Ti puoi infettare e ammalare anche dopo che ti sei sottoposto al vaccino anti-Covid? Probabilmente avrai sentito la storia della dottoressa Antonella Franco, la direttrice del reparto Malattie Infettive dell’ospedale Umberto I di Siracusa che è risultata positiva al Coronavirus sei giorni dopo la prima iniezione di vaccino.
Contrarre il virus nonostante l'iniezione può quindi succedere ma non devi preoccuparti, e non solo perché il vaccino non causa la malattia da cui ti sta difendendo. La spiegazione e quindi anche la rassicurazione stanno nel fatto che il vaccino Pfizer/BioNTech, l'unico ad oggi autorizzato in Italia, necessita di due somministrazioni: due iniezioni a distanza di 21 giorni l’una dall’altra che permettono al farmaco di raggiungere la sua efficacia del 95%. L’aveva specificato anche l’Aifa e ora il dottor Albert Kasongo, medico vaccinatore del Centro Santagostino di Milano, ci ha spiegato nel dettaglio quali sono i casi in cui l’infezione “sfuggirebbe” al vaccino e perché è strettamente necessaria la seconda dose.
Come ti dicevo: niente panico. È la prima sottolineatura importante che il dottor Kasongo ha tenuto a fare in risposta alle nostre domande sul caso della primaria positiva dopo il vaccino. Questo perché, ha spiegato, “il vaccino non può assolutamente causare l’infezione o l’insorgenza della malattia. Non c’è alcuna causa-effetto”.
Ci si può infettare e ammalare dopo il vaccino, dunque? La risposta è sì e ciò può avvenire tendenzialmente in due casi: “Se una persona sta incubando il virus, perché il vaccino non previene l’insorgenza di un’infezione già presente nell’organismo. E poi se una persona che ha ricevuto la prima dose di vaccino venisse successivamente in contatto con il virus prima di effettuare la seconda vaccinazione”.
Perché il nostro organismo possa sviluppare l’immunità è necessario del tempo, la protezione infatti non si crea immediatamente dopo la prima dose e il vaccino ha bisogno di giorni per dare avvio alla sintesi degli anticorpi. “Resterebbero quindi delle possibilità di infettarsi fino alla somministrazione della seconda dose – ha spiegato il dottor Kasongo – Sappiamo infatti che dopo una settimana dalla seconda iniezione si raggiunge l’efficacia del 95%”.
Il caso della primaria positiva nonostante il vaccino, dunque, rientrerebbe proprio in questo scenario: il virus era già presente all'interno del suo organismo e aveva effettuato una sola iniezione di vaccino, lasciandolo di fatto incompleto.
Quando una dopo l’altra le aziende farmaceutiche hanno annunciato l’arrivo dei propri vaccini, l’efficacia è stato il primo dato a cui ci siamo aggrappati tutti.
Dire che il vaccino Pfizer/BioNTech ha un’efficacia del 95% equivale a dire, in sostanza, “che nel 95% delle persone che si sottopongono al vaccino non si svilupperà alcun tipo di infezione grazie alla presenza, nell’organismo, della cosiddetta immunità specifica” ha continuato il medico vaccinatore, sottolineando quindi che “nel peggiore dei casi può succedere che la persona vaccinata sviluppi sì la malattia ma in una forma blanda e lieve che non provocherebbe problemi gravi”.
Il vaccino non causa l’infezione o la malattia. Non c’è alcuna causa-effetto
Il vaccino, come sai, contiene il cosiddetto Rna messaggero: non utilizza, dunque, virus attivi, ma solo una componente genetica che porta nell’organismo della persona vaccinata l’informazione per produrre anticorpi specifici. L’mRNA del vaccino, come tutti gli mRNA prodotti dalle cellule, si degrada naturalmente dopo pochi giorni e non causa quindi la malattia da cui ti sta proteggendo.
Per capire l’importanza e l’indispensabilità della seconda dose serve capire come funziona il vaccino. L’Rna messaggero contiene quindi le istruzioni necessarie alle nostre cellule per sintetizzare a loro volta le proteine Spike, gli “arpioni” con cui il virus si insinua all’interno delle cellule. Con la somministrazione della prima dose, vengono prodotte queste proteine Spike che, a loro volta, stimolano il sistema immunitario a produrre gli anticorpi specifici.
Questi anticorpi, che sono prodotti dai linfociti B, il dottor Kasongo li ha descritti come “una sorta di «reparto speciale». Quando nel nostro organismo è presente l’antigene, ovvero la proteina Spike, il sistema immunitario costruisce una specie di identikit, una memoria del virus, da cui vengono poi sviluppate le immunoglobuline specifiche per questo identikit: se l’organismo dovesse incontrarlo, il virus verrebbe quindi riconosciuto e attaccato”.
A questo punto entra in gioco il fattore tempo. Perché i primi anticorpi “compaiono orientativamente dopo un paio di settimane dalla prima iniezione”. Solo una settimana dopo la seconda dose, si otterrebbe invece la protezione massima. “Per poter parlare di immunità, dunque, la seconda dose è imprescindibile – ha concluso il dottor Kasongo – Effettuata almeno 21 giorni dopo la prima, la seconda iniezione agisce da dose booster, dà cioè una spinta in più al sistema immunitario per produrre la percentuale di anticorpi mancante garantendo quindi un’efficacia ancora maggiore. Possiamo dire che con la prima dose si sviluppa circa l’80% delle cellule immunitarie necessarie, e il restante 20% arriva con la seconda dose”.
Ti sarà chiaro, dunque, che la protezione immunitaria dall’infezione da virus Sars-CoV-2 è completa soltanto dopo che viene effettuata anche la somministrazione della seconda dose del vaccino.