Perché Roma ha bisogno di un termovalorizzatore: cosa dimostrano gli altri impianti costruiti in Italia

Conviene o non conviene il termovalorizzartore a Roma? Sarà dannoso per l’attuale gestione dei rifiuti in raccolta differenziata? Rispondiamo a tutte le domande e dubbi sul tema.
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Mattia Giangaspero 5 Marzo 2024

Arriviamo al quarto capitolo sui termovalorizzatori. Dopo averti parlato di:

  1. Copenhill e dei problemi di gestione dei rifiuti di Copenhagen;
  2. Quanti termovalorizzatori ci sono in Italia;
  3. Come si svilupperà quello di Roma

Adesso parleremo di tutti i vantaggi e gli svantaggi che portano a considerare come il termovalorizzatore della Capitale sia funzionale e debba essere costruito. Sarà vero?

Il Termovalorizzatore è una sconfitta?

La risposta, senza considerare il contesto in cui viene costruito, il periodo storico e gli impatti positivi o negativi che può avere sul territorio italiano o meridionale dell'Italia, sarebbe quasi al 100% "sì, una sconfitta".

In realtà però potrebbe essere anche una vittoria. Tralasciando la questione idrogeologica, tutto il progetto se rispettato nella sua interezza potrebbe portare a dei benefici dal punto di vista ambientale all'intero quartiere, sia lato riforestazione, sia lato risorse energetica e creazione di una comunità energetica. Tu mi dirai: "e se fosse fatto lo stesso senza impianto non sarebbe meglio?" Sì, ma non sarebbe mai stato fatto. Detto questo arriviamo all'analisi ambientale del termovalorizzatore a Roma. In questo momento in Italia ci sono 37 termovalorizzatori (di cui oltre 26 al Nord), mentre sono 130 le discariche certificate (poi ci sono quelle abusive… ma non le sappiamo).

L‘obiettivo del Termovalorizzatore a Roma sarà quello di ridurre il numero di discariche in tutto il Paese e di migliorare soprattutto la situazione al meridione. Il termovalorizzatore in Italia non è e non sarà mai considerato come soluzione definitiva a tutti i problemi, ma come un miglioramento delle situazioni attuali che ci sono nel Paese. E questo lo diciamo perché stando ai dati forniti dall'Unione Europea sia tra i primi nel Continente per la raccolta differenziata e sappiamo bene come solo continuando questo iter virtuoso, il problema rifiuti può essere risolto.

Molti hanno paragonato il progetto di Roma a quello di Copenaghen, definito poi fallimentare perché il termovalorizzatore era troppo grande, richiedeva paradossalmente un aumento dei rifiuti e quindi tanti altri Stati spedivano (con mezzi inquinanti su gomma) i loro rifiuti proprio lì. In realtà quello di Roma non sarà identico a quello di Copenaghen e lo diciamo proprio per il contesto diverso presente in Danimarca. Attualmente in Danimarca non esistono discariche (neanche una), il che significa che non c'è un problema di CO2 o di modifica del suolo legato al deposito continuativo di rifiuti a terra. Inoltre la Danimarca non è tra i Paesi europei virtuosi lato raccolta differenziata e il termovalorizzatore costruito era effettivamente troppo grande anche per la conformazione geografica della Nazione.

Quali sono i rischi nel costruire un Termovalorizzatore a Roma?

In molti parlano che rispetto al contesto territoriale attuale, uno dei problemi è quello legato al trasporto dei rifiuti verso il termovalorizzatore. Come avviene questo? Sicuramente sarà inquinante? La risposta è: dipende dal mezzo che si utilizzerà, se questo sarà a motore endotermico o elettrico. E inoltre: dipende da come questi rifiuti verranno collocati all'interno del mezzo, cioè: saranno gettati ed esposti all'aperto, oppure saranno rinchiusi e sigillati ermeticamente?

Un altro tema correlato al termovalorizzatore è quello della gestione delle ceneri di quest'ultimo che avverrà attraverso la tecnica del Carbon Capture and Storage (se vuoi sapere di cosa si tratta te ne abbiamo parlato qui). Si tratta di una tecnica innovativa, da noi sarebbe anche sperimentale poiché mai utilizzata fino a ora. Queste ceneri poi verranno posizionate sottoterra in un'area dell'Adriatico. Anche in questo caso abbiamo approfondito ampiamente la questione tramite un video divulgativo sulle scorie nucleari e su come queste finiscano nel sottosuolo.

