Parkinson: tutto quello che dovresti sapere sulla malattia

Si tratta di una malattia neurodegenerativa che impedisce il controllo dei movimenti del corpo. Anche se le cause del morbo di Parkinson non sono ancora chiare, i progressi della medicina permettono a chi ne è affetto – circa 300mila persone in Italia – di convivervi e di avere un’aspettativa di vita pari a quella di una persona sana.
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Maria Teresa Gasbarrone 11 Aprile 2023
* ultima modifica il 11/10/2023

La malattia di Parkinson è una malattia neurodegenerativa a evoluzione lenta ma progressiva che coinvolge principalmente alcune funzioni come il controllo dei movimenti e dell'equilibrio. La malattia fa parte di un gruppo di patologie definite "Disordini del Movimento". I suoi sintomi sono diversi ma il più distintivo è il tremore.

I principali sintomi motori della malattia di Parkinson sono il tremore a riposo, la rigidità, la bradicinesia (lentezza dei movimenti automatici) e, in una fase più avanzata, l'instabilità posturale, ovvero la perdita di equilibrio. Questi sintomi si presentano in modo asimmetrico, in quanto un lato del corpo è più interessato dell'altro.

In Italia sono almeno 300mila le persone colpite dal Parkinson, ma il numero sia destinato a raddoppiare. Nei prossimi 15 anni si stima che si arriverà a 6.000 nuovi pazienti l’anno, di cui la metà colpiti ancora in età lavorativa (dati Ospedale Niguarda). È stato calcolato che la spesa a carico del Servizio Sanitario Nazionale raggiunga 1,3 miliardi di euro. Ma conosciamo meglio questa terribile malattia.

I sintomi del Parkinson

Quello più evidente e che subito ti fa pensare al Parkinson è il tremore a riposo, involontario e incontrollato. Come ti abbiamo anticipato, però, questa malattia può implicare uno spettro molto ampio di sintomi. Ecco perché può essere utile classificarli tra sintomi iniziali o perfino precedenti alla comparsa della malattia.

Sintomi iniziali

Spesso il Parkinson è anticipato da sintomi iniziali quasi sempre ignorati o sottovalutati. È importante però prestare attenzione anche a questi segnali, perché "quando si verificano i sintomi principali, come il tremore e la rigidità – spiega l'Ospedale San Raffaele – sono già morti dal 40 al 50 per cento dei neuroni che producono dopamina". Vediamo quali sono:

  • Perdita del senso dell'olfatto (e a volte del gusto)
  • Disturbi del sonno
  • Problemi intestinali
  • Rigidità nell'espressione facciale
  • Dolore al collo persistente
  • Scrittura lenta e faticosa
  • Difficoltà nel pronunciare le parole
  • Ridotto movimento delle braccia
  • Eccessiva sudorazione
  • Cambiamenti di umore e personalità

Sintomi avanzati

Oltre al tremore che rappresenta il sintomo identificativo per eccellenza della malattia, la sua comparsa può essere accompagnata da altri sintomi. I sintomi motori identificativi della malattia, cioè quelli che ne permettono la diagnosi, sono:

  • Rigidità: i muscoli delle persone affette, in particolare quelli degli arti, del collo e del tronco, sono tesi e irrigiditi, il che causa forti dolori e malessere;
  • Bradicinesia: ossia il rallentamento dei movimenti. È un sintomo particolarmente debilitante e frustrante, dal momento che le azioni che compivi ogni giorno rapidamente e facilmente diventano molto più macchinose;
  • Problemi di equilibrio: come abbiamo già detto, i malati di Parkinson tendono a camminare con il busto inclinato in avanti. Hanno quindi problemi di postura e di equilibrio che molto spesso causano cadute.

C'è poi una galassia di altri sintomi non motori che vanno dall'ansia alla depressione, all'insonnia. In alcune persone, soprattutto in età avanzata, insorge anche la demenza, ovvero un deterioramento delle facoltà cognitive dovuto allo sviluppo di corpi di Lewy (degli ammassi proteici anomali che si formano all'interno dei neuroni) nella substantia nigra, che – come ricorderai – è l'area del cervello danneggiata nei malati di Parkinson.

Le cause del Parkinson

Sebbene le cause del morbo di Parkinson non siano ancora chiare, sono stati individuati i meccanismi che ne determinano la comparsa. Il Parkinson, come abbiamo detto, è una malattia neurodegenerativa. Colpisce il sistema nervoso centrale, cioè il cervello, e in particolare i neuroni della cosiddetta "Substantia nigra" o "Sostanza nera". In questa regione del mesencefalo viene prodotta la dopamina, un neurotrasmettitore fondamentale per il controllo dei movimenti del corpo.

La malattia di Parkinson si manifesta quando la produzione di dopamina nel cervello cala consistentemente, un fenomeno causato proprio dalla degenerazione di neuroni presenti nella Sostanza nera (la perdita cellulare è di oltre il 60% all'esordio dei sintomi). "Dal midollo al cervello – spiega Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson – cominciano a comparire anche accumuli di una proteina chiamata alfa-sinucleina. Forse è proprio questa proteina che diffonde la malattia in tutto il cervello. La durata della fase preclinica (periodo di tempo che intercorre tra l'inizio della degenerazione neuronale e l'esordio dei sintomi motori) non è nota, ma alcuni studi la datano intorno a 5 anni".

