Pro o contro l’editing genetico? Rispondono i maggiori esperti di Bioetica

È giusto oppure no ricorrere all’editing genetico? È corretto intervenire anche sulle cellule che compongono l’embrione? Se ti sei già posto queste domande, i rappresentanti di tre importanti comitati etici nazionali potranno aiutarti ad avere un’idea più chiara. Se invece non te lo sei mai chiesto, è il momento di rifletterci: manca davvero poco all’utilizzo del Crispr/Cas9 come terapia.
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Giulia Dallagiovanna 15 Novembre 2019
* ultima modifica il 22/09/2020

Ma quindi, pro o contro l'editing genetico? Dopo aver visto da vicino in cosa consista il metodo Crispr/Cas9, quali sono i suoi campi d'applicazione e quali malattie potrebbe curare, è tempo di porsi una domanda fondamentale: è giusto o sbagliato intervenire sul nostro Dna? La risposta, o comunque le argomentazioni da tenere in conto, sono molto meno scontate di quello che pensi. Noi abbiamo chiesto un'opinione a tre diversi comitati etici: il Comitato etico della Fondazione Veronesi, il Comitato nazionale per la bioetica (CNB) e la Fondazione Italiana Scienze per la Vita (FISV). Noterai che sono tutti concordi nell'affermare la necessità e l'urgenza di una regolamentazione internazionale che descriva in modo chiaro i limiti che debbano essere posti alle sperimentazioni e alla ricerca in questo campo.

Il riferimento, come magari avrai già immaginato, è all'esperimento dello scienziato cinese He Jiankui, che aveva alterato il genoma di alcuni embrioni e fatto nascere due gemelle immuni al virus dell'Hiv. E proprio uno studio che ha sollevato le critiche unanimi di tutta la comunità scientifica diventa anche l'occasione per chiederti: è giusto oppure no lavorare sulle cellule della linea germinale, cioè su quelle che poi contribuiranno alla formazione di un nuovo individuo? Ecco come hanno risposto gli esperti.

Fondazione Veronesi:"Dobbiamo capire come usarlo bene"

Il dottor Marco Annoni, Bioeticista e Responsabile Supervisione Etica di Fondazione Umberto Veronesi, sottolinea le potenzialità, fino ad ora inimmaginabili, che il metodo Crispr/Cas9 offre in diversi campi. Lunga vita alla ricerca, dunque, anche su cellule della linea germinale, ma a patto che vi sia un regolamento che stabilisca in modo chiaro e inequivocabile i limiti che gli scienziati devono rispettare.

Quali sono i vantaggi dell'editing genetico e in particolare del metodo Crispr/Cas9?

L'essere umano ha già provveduto ad alterare il Dna e il codice genetico delle specie vegetali o animali utili per l'agricoltura o l'allevamento. Il metodo Crispr/Cas9, semplicemente, è molto più preciso, più rapido e più economico. Alla base delle modifiche fatte fino ad oggi, infatti, c'è la riproduzione sessuale al fine di ottenere un incrocio: servono anni e anni per arrivare al risultato desiderato e nel mezzo si contano naturalmente diversi errori. Utilizzando l'editing genetico invece si possono inserire i caratteri prescelti nell'arco di un solo passaggio e a un costo di poche migliaia di euro, rispetto ai milioni che devono essere messi in conto quando si ricorre ad altre tecniche. Bisogna poi aggiungere che è piuttosto semplice come procedura, tanto che non sono necessari centri specializzati e collaborazione internazionali, ma è sufficiente un dottorando in biotecnologie per praticarla. E questi sono anche gli elementi che gli permetteranno di diventare fruibile a tutti. Da un lato è un ottima notizia, dall'altro è fondamentale una regolamentazione e un controllo capillare sul suo utilizzo.

In quali campi potrà essere applicato?

L'editing genetico ci permetterà di comprendere i meccanismi fondamentali e molto complessi della vita biologica, cioè quali effetti si ottengono quando si inserisce un gene o una porzione di Dna, oppure li si rimuove. E le potenzialità sono infinite. Si possono selezionare meglio gli ortaggi e gli animali in modo che presentino le caratteristiche che ci servono, studiare più nel dettaglio i virus e sconfiggere o anticipare possibili pericoli per la salute pubblica, produrre biocarburanti che garantiscano una resa maggiore o favorire la decomposizione della plastica attraverso colonie di batteri. Infine, può essere utilizzato in ambito biomedico e per il trattamento di malattie genetiche. In via teorica, una sola tecnica potrebbe essere in grado di curare tutte le patologie provocate dall'alterazione di un solo gene, come la fibrosi cistica ad esempio.