Adesso parliamo dell'ultimo rischio che invece è strettamente legato al termovalorizzatore. Il tema dell'acqua, ovvero del recepire risorse idriche per far funzionare lo stabilimento che sorgerà nel quartiere Palomba. Il Comune di Roma quando ha presentato il progetto, ha esplicitato questo problema e ha spiegato anche quale soluzione vorrebbe adottare.

Per minimizzare il consumo di acqua dalle falde, viene proposto di ricorrere al riutilizzo delle acque reflue urbane trattate nell’impianto di depurazione di Santa Maria in Fornarola, sito nel Comune di Albano Laziale, gestito dal concessionario del Servizio Idrico Integrato con il quale è stata verificata la fattibilità tecnica di tale intervento.

Le idroesigenze del polo impiantistico saranno coperte in via prioritaria attraverso il riutilizzo delle acque meteoriche, nonché il recupero delle acque di condensazione della linea di trattamento dei fumi. In aggiunta, l’acqua ad uso industriale sarà fornita dal gestore del servizio idrico integrato Acea Ato2 S.p.A. → soddisfa le richieste minime.

Ad integrazione è previsto, come soluzione di back-up, l’allaccio alle reti di distribuzione idrica e fognaria di pertinenza dell’area industriale di Santa Palomba (Consorzio Industriale del Lazio), per la quale è già stata presentata richiesta di disponibilità; e un’ulteriore sistema di back-up caratterizzato da pozzi per una portata massima stimata pari a circa 8 l/s, per la quale, considerando il contesto geologico ed idrogeologico della zona di studio, si rende necessaria l’escavazione di 2 pozzi.

Il Termovalorizzatore di Roma ridurrà la raccolta differenziata?

Per poter rispondere correttamente a questa domanda bisognerebbe aspettare che questo venga costruito, entri in funzione e sia attivo qualche anno. Solo così si potrebbero ottenere dati sufficienti per affermare con convinzione un sì o un no. Adesso quel che possiamo fare però è prevedere quel che accadrà, basandoci sul contesto legislativo, applicativo nella gestione dei rifiuti in Italia e in Europa e sull'andamento anche che il nostro Paese ha da qualche anno a questa parte.

La gestione dei rifiuti nell’Unione Europea è regolata dalla Direttiva 98/CE (WFD – Waste Framework Directive) del 2008. L'Italia, però, ancor prima di questa Direttiva aveva già regolato nel medesimo modo la gestione dei rifiuti, attraverso una norma del 2006 inserita nel Testo Unico Ambientale (D.Lgs. 152/2006). E sempre all'interno di tale Testo venne inserito anche il Programma Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti (previsto dall’articolo 180 del D.Lgs. n.152/2006).

Entrambe le leggi indicano che una corretta gestione del rifiuto deve avvenire rispettando una piramide gerarchica. Tale piramide è quella che vedi nel grafico sottostante.

Il Termovalorizzatore di Roma andrebbe contro questa piramide? Qui la risposta possiamo darla ed è "No". I motivi sono che, in Italia sono presenti già 37 termovalorizzatori, quindi quello della Capitale non essendo il primo del nostro Paese perché non dovrebbe rispettarla, invece gli altri 37 si? La risposta da parte tua potrebbe essere: "Anche gli altri 37 non la rispettano".

Allora perché non se ne parla allo stesso modo? E inoltre il nostro Paese non rispetterebbe tale piramide anche a causa delle 130 discariche presenti sul territorio (ripeto, non teniamo conto di quelle abusive). Queste discariche emettono 1.400 kg CO2equivalente per tonnellata, contro le 800 di un termovalorizzatore. Se poi volessimo essere anche un po' cinici in questo discorso, l'altro dato a favore del termovalorizzatore sarebbe quello di produrre energia e ridurre costi e consumi da questo punto di vista. In questo senso l'intera amministrazione comunale, regionale o nazionale che sia dovrebbe sfruttare il guadagno energetico dal termovalorizzatore per poi evitare di produrre la stessa quantità di energia da una fonte fossile. In questo modo si ridurrebbe ancor di più l'impatto ambientale. Tengo a precisare che questo discorso riguarda però il solo confronto tra termovalorizzatore e discariche. Se il paragone fosse tra termovalorizzatore e riciclo/raccolta differenziata sappiamo benissimo come potremmo chiuderlo in una parola: "Ricicliamo".

Ora, riprendiamo il discorso. Eravamo alla piramide rovesciata e abbiamo subito toccato gli ultimi due punti: discariche e termovalorizzatori. Se è possibile azzerare le discariche e ridurre al minimo le loro emissioni attraverso l'utilizzo di un termovalorizzatore perché non farlo? Il miglioramento avverrebbe ugualmente. In questo discorso potremmo dire che adesso la sfida è tra termovalorizzatori e riciclaggio. L'Italia non punta al riciclaggio? È messa male?