I sintomi tipici del Parkinson sono dovuti proprio alla carenza di questa sostanza. La malattia ha un'evoluzione lenta ma progressiva. L'età media di insorgenza è di circa 60 anni, anche se nel 5-10% dei casi i sintomi cominciano a manifestarsi prima dei 50 anni d'età: è questo il cosiddetto Parkinson a esordio precoce (o Parkinson giovanile).

Secondo alcuni studi, la malattia potrebbe comparire anche in seguito a traumi violenti alla testa: anche se non c'è alcuna certezza a riguardo, potrebbe essere stato questo il caso di una leggenda del pugilato come Cassius Clay/Muhammad Ali, al quale nel 1984 fu diagnosticato il morbo di Parkinson.

Fattori di rischio

La comunità scientifica è concorde sul fatto che all'origine ci possa essere una combinazione di fattori:

  • Fattori ambientali: il rischio di malattia aumenta con l'esposizione a tossine quali alcuni pesticidi (per esempio il Paraquat) o idrocarburi-solventi (per esempio la trielina). Per questo tra i fattori di rischio rientrano anche alcune professione – come quella di saldatore – che espongono i lavoratori a metalli pesanti (ferro, zinco, rame).
  • Fattori genetici: l'eredità sembra un fattore importante nella trasmissione di alcune mutazioni note sono associate alla malattia di Parkinson.
  • Altri fattori: sono considerati fattori di rischio anche l'età avanzata, il sesso maschile e l’etnia (i più colpiti sono i caucasici)

Quanto pesa l'ereditarietà

Circa il 20% dei pazienti (dati Fondazione Grigioni) presenta una storia familiare positiva per la malattia. Si stima che i familiari di persone affette da malattia di Parkinson presentino, rispetto alla popolazione generale, un rischio di sviluppare la patologia lievemente superiore.

Questo significa e che se hai familiari affetti dal Parkinson potresti avere più probabilità di sviluppare la malattia, facendo tutti gli scongiuri possibili).

Diagnosi

La diagnosi della malattia di Parkinson si basa solo sull'esame clinico, alle cui valutazioni vengono associati la storia clinica e familiare del paziente, oltre che sulla valutazione di sintomi e segni neurologici.

Per arrivare alla diagnosi si ricorre anche a diversi esami strumentali. Tra questi ci sono la risonanza magnetica nucleare ad alto campo, la SPECT DATscan, la PET cerebrale e la scintigrafia del miocardio servono da supporto.

Trattamento

Al momento purtroppo non esiste una cura per la malattia di Parkinson. Va subito detto che il Parkinson non è una malattia mortale di per sé, ma peggiora con il tempo in modo variabile da persona a persona; l'aspettativa di vita media di un paziente con il Parkinson è generalmente la stessa di una persona sana.

Per attenuare i sintomi e rendere migliore la qualità della vita dei malati esistono però delle terapie. In primis, quella farmacologica.

Il farmaco più utilizzato, e quello che finora ha dimostrato la più alta efficacia è la levodopa, che può essere somministrata anche per via orale, generalmente insieme ad agenti che impediscono la sua conversione in dopamina al di fuori del cervello: il farmaco infatti entra tramite lo stomaco nel circolo sanguigno ed è in grado di superare la barriera emato-encefalica, trasformandosi in dopamina solo quando ha raggiunto la sua destinazione, ossia il cervello. Gli effetti? Un miglioramento sia dei disturbi nervosi (rigidità, tremori) e di quelli psichici (ansia, depressione e cambiamenti dell'umore). Anche la fisioterapia è considerata un'arma molto utile a disposizione del paziente. Anzi, spesso ai pazienti viene consigliato di fare, per quanto possibile, sport o altre attività che possono avere benefici sia per la psiche sia per il fisico.

Inoltre al momento si stanno studiando nuove tecniche che prevedono l’impianto di staminali in determinate aree cerebrali. I tipi di trapianto più studiati sono il trapianto autologo di staminali mesenchimali adulte di derivazione midollare e l’impianto di tessuto mesencefalico embrionale. Attualmente è in corso di sperimentazione anche l’infusione di “glial cell line-derived neurotrophic factor”, un potente fattore neutrofico che promuove la sopravvivenza e la differenziazione dei neuroni del mesencefalo e dei motoneuroni.

Va però sottolineato che, ad oggi, non esiste alcun trattamento a base di staminali raccomandato per i pazienti con malattia di Parkinson.

Fonti | Ospedale Niguarda, Osservatorio Malattie Rare, Istituto Superiore di Sanità, Ospedale San Raffaele, Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson

Scritto da Federico Turrisi il 29 luglio 2019,

modificato da Maria Teresa Gasbarrone l'11 aprile 2023

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