Il Comitato Bioetico della Fondazione Veronesi è a favore o contro l'editing genetico sugli embrioni?

Quando si parla di cellule della linea germinale, il discorso diventa più delicato. Se infatti si interviene su cellule somatiche, che appartengono quindi a un individuo già nato, si possono ottenere risultati fino ad ora impensati, come rimuovere un tumore ingegnerizzando le difese naturali del corpo, come i linfociti T. Questa mutazione rimane all'interno della cura e interessa solo la persona che vi si sottopone. Le cellule che compongono l'embrione invece sono responsabili dell'ereditarietà di alcuni tratti del genoma, come i cromosomi. Se dunque si modificano queste componenti, anche le future generazioni saranno influenzate dall'alterazione in un modo che ancora non siano in grado di predire e che potrebbe quindi risultare anche pericoloso.

"Si può intervenire sulle cellule che compongono l'embrione, a patto che questo non venga mai impiantato"

Di nuovo, bisogna prendere in considerazione entrambe le facce della medaglia: possono essere rimosse malattie genetiche come il morbo di Huntington dalla linea ereditaria, ma possono anche introdursi errori proprio all'interno del Dna, le cui conseguenze al momento sono sconosciute. E le problematiche sono essenzialmente di due tipi: il mosaicismo e gli eventi off-target. Nel primo caso, i cromosomi non si uniscono in modo speculare e possono derivarne alcune malformazioni. Nel secondo, invece, può accadere che si alteri in modo casuale e non voluto un'altra porzione del genoma, con effetti imprevedibili.

È la ragione per cui la comunità scientifica internazionale e anche quella cinese erano insorte contro la sperimentazione dello scienziato He Jiankui, che aveva portato alla nascita di due gemelle con Dna modificato in modo che risultassero immuni all'Hiv. Si è trattata di una procedura illegale: esistono tecniche molto più sicure per prevenire il contagio e i rischi in questo caso erano troppo elevati. Oggi peraltro non sappiamo come stiano le bambine e non possiamo verificare i risultati dello studio. Questo però non significa che si debba fermare la ricerca. Si può ad esempio intervenire su embrioni che sono stati prodotti da processi di fecondazione assistita, a patto che non vengano mai impiantati.

Come bisognerebbe procedere quindi?

È importante proseguire nella ricerca, ma anche regolamentarla con delle leggi che ne definiscano i limiti in modo chiaro. Dobbiamo infatti essere consapevoli di quello che stiamo facendo e procedere passo passo, senza avere fretta ma anche senza fermare tutto solo per paura.

Esistono infatti problemi anche a livello politico. Pensiamo a Paesi che non sono governati da democrazie liberali e all'uso che potrebbero farne, magari per selezionare alcuni tratti specifici nei propri cittadini. L'eugenetica, come dicevo prima, viene applicata da sempre, influenzando in modo artificiale la selezione naturala, ma è fondamentale che venga controllata. Non devono essere selezionate le caratteristiche della popolazione ariana, ma quelle che ci rendono immuni dalla fibrosi cistica. Le domande per il futuro sono tante, a partire proprio da come governeremo queste straordinarie innovazioni. Ora che sappiamo come si fanno le cose, dobbiamo capire come farle bene.

Il CNB: "Consociamo ancora troppo poco"

La professoressa Laura Palazzani, vice presidente del Comitato Nazionale per la bioetica, organo che fornisce pareri alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, sottolinea i limiti delle nostre conoscenze rispetto alle potenzialità dell'editing genetico. Non che il CNB sia contro la sua applicazione in Medicina, soprattutto per quanto riguarda la modifica del genoma di cellule somatiche, ma pone una serie di condizioni che dovrebbero essere rispettate, a fronte di una carenza di informazioni rispetto a un argomento enorme e complesso: il genoma umano.

Quale è la posizione del Comitato Nazionale per la bioetica sul gene editing e la tecnica Crispr/Cas9?

Il Comitato Nazionale per la Bioetica, organismo multidisciplinare e pluralista, si è espresso sul tema in un parere del 2017. Il CNB ha raggiunto un accordo su alcuni punti: il Comitato ritiene legittima l'applicazione della tecnologia sulle cellule somatiche, seppur di carattere sperimentale, su pazienti inguaribili, senza terapie alternative efficaci, con il consenso del paziente e una valutazione di un comitato etico. È ammessa la sperimentazione su gameti umani non finalizzati alla riproduzione. È invece ritenuta problematica la modificazione genetica su gameti destinati alla riproduzione e su embrioni umani destinati all'impianto. Scientificamente, infatti, non esistono le basi concettuali e teoriche per prevedere gli effetti di una terapia genica germinale sullo sviluppo dell'individuo e della sua discendenza. Gli obiettivi sono preventivi e terapeutici, ma di fatto, allo stato attuale delle conoscenze, la probabilità di indurre ulteriori alterazioni anomale nel genoma è alta.

