Quali pesci mangeremo in Italia nel 2050: gli effetti del riscaldamento degli oceani sulla nostra tavola

Hai mai provato a immaginare un pranzo di pesce nel 2050? Lo abbiamo fatto noi per te. Uno studio pubblicato su Nature ha dimostrato come la temperatura dei mari si stia scaldando sempre di più dal 2019. Ci siamo chiesti quindi: cosa mangeremo in futuro?
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Francesco Castagna 15 Gennaio 2024

Non sapere che pesci pigliare è un antico proverbio che indica incertezza sulle situazioni future. In questo caso il detto calza a pennello: nel 2050, con gli effetti del riscaldamento degli oceani, ciò che pescheremo sarà molto probabilmente diverso rispetto ai giorni d'oggi. Le ultime ricerche lo dimostrano, gli oceani di tutto il mondo sono sempre più caldi, a causa delle azioni dell'uomo, e nello specifico il Mar Mediterraneo si starebbe riscaldando tre volte più velocemente, con il rischio di far sparire numerose zone, abitate e non, dell’Italia.

Quindi quello che ci siamo chiesti è proprio: ma cosa mangeremo nel 2050? Già nel 2023 abbiamo sperimentato l'arrivo sulle nostre tavole del granchio blu, una specie aliena invasiva che proviene dalla Coste occidentali dell'Oceano atlantico. A tal proposito avevamo intervisto la biologa marina Carlotta Santolini, che ci aveva detto che: "Mi sono resa conto effettivamente del problema delle specie aliene, in particolare del granchio blu. Da lì sono stata a Policoro, in Basilicata, a pescare i granchi blu in laguna e ho appurato come, in zone dove prima pescavano tanto, ora si peschino solo granchi blu. Questo perché non c'era nient'altro". Per questo motivo aveva proposto come quella soluzione, adottata poi da diversi chef ed esperti in seguito, di mangiarli per ridurre la loro presenza.

Ecco, in futuro la situazione potrebbe essere proprio quella che ti abbiamo appena descritto. Un Mar Mediterraneo pieno di specie nuove con cui familiarizzeremo con il passare del tempo. Certo, c'è sempre da ricordare che questi fenomeni sono legati alle attività di sovrapesca e di continua estrazione dei combustibili fossili, che contribuiscono al riscaldamento dei mari. Per l'Italia l'industria dell'itticoltura è molto importante, pensa che è il terzo Paese per produzione nell'Unione europea. Nonostante la domanda sia cresciuta abbondantemente negli ultimi 50 anni, quel che possiamo immaginare è che mangeremo sempre più pesci da allevamento che pescati in natura. Non solo, perché l'avvento dei prodotti coltivati o riprodotti in 3D ci lascia immaginare che in futuro mangeremo sempre più alimenti da laboratorio con le stesse caratteristiche di quelli che si trovano in mare.

Il pesce del 2050

Ma quindi, che pesce mangeremo? Provando a fare una previsione logica, molto probabilmente abbandoneremo il consumo delle specie tipiche dei mari del Nord: merluzzo, sogliola e platessa. A entrare nella nostra alimentazione saranno i pesci tropicali, che già abitano nel Mar Mediterraneo. È quasi certo che i nostri nipoti mangeranno, a differenza nostra: pesce pappagallo, il pesce palla, i barracuda. Ma anche il pesce scorpione, pesce coniglio scuro e pesce coniglio striato. In più, con un mare sempre più caldo, saranno sempre più frequenti i bloom di meduse. Tutti animali che molto probabilmente cominceremo a introdurre nella nostra alimentazione, anche solo per la loro eccessiva disponibilità.

Lo studio

Questo per dirti che, come conferma uno studio pubblicato su Nature, gli oceani hanno battuto i record di calore per cinque anni di fila. "Nel 2023 il calore immagazzinato negli oceani del mondo è aumentato con il maggior margine di sempre", spiegano i ricercatori. In sostanza, nel 2050 il nostro Paese sarà a tutti gli effetti un posto tropicale, il che ci porterà a modificare radicalmente le nostre abitudini. La ricerca ci rivela che è dal 2019 che il Mar Mediterraneo si sta scaldando ogni anno di più. "Gli oceani immagazzinano il 90% del calore in eccesso nel sistema terrestre. Finché il livello di gas serra rimarrà relativamente alto nell'atmosfera, gli oceani continueranno ad assorbire energia, portando all'aumento del calore negli oceani", ha detto Cheng Lijing, oceanografo dell'IAP e autore principale del lavoro.

Fonte| Nature;