Nell’ambito della gestione dei rifiuti urbani sono stati introdotti i seguenti obiettivi di "preparazione per il riutilizzo e riciclaggio":

  •  almeno il 55% dei rifiuti urbani entro il 2025;
  •  almeno il 60% dei rifiuti urbani entro il 2030;
  •  almeno il 65% dei rifiuti urbani entro il 2035.

L'Italia non ha ancora raggiunto il 65% di riciclo dei rifiuti urbani, ma è molto vicina. Basti pensare che nel 2022, ultimo dato registrabile, per la prima volta si è raggiunta una media di riciclo di questi rifiuti pari al 57%. Adesso bisogna vedere dal 2023 al 2035 quanto saremo in grado di mantenerla e aumentarla pure. Tutto questo nonostante sul territorio esistano già 37 termovalorizzatori. Vediamo uno degli ultimi dati forniti da ISPRA a riguardo, dove si evidenzia qual è il contesto europeo.

L'Italia ha un problema con i rifiuti urbani?

Da questa domanda se la risposta fosse un sì allora si potrebbe capire maggiormente la scelta di procedere con un termovalorizzatore a Roma. In questo modo la gestione sarebbe facile e immediata. La risposta invece è no, nel senso che la gestione dei rifiuti è lievemente migliorata, molti di questi non vanno a finire negli inceneritori e addirittura la stessa produzione di rifiuti urbani è calata. Vediamo insieme quanto indica ISPRA a riguardo.

ISPRA

Nel 2022, la produzione nazionale dei rifiuti urbani (RU) si attesta a circa 29,1 milioni di tonnellate, in calo dell’1,8% (544 mila tonnellate) rispetto al 2021. Con riferimento ad un arco temporale più lungo, si osserva tra il 2009 e il 2010 una produzione che si è mantenuta al di sopra dei 32 milioni di tonnellate. Dopo il brusco calo del biennio 2011-2012 (concomitante con la contrazione dei valori del prodotto interno lordo e dei consumi delle famiglie), la produzione si è attestata a quantitativi inferiori a 30 milioni di tonnellate fino al 2015. Successivamente, ad esclusione dell’anno 2017, i valori sono nuovamente aumentati attestandosi al di sopra dei 30,1 milioni di tonnellate per poi iniziare a diminuire, in modo contenuto, nel 2019 e in modo più significativo, per effetto della pandemia, nel 2020. Nel 2021, si assiste ad un’inversione di tendenza, in linea con la ripresa economica post-pandemia, con una produzione comunque al di sotto di 30 milioni di tonnellate. Infine, nel 2022 il dato di produzione fa segnare nuovamente una contrazione.

Ad eccezione della Valle d’Aosta, la cui produzione è in lieve aumento, tutte le regioni italiane hanno fatto rilevare un calo dei rifiuti prodotti (Figura 2.16). In particolare, tra le regioni settentrionali, le maggiori contrazioni si osservano per il Trentino-Alto Adige (-3,7%), la Lombardia (-3,3%) e il Veneto (-2,5%); al Centro, per le Marche (-2,7%) e la Toscana (-2,1%) e al Sud per il Molise (-3,2%), la Calabria e la Sardegna (-2,5% per entrambe) e la Puglia (-1,9%). Per quanto riguarda i valori pro capite, la produzione più elevata, analogamente ai precedenti anni, si rileva per l’Emilia-Romagna, con 633 chilogrammi per abitante per anno, pur se in calo di 7 chilogrammi rispetto al 2021. Seguono la Valle d’Aosta con 616 chilogrammi in aumento di 14 chilogrammi rispetto al 2021, e la Toscana che, con un calo di quasi 9 chilogrammi, si attesta a 590 chilogrammi. Le regioni con un pro capite superiore a quello medio nazionale (494 chilogrammi per abitante) sono complessivamente 9: alle 3 sopra citate si aggiungono: Liguria, Umbria, Marche, Lazio, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia. I minori valori di produzione pro capite si registrano per la Basilicata (357 chilogrammi per abitante), il Molise (375 chilogrammi) e la Calabria (401 chilogrammi).