"Con le attuali conoscenze, se si interviene sugli embrioni si rischia di produrre alterazioni non volute nel genoma"

Naturalmente non si può escludere che in futuro si possano acquisire nuove conoscenze (attraverso la sperimentazione su animali), che consentano un intervento terapeutico sulle cellule germinali e sugli embrioni umani: ma allo stato attuale attivare tale intervento appare sproporzionato, nel bilanciamento dei rischi e dei benefici. Le perplessità che il CNB ha espresso sul gene-editing sono radicate sulla mancanza di sicurezza e appropriatezza della tecnica e possibili elevati rischi, nel caso di ricerche e applicazioni su cellule germinali umane ed embrioni, con possibili danni irreversibili per i bambini futuri e le generazioni successive.

Su quale punto si è registrata una divergenza nell'ambito del CNB sul tema?

Il Comitato si è diviso sulla questione relativa alla legittimità o illegittimità della sperimentazione di tale tecnologia su embrioni umani non destinati all'impianto. Alcuni ritengono che tale sperimentazione in vitro sia comunque utile per acquisire nuove conoscenze scientifiche; altri ritengono invece che tale sperimentazione sia ingiustificata non solo per lo statuto soggettivo dell'embrione umano, ma anche perché tale sperimentazione risulterebbe essere inutile, in quanto il non impianto dell'embrione significherebbe non avere la possibilità di verificare concretamente la efficacia della tecnica (obiettivo della sperimentazione), che richiederebbe un monitoraggio della gravidanza, della nascita e del successivo sviluppo del bambino, oltre che il monitoraggio transgenerazionale. Ma fare nascere bambini geneticamente modificati oggi è estremamente pericoloso, come mostra la forte reazione all'esperimento in Cina e le moratorie sottoscritte a livello internazionale da numerosi scienziati ed esperti.

È necessario trovare un regolamento solo all'interno della comunità scientifica o serve anche una legislazione specifica?

Il regolamento interno alla comunità scientifica è rilevante perché mostra l'esigenza di autodisciplina. Ma non è sufficiente. Sul tema sono recentemente intervenuti i principali organismi di bioetica internazionali ed europei: il Comitato internazionale di Bioetica dell’Unesco (2015), l’European Group on Ethics in Science and New Technologies (2016), il Comitato di Bioetica del Consiglio d’Europa (2015): in questi documenti, con modalità diverse, si esprime l'esigenza di una regolamentazione delle tecnologie, sul piano globale auspicabilmente. Una legislazione nazionale, seppur auspicabile, non sarebbe sufficiente se non coordinata con una presa di posizione internazionale. La regolamentazione dovrebbe essere specifica: l'applicazione della regolamentazione vigente non è sufficiente rispetto ai problemi particolari sollevati da tale tecnologia. Si sottolinea anche la necessità di un dibattito pubblico che coinvolga tutti i cittadini, per una partecipazione democratica alla elaborazione normativa.

La FISV: "Servono regole internazionali"

La professoressa Valeria Poli, presidente della Società Italiana di Biofisica e Biologia Molecolare (SIBBM) che fa parte della FISV (Federazione Italiana Scienze per la Vita) pone l'accento sull'importanza di una regolamentazione riconosciuta da ogni Paese del mondo che voglia fare ricerca sull'editing genetico. Ma soprattutto risponde alla domanda che ti sarai fatto fin da quando abbiamo iniziato a parlare del metodo Crispr: quanto siamo vicini a una sua applicazione in Medicina?

Qual è la posizione della FISV riguardo l'editing genetico e il metodo Crispr/Cas9?

La posizione della FISV è quella che abbiamo già affermato e ribadito diverse volte: deve esserci una regolamentazione internazionale, perché quando si parla di un argomento così complesso e delicato come il genoma, non si può rimanere chiusi in ambito nazionale. A luglio 2019, negli Stati Uniti è stato approvato il divieto di vendere dei kit per praticare il Crispr sul genoma umano e questo è sicuramente un primo passo, ma appena si esce dai confini del Paese questo limite non esiste più. Lo scopo di queste leggi deve essere quello di impedire gli abusi dell'editing genetico, sia per quanto riguarda il suo utilizzo sul DNA umano che su quello delle specie animali, in tutto il mondo.

