dell’America Latina, in cui, oltre a esserci condizioni climatiche favorevoli alla crescita di determinate specie alimentari, molte popolazioni basano la propria sopravvivenza e la propria economia proprio su questo genere di coltivazioni e la loro esportazione. Esportazione che deve garantire una risposta soddisfacente alla domanda mondiale di un determinato prodotto, che non conosce stagioni né attese.
Si tratta di un processo agricolo finalizzato ad adibire un terreno alla coltivazione della stessa specie vegetale al fine di garantire una produzione costante e standardizzata di questa specie a un costo ridotto. Le principali monocolture al mondo sono senza dubbio mais e soia, che vengono impiegate in larghissima parte come foraggio per gli animali da allevamento e solo in minima parte come nutrimento per le persone. A queste si aggiungono colture di qualunque altro genere come olio di palma, avocado, tabacco, caffè e così via.
Se desideri approfondire l’argomento, ti consiglio il documentario Soyalism realizzato da Stefano Liberti e Fabio Ciconte.
Come avrai capito, a parte il profitto le monocolture intensive non comportano alcun vantaggio né per natura, né per le comunità, e neppure per coloro sulle cui tavole arriverà quel cibo. Ma capiamone le conseguenze in modo più specifico: