Santi (Direttore della ricerca CNR) a Ohga: “La chiave per la decarbonizzazione è la mobilità condivisa”

Per decarbonizzare i trasporti e raggiungere gli obiettivi europei per garantire la neutralità climatica entro il 2050 l’Italia e l’Europa dovranno investire in soluzioni tecnologiche realistiche, responsabilizzando i cittadini e allineando le azioni in settori chiave. Ne abbiamo parlato con il Dr. Paolo Santi, Direttore della ricerca dell’Istituto di Informatica e Telematica del CNR e Direttore del Fraunhofer.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Rubrica a cura di Francesco Castagna
20 Settembre 2022
Intervista a Paolo Santi Direttore della ricerca dell'Istituto di Informatica e Telematica del CNR e Direttore del Fraunhofer.

Il settore dei trasporti, come sappiamo, è uno di quei campi in cui dobbiamo intervenire significativamente per attuare un processo di decarbonizzazione. I trasporti in Italia sono responsabili di un quarto delle emissioni di gas serra.

In particolare, secondo l'ISPRA,  le auto sono responsabili del 69% delle emissioni, il traffico merci per il 25%, mentre autobus e motocicli inquinano per il 3% delle emissioni totali.  Sta l'altro, secondo un rapporto dell'AIRP (Ass. Italiana Ricostruttori Pneumatici), "In Italia soltanto il 44,7% degli autobus pubblici circolanti è di categoria Euro 5 o Euro 6. Oltre uno su due dei quasi 52 mila autobus pubblici oggi in circolazione appartiene quindi alle categorie emissive da Euro 0 a Euro 4".

I Paesi membri, per rimanere in linea con gli obiettivi europei, dovranno decarbonizzare il settore del gas e promuovere l'integrazione intelligente tra i settori. Per quanto riguarda l'Italia, ne abbiamo parlato con il Dr. Paolo Santi, Direttore della ricerca dell'Istituto di Informatica e Telematica del CNR e Direttore del Fraunhofer.

Per una corretta transizione ecologica intervenire sul sistema dei trasporti è fondamentale, con i fondi del PNRR dovremmo pensare alla realizzazione di nuove opere. Per esempio, il Ponte sullo Stretto è un progetto fattibile o no? 

Riguardo al Ponte sullo Stretto, come tutti i grandi progetti non c’è una risposta secca si/no, ma più una valutazione costi/benefici. Come si sa, i costi di questa opera sono molti alti, quindi anche i benefici nel medio/lungo tempo dovrebbero esserlo per poter compensare i costi. Da un punto di vista strettamente “trasportistico”, avere un ponte che collega la Sicilia con la Calabria, invece che collegamenti marittimi, contribuirebbe sicuramente in maniera notevolissima ad incrementare l’interscambio fra le due regioni, specialmente per le zone più vicine allo Stretto.

Oltre alla diminuzione effettiva del tempo di viaggio per attraversare lo Stretto, ci sarebbe infatti anche l’effetto psicologico di non dover cambiare mezzo di trasporto (auto o treno, invece di dover prendere il traghetto), che è ben noto in letteratura avere un effetto anche maggiore sulla percezione di quanto un viaggio sia accettabile. Quanto questi effetti benefici dal punto di vista “trasportistico” siano sufficienti per compensare gli altissimi costi dell’opera è oggetto di dibattito, non credo che si possa dare una risposta definitiva a riguardo.

Come dovrebbero procedere i comuni, per attuare un corretto processo di decarbonizzazione?

Per quanto riguarda il trasporto, i comuni dovrebbero mettere sempre più a disposizione dei cittadini modalità di trasporto flessibili e condivise. Queste modalità sono attualmente disponibili (in qualche modalità) solo per comuni molto grandi. L’Italia è del resto la patria dei comuni medio/piccoli, per cui l’unico modo per incidere veramente nel processo di decarbonizzazione è trovare un modo di rendere disponibili queste modalità di trasporto a ridotto impatto ambientale anche nei comuni medio/piccoli.

I suoi studi si concentrano soprattutto sulla mobilità e sui sistemi di trasporto intelligenti, come possono aiutare per ridurre l'inquinamento? In Italia vengono applicati abbastanza e in che modo?

I sistemi di trasporto intelligente posso sicuramente contribuire alla riduzione dell’inquinamento, cercando di “adattarsi” alle esigenze di mobilità  della popolazione, orchestrando i flussi di traffico, e rendendo possibile la realizzazione di nuove forme di trasporto.

Penso che l’ultimo punto, riguardo specialmente alla realizzazione di forme di trasporto condivise che non siano semplicemente la metropolitana e l’autobus, possano contribuire notevolmente alla riduzione dell’impatto ambientale del trasporto urbano.

In Italia purtroppo le forme innovative di mobilità non sempre riescono ad essere applicate, specialmente quando vengono a trovarsi in conflitto con gruppi di interesse pre-esistenti. Così, mentre in Italia hanno trovato buona diffusione nuove forme di modalità di trasporto quali car-sharing, bike-sharing, e scooter elettrici, altre innovazioni (mobilità on-demand con piattaforme tipo UBER) sono di fatto inesistenti a causa dell’opposizione di gruppi di interesse (ad esempio, i tassisti).

In quanto tempo è pensabile un passaggio in larga scala alle auto elettriche? L'elettrico per impatto ambientale continua a essere la soluzione, o dobbiamo ridurre proprio il numero di macchine?

Il passaggio in larga scala alle auto elettriche avverrà nel giro di alcuni anni, direi 5-10. Questa transizione sta ricevendo una grossissima spinta dalla politica, vedi ad esempio la recente decisione delle Comunità Europea di permettere esclusivamente la vendita di veicoli nuovi elettrici a partire dal 2035. Come conseguenza di questa spinta, tutti i maggiori produttori mondiali di auto stanno introducendo sempre più modelli elettrici sul mercato, contribuendo, tramite meccanismi di economia di scala, a ridurre (lentamente) il costo di acquisto dei veicoli elettrici.

Riguardo alla domanda se il passaggio ai veicoli elettrici sia “la soluzione” per risolvere i problemi legati all’impatto ambientale del traffico, ci sono notevoli dubbi al riguardo. In fin dei conti, un veicolo elettrico sposta la sua impronta ambientale dalle strade alla centrale elettrica, che produce l’elettricità necessaria per il suo funzionamento. Se si considera l’impronta ambientale complessiva di un veicolo elettrico (che considera la fase di produzione, utilizzo, e dismissione della vettura), questa non è molto minore rispetto a quella di un veicolo tradizionale, ed in alcuni casi addirittura superiore (per esempio, per gli auto-articolati).

Per questo motivo, si rende necessario ripensare il nostro modello di trasporto, utilizzando il più possibile forme di mobilità condivisa in modo da contribuire in maniera più decisa alla riduzione dell’impatto ambientale della mobiltà urbana.

Questo articolo fa parte della rubrica
Il mio interesse per il giornalismo nasce dalla voglia di approfondire tutto ciò che oggi giorno accade sempre più velocemente. Unisco altro…