Se ogni anno si registrano 370mila nuovi casi a livello globale, vuol dire che la demenza a esordio giovanile oggi è un problema serio, da affrontare con la massima attenzione.
Per lungo tempo si è pensato che la causa dietro alla sua insorgenza risiedesse in qualche piega difettosa dei nostri geni ma ora il lavoro di un team di ricercatori a cavallo tra l’Università di Maastricht, in Olanda, e l’Università di Exeter, nel Regno Unito, sembra aver riscritto questa consapevolezza.
Attraverso l’analisi dei dati dell’UK Biobank riguardanti oltre 35mila persone con meno di 65 anni, avrebbero infatti scoperto non una ma ben quindici diverse ragioni.
O meglio: una serie fattori ambientali, abitudini di vita e condizioni di salute che sarebbero strettamente connesse a forme di demenza sviluppatesi ancora prima dei 30 anni.
I risultati dello studio pubblicati sulla rivista Jama Neurology hanno messo in evidenza che un basso stato socio-economico, l’isolamento sociale, i problemi legati all’udito e poi ictus, diabete, malattie cardiache e depressione rappresentano un mix di condizioni legate a un rischio più elevato di demenza ad esordio giovanile.
A questi, va sicuramente aggiunto l’eccessivo consumo di alcol, che aumenta notoriamente il rischio. Un consumo moderato, invece, sembra connesso a un rischio ridotto.
Secondo i ricercatori, contribuirebbero a spingere le diagnosi di demenza giovanile anche la carenza di vitamina D, alti livelli di proteina C-reattiva, quella che viene generata dal fegato come risposta a un processo infiammatorio e, infine, la presenza di due varianti del gene ApoE4, già legato al morbo di Alzheimer.
Al contrario, un alto livello di istruzione e una minore fragilità fisica rappresentavano invece fattori associati a un rischio minore di demenza giovanile.
Fonte | "Risk Factors for Young-Onset Dementia in the UK Biobank" pubblicata il 26 dicembre 2023 sulla rivista Jama Neurology