Scoperto un biomarcatore per la diagnosi precoce per due malattie neurodegenerative

La diagnosi di malattie neurodegenerative come SLA e FTD potrebbe vantare un nuovo dato fondamentale, un biomarcatore che permetterà di affrontare queste due malattie con più consapevolezza. Il neurofilamento a catena leggera sarà fondamentale anche per essere sicuri che le terapie stiano funzionando correttamente.
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Valentina Rorato 12 Luglio 2021
* ultima modifica il 11/09/2021

Le malattie neurodegenerative sono molto difficili da diagnosticare e ovviamente da curare, ma la scienza sta aprendo le porte di un nuovo futuro, un futuro ricco di speranza. È allo studio l’identificazione di un biomarcatore, quindi un dato biologico rilevabile attraverso le analisi. Di che cosa si tratta? Il candidato è la  proteina definita “neurofilamento a catena leggera” (NFL), molto importante sia per la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) sia per la Demenza Frontotemporale (FTD), due malattie accomunate in una unica base patogenetica.

Non è la prima volta che viene studiato il neurofilamento a catena leggera. In origine è stato identificato nel liquido cerebrospinale, ma grazie alle moderne tecnologie pare si possa isolare anche nel sangue e rappresenta un indizio fondamentale per la diagnosi della malattia, ma anche per comprendere la gravità della patologia e un’eventuale risposta alla terapia.

Queste informazioni sono raccolte in una revisione, pubblicata su Frontiers in Neuroscience da  Federico Verde, Markus Otto e Vincenzo Silani dell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano – Università degli Studi di Milano, Centro “Dino Ferrari” in collaborazione con l’Università di Ulm in Germania.

Il NFL fa parte di una sorta di impalcatura interna delle cellule nervose; quando queste degenerano per effetto di patologie quali la SLA e la FTD, rilasciano al loro esterno frammenti di tale impalcatura, tra i quali appunto il NFL, che pertanto possono essere rilevati e quantificati nei liquidi biologici. Ciò ci fornisce informazioni sul tipo, l’entità e la velocità della degenerazione delle cellule nervose”, ha spiegato Federico Verde, Ricercatore della Università degli Studi di Milano. “Le evidenze finora accumulate dimostrano che il NFL può supportare la diagnosi della SLA e della FTD, fornire informazioni utili nella prognosi e – dato di notevole importanza in prospettiva – aiutare a misurare la possibile efficacia dei trattamenti che vengono e verranno sperimentati per l’una e per l’altra malattia”.

E non è tutto, perché secondo Vincenzo Silani, ordinario in Neurologia della Università degli Studi di Milano e Direttore della UO di Neurologia dell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano: “È possibile che il NFL, affiancato ad altri biomarcatori, possa amplificare la propria specificità fornendo un riferimento insostituibile per la gestione di pazienti con patologia neurodegenerativa, entrando nel bagaglio degli esami da acquisire per il corretto inquadramento dei pazienti affetti da SLA e/o FTD”.

Questa ricerca è davvero un lavoro importante ed è un riferimento per il presente e il futuro. Per anni patologie come SLA e FTD sono rimaste senza biomarcatori e ora possono vantare una priorità tra le malattie neurodegenerative.

Fonte | Revisione “Neurofilament Light Chain as Biomarker for Amyotrophic Lateral Sclerosis and Frontotemporal Dementia” pubblicata su Frontiers in Neuroscience il 21 June 2021.

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