In tabella 1.7  sono mostrate le quantità complessive di rifiuti urbani avviati a riciclaggio, comprensivi sia dei quantitativi relativi alle frazioni secche a che delle quote di frazione organica avviate a compostaggio e digestione anaerobica. Nel 2021, i quantitativi di rifiuti urbani complessivamente destinati a riciclaggio ammontano, nell’UE, ad oltre 114 milioni di tonnellate, ovvero circa 1,3 milioni di tonnellate in più rispetto al 2020 (+1,2%) e 8,3 milioni di tonnellate in più rispetto al 2019 (+7,8%). Nel triennio, i maggiori incrementi, in termini quantitativi, riguardano la Francia (+1,4 milioni di tonnellate; +9,3%), e la Germania (+1,2 milioni di tonnellate; +3,6%). In termini percentuali i principali aumenti sono stati registrati in Slovacchia (+49,5%; +438 mila tonnellate) e Cechia (+46,1%; +820 mila tonnellate). Anche Belgio e Austria fanno registrare incrementi notevoli, in parte dovuti al cambiamento della metodologia di misurazione. Decrementi consistenti in termini percentuali si registrano in Svezia (-20,1%, pari a -432 mila tonnellate) e Bulgaria ( -19,2%; -204 mila tonnellate). L’Italia registra un leggero decremento del 1,7% pari a -261 mila tonnellate; in favore invece del Compostaggio e della digestione aerobica/anaerobica (e quindi non dell'incenerimento).

Infatti nel 2021 circa 42,3 milioni di tonnellate di rifiuti urbani sono stati avviati a compostaggio e/o digestione anaerobica, nell’UE, con un aumento del 8,1% rispetto al 2019, (+ 3,2 milioni di tonnellate). L’incremento maggiore, nel triennio, in termini quantitativi, si registra per la Polonia con +671 di tonnellate (+58,2%), e dall’Italia (+660 mila tonnellate, +10,3%). Analizzando il dato relativo alle variazioni percentuali, l’incremento maggiore lo si registra in Lettonia, con + 64,3%, con un incremento di 27 mila tonnellate.

ISPRA
ISPRA

L'Italia nel complesso gestisce così i rifiuti urbani: per il 20% essi sono avviati a recupero di energia, per il 26% a compostaggio e digestione e per il 30% riciclaggio (con una quota di riciclo totale del 56%.), per il 21% sono smaltiti in discarica e solo l’1% avviati ad incenerimento.

Inoltre procede in modo virtuoso, seppur ancora molto in piccolo,  anche la gestione dei rifiuti in discarica. Sempre ISPRA indica, nel quadro europeo che:

Nel triennio 2019 – 2021 le quantità smaltite in discarica nell’UE diminuiscono dell’2,6% (-1,4 milioni di tonnellate). In 9 Paesi però si registra un incremento delle quantità smaltite e le variazioni percentuali maggiori si registrano in Germania (+296 mila tonnellate; +71,7%) e Austria (+46 mila tonnellate; +43,4%). Tra i Paesi che registrano i principali decrementi percentuali di rifiuti avviati a discarica ed altre operazioni di smaltimento, si segnalano Finlandia (-53,3%) e Bulgaria (-53,1%), quest’ultima con il maggior decremento anche a livello quantitativo (-1 milione di tonnellate). Decrementi consistenti, a livello quantitativo, si rilevano anche per la Francia (- 825 mila tonnellate, -8,5%) e l’Italia (-664 mila tonnellate, -10,6%).

ISPRA

Rifiuti Urbani e Termovalorizzatore a Roma, dov'è il problema?

L'obiettivo che l'UE ha introdotto a partire dal 2018, ovvero quello di raggiungere il 65% dei rifiuti urbani entro il 2035 potrebbe non essere rispettato dall'Italia, perché attualmente c'è una cattiva gestione dei rifiuti urbani e questa con un nuovo termovalorizzatore potrebbe peggiorare?

Attualmente sempre secondo ISRPA e il suo rapporto annuale dei rifiuti urbani si indica che dal 2013 al 2019 si può osservare come il numero di termovalorizzatori si sia ridotto di 11 unità: in particolare, nelle regioni del centro Italia si osserva una riduzione di 7 impianti. In tutti i casi questo è avvenuto perché è aumentata considerevolmente la cultura della raccolta differenziata e del riciclo. Infatti è possibile evincere che delle oltre 5,5 milioni di tonnellate di rifiuti attuali avviati ad incenerimento circa 2,7 milioni di tonnellate sono costituiti da rifiuti urbani, poco meno della metà. La restante quota, invece, è rappresentata da rifiuti derivanti dal trattamento dei rifiuti urbani (frazione secca, rifiuti combustibili e, in minor misura, bio-essiccato) pari a 2,8 milioni di tonnellate. Inoltre, negli stessi impianti vengono inceneriti rifiuti speciali per un totale di circa 776 mila tonnellate di cui 58 mila sono costituiti da rifiuti pericolosi.