E invece per quanto riguarda l'applicazione di questa tecnica sugli embrioni?

Per quanto riguarda l'editing genetico effettuato sugli embrioni, la FISV supporta la proposta pubblicata sulla rivista Nature avanzata da parte di un comitato di esperti, inclusi i ricercatori che hanno scoperto e sviluppato questo metodo, e che per l'Italia è stata firmata dal professor Luigi Naldini, direttore dell'Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget). Si chiede di istituire una moratoria di cinque anni che blocchi qualsiasi sperimentazione clinica su gameti ed embrioni umani impiantabili nell'uomo, in modo che vi sia il tempo di organizzare un comitato di scienziati e bioeticisti che stabilisca regole riconosciute a livello internazionale.

Personalmente, intravedo poche possibilità di applicazione del metodo Crispr su cellule della linea germinale in cui i vantaggi superino gli svantaggi. Sono ancora troppe le informazioni che non possediamo e non possiamo determinare con precisione le conseguenze o gli eventuali effetti collaterali. Quando si vanno a modificare le cellule somatiche, si interviene su una sola persona e il Crispr/Cas9 non fa altro che rendere più veloce e precisa una tecnica che viene utilizzata già da molti anni per operare la cosiddetta terapia genica. Si può quindi fare un bilancio costi/benefici per l'individuo e valutare se correggerne il genoma oppure no. Ma quanto si lavora su cellule della linea germinale, che vanno poi a formare nuovi individui, si effettuano cambiamenti che poi verranno ereditati all'interno del patrimonio genetico e il discorso è molto diverso perché riguarda l'intera specie.

Lei ha ribadito più volte che la regolamentazione deve avvenire a livello internazionale, come mai?

Per capire meglio la necessità di regole riconosciute dalla comunità internazionale, si può fare l'esempio di quanto è avvenuto lo scorso anno in Cina. Lo scienziato He Jiankui aveva annunciato di aver fatto nascere due gemelle che presentavano la mutazione di un gene per rendere le loro cellule non attaccabili dal virus dell'Hiv. Si è trattato di un vero e proprio fulmine a ciel sereno: non aveva alcun permesso per avviare questo tipo di sperimentazione e infatti pochi mesi dopo la Cina ha pubblicato una serie di norme precise. A giugno però il biologo russo Denis Rebrikov ha dichiarato di voler ripetere uno studio simile. E questa è la dimostrazione che fino a quando le stesse regole non verranno adottate da ogni Paese, qualsiasi discorso rimarrà astratto.

Però attenzione, non dobbiamo nemmeno dare vita a un dibattito che spaventi il pubblico. Questo metodo ha infatti dei potenziali enormi per la Medicina e non solo. Il rischio infatti, determinato soprattutto da questi biohacker, è che portino a elaborare norme più restrittive di quanto avrebbe senso, limitando anche applicazioni positive.

"Dobbiamo dar vita a un dibattito, ma senza utilizzare toni che spaventino il pubblico"

L'Unione europea per esempio ha equiparato l'editing genetico in agricoltura al metodo OGM, con un'operazione un po' miope: non si conosce a fondo la tecnica, e dunque vengono posti dei limiti basandosi soprattutto sulla paura. Si tratta invece di due procedure molto diverse tra loro. A differenza degli OGM classici, infatti, il Crispr non prevede l'inserimento di materiale genetico estraneo, bensì la modifica dettagliata e precisa di un solo gene.

Secondo lei, quanto siamo vicini all'utilizzo dell'editing genetico come terapia?

Se prendiamo in considerazione la terapia genica, ovvero la modifica delle cellule somatiche, possiamo dire di essere molto vicini, se non che possa addirittura già essere proposta a un ipotetico paziente. Il problema però è che non è stato ancora sperimentato nessun trattamento su un essere umano. Anche nell'ambito dell'intervento sulle cellule della linea germinale non manca molto all'applicazione pratica del metodo Crispr, ma spero che non si arrivi a questo punto. O, perlomeno, non prima di avere ben definito i rischi e i controlli necessari e un comitato internazionale a cui si debba fare domanda per ottenere il permesso di operare. Siamo infatti di fronte alla questione che ogni scoperta scientifica così importante solleva: uno strumento così potente, comporta dei rischi. Quello che possiamo fare è stabilire regole chiare, pur rimanendo coscienti che i pericoli continueranno ad esserci, perché non possiamo controllare i comportamenti che escono dai confini dei protocolli ufficialmente autorizzati. Su questo è importante mantenere alta l’attenzione.

Fonte| "Adopt a moratorium on heritable genome editing" pubblicato su Nature il 13 marzo 2019

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