Appaiono nel cielo come veloci treni di stelle, perfettamente allineati e brillanti: sono i satelliti della costellazione Starlink, realizzati dalla Space X di Elon Musk, un programma spaziale basato sulla collocazione in orbita bassa (ovvero sotto i 2.000 km di altitudine) di circa 12.000 mini-satelliti per offrire un servizio di collegamento internet ad alta velocità in qualsiasi parte del Pianeta. Una sfida tecnologica e commerciale imponente, che sta però avendo impatti significativi non solo da un punto di vista politico-strategico, ma anche astronomico e ambientale.
Ne abbiamo parlato con il Dott. Paolo Benvenuti astronomo e Segretario Generale dell’Unione Astronomica Internazionale (IAU).
Presentato nel 2015, il progetto Starlink ha visto la messa in orbita dei primi satelliti nel 2019. Secondo il cronoprogramma, la prima fase si concluderà nel marzo 2027 con il lancio degli ultimi satelliti che porteranno la costellazione a circa 11.000 unità. Al momento sono in orbita circa 6.000 satelliti. La seconda fase del programma, che dovrebbe impegnare il periodo 2028-2030, prevede il lancio di ulteriori unità di seconda generazione, con un aumento della costellazione a circa 42.000 elementi.
Un numero enorme di satelliti che si somma alle decine di migliaia di detriti spaziali. È stato calcolato che, quando l’intera costellazione sarà in orbita, il numero totale di satelliti osservabili in una notte intera sarà di ben 1.200! L’obiettivo di Starlink è certamente nobile, va trovato però un compromesso per non penalizzare l’astronomia, quali sono, infatti, gli impatti per l’osservazione del cielo?
Il sovraffollamento di satelliti e detriti spaziali può rappresentare una minaccia per diverse infrastrutture astronomiche non soltanto in orbita ma anche a terra. Il passaggio di uno sciame di micro-satelliti, per esempio, disturba l’osservazione del cosmo con un effetto che potrebbe ostacolare il riconoscimento di asteroidi a rischio impatto con la Terra. I satelliti artificiali sono osservabili dal suolo dopo il tramonto, tuttavia, trovandosi spesso ad altissima quota, vengono ancora illuminati dal sole risultando luminosi come una stella. La presenza di pannelli solari molto grandi, inoltre, li rende soggetti a dei “brillamenti”, dei flash, non facilmente prevedibili, con la riflettività che cambia spesso in funzione dell’altitudine.
Se consideriamo ora un telescopio come il FlyEye, progettato proprio per riconoscere eventuali asteroidi “NEO” (Near Earth Objects) che potrebbero impattare con il Pianeta, l’ampio campo di vista consentirà la “cattura” di numerosi satelliti orbitanti il cui passaggio potrebbe rovinare l’immagine ottenuta dal telescopio, rendendo difficoltoso il riconoscimento di eventuali asteroidi pericolosi.
Da anni, l’Unione Astronomica Internazionale (IAU), istituzione da oltre un secolo impegnata nella salvaguardia delle scienze astronomiche, si esprime sulla necessità di trovare soluzioni per risolvere il problema di un “sovraffollamento satellitare”.
Ne abbiamo parlato con il Dott. Piero Benvenuti, astronomo e già Segretario Generale dell’IAU.
Dott. Benvenuti, abbiamo un cielo sempre più affollato, non esiste un limite al lancio di satelliti?
Ad oggi non ci sono limiti nella messa in orbita di satelliti commerciali, tuttavia i lanci vengono autorizzati tramite due permessi, uno rilasciato dall’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni e un altro dato dalle varie agenzie nazionali. Ovviamente le agenzie non vanno contro gli interessi dei propri Paesi e nessuno immaginava che ogni anno si dovessero lanciare decine di migliaia di satelliti, quindi rimane un problema aperto.
Come si può coniugare dunque lo sviluppo delle costellazioni satellitari con l’osservazione astronomica?
Innanzitutto si dovrebbe agire sul design dei satelliti. Una soluzione sarebbe quella di renderli meno riflettenti ai raggi solari, questo avrebbe il vantaggio di non rovinare l’osservazione notturna, grazie alla rimozione della traccia di passaggio dalle immagini ottenute dai telescopi. Starlink ha lavorato in tal senso, ma ancora siamo lontani dall’ottenere risultati soddisfacenti.
Un’altra soluzione potrebbe essere il monitoraggio di precisione della posizione dei satelliti. L’informazione dovrebbe essere disponibile perché, in teoria, i parametri orbitali sono pubblici, ma questi non sono sufficientemente accurati o aggiornati per poter fare previsioni. L’IAU si sta accordando con le compagnie che stanno attivando sistemi di monitoraggio, ma ci sarà bisogno di investimenti per sviluppare soluzioni che siano disponibili per tutti.
A proposito, qual è l’impegno dell’Unione Astronomica sul tema?
L’IAU ha fondato il Centro per la protezione del cielo notturno dalle interferenze delle costellazioni satellitari (brevemente IAU-CPS) che riunisce vari stakeholders. Il dialogo con i produttori, per esempio, ha fatto sì che IRIS2, la costellazione di satelliti dell’Unione Europea, si sia rivolta all’IAU per avere indicazioni su come realizzare satelliti a basso impatto per le osservazioni astronomiche.
Facciamo inoltre parte del Comitato ONU per l’uso pacifico dello spazio (COPUOS) che ha il ruolo di ricercare e studiare i problemi che possono sorgere dall'uso umano dello spazio extra-atmosferico anche attraverso l’indicazione di regolamenti. Purtroppo siamo ancora indietro su questo, ma l’IAU ha chiesto e ottenuto l’inserimento del tema dell’impatto delle costellazioni di satelliti sull’astronomia nell’agenda dei prossimi incontri e per i prossimi cinque anni.
Esistono altri problemi che possono derivare dal lancio massivo di satelliti?
Alcuni Stati non vedono bene l’impiego di tecnologie satellitari come Starlink: è il caso di Russia e Iran, per esempio, contrar il primo perché consente agli ucraini di avere accesso a internet e il secondo perché consente agli iraniani di avere accesso alla rete senza il controllo del governo. I satelliti potrebbero diventare presto obiettivi militari.
Poi c’è il tema dei rifiuti spaziali e dell’inquinamento dell’alta atmosfera. Il rientro dei satelliti, che contengono tantissimi metalli anche preziosi, prevede che gli stessi precipitino in maniera controllata bruciando all’ingresso con l’atmosfera. Purtroppo ad oggi non sappiamo quale sia l’impatto ambientale relativo e quali possano essere le conseguenze a lungo termine: si tratterebbe di migliaia di satelliti che nell’arco di decenni brucerebbero in alta atmosfera. Servono maggiori studi a riguardo ed essere prudenti non sarebbe male.