La Raccolta differenziata in Italia continua a crescere

Come detto all'inizio, una risposta sulla possibile riduzione della raccolta differenziata dopo l'apertura del termovalorizzatore di Roma potremmo darla in futuro, ma attualmente possiamo basarci sui dati che abbiamo in rapporto ai 37 termovalorizzatori presenti sul territorio e in rapporto agli 11 inceneritori chiusi dal 2013 al 2019.

Sempre basandoci su un'unica fonte, ovvero ISPRA, quel che possiamo dire sulla raccolta differenziata è che:

Nel 2022, la percentuale di raccolta differenziata (RD) è pari al 65,2% della produzione nazionale, con una crescita di 1,2 punti rispetto al 2021. In termini quantitativi, la raccolta differenziata si mantiene pressoché invariata (-0,1%, quasi 23 mila tonnellate in meno rispetto al 2021) attestandosi a 18,9 milioni di tonnellate. Si segnala che il dato di raccolta differenziata ricomprende, laddove disponibili, i quantitativi di rifiuti organici destinati a compostaggio domestico, pari nel 2022 a 301 mila tonnellate.

Nel Nord, la raccolta complessiva si attesta a circa 9,9 milioni di tonnellate, nel Centro a poco più di 3,8 milioni di tonnellate e nel Sud a quasi 5,2 milioni di tonnellate. Tali valori corrispondono a percentuali, calcolate rispetto alla produzione totale dei rifiuti urbani di ciascuna macroarea, pari al 71,8% per le regioni settentrionali, al 61,5% per quelle del Centro e al 57,5% per le regioni del Mezzogiorno.

Rispetto al 2021, tutte le macroaree geografiche mostrano incrementi della percentuale di raccolta differenziata: nelle regioni del Sud la crescita è di 1,7 punti, in quelle centrali di 1,1 punti e nelle regioni del Nord di 0,8 punti. La raccolta pro capite nazionale (Tabella 2.7) è di 322 chilogrammi per abitante per anno, con valori di 363 chilogrammi per abitante nel Nord (4 chilogrammi per abitante in meno rispetto al 2021), 327 chilogrammi per abitante nel Centro (+2 chilogrammi) e 261 chilogrammi per abitante nel Sud (+4 chilogrammi). Con riferimento al triennio 2020-2022, si rileva un incremento di 24 chilogrammi per abitante nelle regioni del Sud, di 17 chilogrammi in quelle del centro Italia, e di 5 chilogrammi nel Nord; mentre su scala nazionale la raccolta differenziata pro capite fa segnare, nell’ultimo anno, una crescita di circa 14 chilogrammi per abitante.

Regioni e Raccolta differenziata: i dati

Nel 2022, la più alta percentuale di raccolta differenziata è conseguita, analogamente al 2021, dalla regione Veneto, con il 76,2%, seguita da Sardegna (75,9%), Trentino-Alto Adige (74,7%), Emilia-Romagna (74%), Lombardia (73,2%) e Marche (72%, Tabella 2.12, Figure 2.22-2.23). Superano l’obiettivo del 65%, fissato dalla normativa per il 2012, anche Umbria (67,9%), Friuli-Venezia Giulia (67,5%), Piemonte (67%), Valle d’Aosta (66,1%) e Toscana (65,6%); sono prossime a tale obiettivo l’Abruzzo (64,5%) e la Basilicata (63,7%). Il numero di regioni con un tasso di raccolta al di sopra della media nazionale (65,2%) è, pertanto, pari a 11. La Puglia e il Molise si collocano rispettivamente al 58,6 e 58,4%, mentre la Liguria si attesta, al 57,5%, con un aumento di oltre 2 punti rispetto al 2021. La Campania raggiunge il 55,6%, la Calabria il 54,6% e il Lazio al 54,5%. Per Puglia e Calabria si registrano crescite delle percentuali di 1,4 e 1,5 punti, rispettivamente. Supera per la prima volta la soglia del 50% la regione Sicilia (51,5%) facendo registrare un aumento di 3,9 punti rispetto alla percentuale del 2021 (47,5%), di oltre 9 punti rispetto al 2020, e di 22 punti percentuali rispetto al 2018.

Fonti | Ispra Rapporto Annuale rifiuti urbani 2023

Tesi in Valutazione delle emissioni di CO2 dagli impianti di trattamento termico Polito 

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