Pasti caldi direttamente in strada: a Milano la Cucina mobile aiuta i bisognosi ad affrontare fame, freddo e pandemia

Un truck che ogni sera arriva in una zona diversa della città per offrire cibo, tè, acqua e beni di prima necessità ai senza dimora. È la nuova iniziativa della Fondazione Progetto Arca per aiutare i bisognosi direttamente in strada, garantendo supporto nel rispetto delle norme di distanziamento.
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Sara Del Dot 21 Dicembre 2020

Con l’arrivo dell’inverno l’umidità, il buio e le temperature rigide rendono molto più complicate le giornate di chi non ha una casa in cui rifugiarsi. E quest’anno, l’anno del virus, trovare posto all’interno dei dormitori o sedersi in una mensa per un pasto caldo diventano prospettive sempre più complicate. Per questo è importante riuscire a trovare delle soluzioni per offrire supporto e assistenza alle persone in difficoltà, sempre di più anche a causa degli effetti della pandemia sul tessuto sociale delle città. E se loro non possono andare a cercare conforto, a volte è il conforto a raggiungerli, grazie alla volontà di chi, alle necessità altrui, non ha alcuna intenzione di voltare le spalle. È proprio ciò che sta accadendo a Milano dove da poche settimane è attivo un servizio di Cucina mobile, animato dai volontari di Fondazione Progetto Arca, a fianco delle attività dell’unità mobile, che si occupa di rifornire le persone in strada di kit igienici, sacchi a pelo e beni di prima necessità.

La Cucina mobile è un truck a bordo del quale ogni sera, per cinque giorni su sette, i volontari si occupano di raggiungere le zone più frequentate da senza fissa dimora fornendo loro del tè, acqua, un pasto caldo ed energetico contenente carne o pesce oppure un’alternativa vegetariana, e anche un po’ di compagnia. Accanto alla Cucina, l’unità di strada fornisce beni di altro genere come rasoi, assorbenti, salviette, shampoo, deodorante, abiti, sciarpe e cappelli per stare al caldo. Tutto questo rigorosamente all’aria aperta e nel rispetto delle norme di distanziamento per evitare i contagi a cui, è chiaro, chi vive in strada è più esposto.

Cura e supporto, quindi, messi in pratica nel modo più pervasivo possibile, con spostamenti attraverso la città per raggiungere anche le zone più lontane. Un punto di riferimento importante, che aiuta anche ad attutire il possibile senso di discriminazione. “La primissima sera che siamo usciti siamo stati nella zona di Lambrate. Eravamo un po’ dubbiosi su come sarebbe andata, dal momento che si trattava di un’attività nuova anche per noi." Racconta Daniele, referente dei volontari del Progetto Fondazione Arca. "Poi un ragazzo ci si è avvicinato e ci ha detto: ‘Comunque chi ha pensato questa cosa è un genio perché non mi sento un senzatetto, mi sento una persona al bar con gli amici.” E l’obiettivo è proprio questo. Far sentire chi usufruisce del servizio come una “persona” e non come un fragile, un ultimo. Un obiettivo, forse, sempre più concreto.