Perché fare il vaccino antinfluenzale? Il prof. Clementi: “Aiuterà i medici nella diagnosi. Dovrebbe essere esteso a tutti”

Le prime dose di vaccino antinfluenzale sono state consegnate alle Asl della Campania e del Lazio, la campagna è dunque pronta a partire. Il professor Massimo Clementi ci ha spiegato perché in questo contesto sanitario è fondamentale farsi vaccinare contro l’influenza e anche contro lo penumocco.
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Kevin Ben Alì Zinati 2 Ottobre 2020
* ultima modifica il 17/03/2022
Intervista al Prof. Massimo Clementi Direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia all'IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e professore ordinario di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute del San Raffaele di Milano

Con le prime dosi consegnate alle Asl della Campagna e del Lazio, la vaccinazione antinfluenzale è praticamente pronta a partire e secondo la Federazione dei medici di Medicina generale quasi il 90% dei pazienti ne ha fatto domanda ed è quindi decisa a farsi pungere e iniettare il vaccino per proteggersi contro uno delle infezione più diffuse al mondo. Che l’adesione sia alta e il più possibile diffusa è l’augurio di tutti, soprattutto del professor Massimo Clementi, Direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia all'IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e professore ordinario di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute del San Raffaele di Milano. Per Clementi “il vaccino dovrebbe essere esteso a tutte le fasce di età, sia ai bambini dai 6 mesi in su, sia alle fasce produttive e quindi alle persone di età intermedia sia agli over60. Il vaccino è importantissimo”.

Perché sì alla vaccinazione 

Il vaccino contro l’influenza, come ti abbiamo spiegato, è fondamentale affinché la fascia di popolazione, ovvero quella a rischio e gli operatori sanitari, possano difendersi da un virus che, sebbene possa sembrare banale, ogni anno tuttavia scombussola non poco la nostra sanità. “L’infezione da virus influenzale, che è comunque un virus sempre insidioso, genera sempre preoccupazione – ci ha spiegato il professor Clementi – Tutti gli anni, durante un pandemia influenzale, c’è sempre un incremento anche della mortalità: i pianeti più deboli, come gli anziani e i cardiopatici sono quelli che soffrono di più”.

Quest’anno, però, l’influenza arriva in un contesto particolare: la pandemia da Coronavirus. “Evitare un’infezione il cui esordio sintomatologico può simulare l’esordio del sintomi del Covid-19 può aiutare i medici nella fase di diagnosi che, altrimenti, potrebbe essere molto più complessa”. Per questo, secondo il direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale San Raffaele, più è ampia è la fascia di popolazione che si sottopone al vaccino, meglio è.

Contro la confusione 

Nelle ultime settimane diversi studi hanno ipotizzato una stretta correlazione tra il vaccino antinfluenzale e l’infezione da Coronavirus. Ti avevamo parlato in particolare di quello del Monzino secondo cui nelle zone d’Italia dove l’adesione al vaccino era stata minore, vi sarebbe stati più contagi e più morti: sulla base di questi dati statistici veniva dunque suggerito che la vaccinazione avrebbe potenzialmente potuto rafforzare il sistema immunitario anche contro l’infezione da Sars-Cov-2.

Più è ampia la fascia di popolazione che si sottopone al vaccino, meglio è.

“A questo proposito, però, non riesco a vedere una base solida dal punto di vista dell’evidenza biologica ha spiegato il professor Clementi, secondo cui è possibile che “una generica attivazione del sistema immunitario potrebbe portare beneficio nei confronti di altre infezioni anche se non vi sono conferme. In passato si è anche pensato che un vaccino per il batterio della tubercolosi (Mycobacterium tuberculosis o BCG) potesse servire in questa pandemia perché in grado di stimolare la risposta immunitaria ma mancano evidenze biologiche di queste correlazioni”. Per il professor Clementi, dunque, il ruolo del vaccino antinfluenzale in questa pandemia, per il momento, non va assolutamente sovrastimato: “Il suo obiettivo è proteggere contro l’influenza e aiutare a non confondere le due sintomatologie”.

Da qui in avanti, dunque, sarà determinante sottoporsi alla vaccinazione antinfluenzale ma anche a quella contro lo penumococco. “È un batterio che infetta l’albero respiratorio e che può generare una polmonite molto grave. È utile combatterlo con un vaccino che garantisce un’immunità protettiva lunga 5 anni. Oggi sarebbe molto utile che la popolazione facesse anche questa”.

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