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Stop auto a benzina e diesel nel 2035, parla il Direttore di Anfia a Ohga: “Oltre all’elettrico chiediamo carburanti green”

Stop alla vendita di auto a benzina e diesel entro il 2035? Il governo italiano non è così d’accordo con la proposta Europea. Ohga ha parlato con il Direttore Generale dell’Associazione Nazionale Automobilistica (Anfia), per comprendere al meglio il pensiero del comparto automotive italiano sul tema e sentire da loro quali possono essere le soluzioni migliori per attuare una riconversione industriale.
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Mattia Giangaspero 11 Gennaio 2023
Intervista a Gianmarco Giorda Direttore Generale ANFIA e Amministratore Delegato Anfia Service (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica)

Era la mattina del 29 dicembre quando la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni dà inizio alla conferenza di fine anno del governo italiano e tra i tanti temi di cui ha parlato, ha anche espressamente indicato la sua opinione in merito allo stop, nel 2035, di produzione e vendita dei veicolo con motore termico (benzina, diesel, metano e ibrido).

"Non produrre più motori a combustibili fossili nel 2035 è irragionevole. Lo considero profondamente lesivo per il nostro sistema produttivo. Mi pare che sia una materia su cui c'è convergenza trasversale a livello italiano ed intendo utilizzare questa convergenza per porre la questione con forza"

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Un messaggio, lanciato dalla Premier, che va in controtendenza rispetto a quanto ha deliberato, con Direttiva, il Parlamento Europeo lo scorso giugno. Lo stop totale alle vetture a benzina o diesel fa parte poi di un documento molto più ampio che fissa un traguardo.

I Paesi UE dovranno collocare centraline di ricarica per l'elettrico ogni 60km e nel caso di auto a idrogeno ogni 150km

Si tratta del Fit for 55, un programma che prevede il taglio del 55% di emissioni nette di CO2 entro il 2030. E proprio per il 2030, nel comparto automobilistico, si inizieranno a vedere i primi cambiamenti. I nuovi veicoli dovranno emettere il 55% in meno rispetto al 2021 e al contempo i Paesi membri dovranno collocare centraline di ricarica per l'elettrico ogni 60km e nel caso di auto a idrogeno ogni 150km.

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Una rivoluzione industriale

Mancano, quindi, esattamente 12 anni e 10 giorni e non vedrai più circolare un veicolo a motore termico, ma se per te si tratta ancora di molto tempo, per il settore dell'automotive è come se fosse domani. La transizione metterà a rischio molti posti di lavoro nell'industria dell'auto e non solo perché cambiano i tipi di competenze di cui ci sarà bisogno, ma anche perché i motori elettrici richiedono molta meno manodopera di quelli a combustione interna. Il settore, però, presenta già forti criticità dal lato occupazionale. A livello europeo, nel 2019 venivano prodotte 15 milioni di macchine e gli occupati erano 12,8 milioni, compreso l’indotto della filiera. Nel 2021 la produzione scende sotto i 10 milioni e nell’anno appena passato cala ancora fino ai 9,6 milioni di veicoli immatricolati. Confrontando questi ultimi dati forniti da Acea, Associazione europea dei produttori di automobili, con i numeri pre-pandemici (risalenti al 2019), il mercato automotive europeo potrebbe perdere il 26% in termine di volume. Una delle cause può essere la guerra in Ucraina, un'altra causa può essere l'aumento dei prezzi e un'altra ancora lo stoccaggio di energia. L’offerta del comparto, infatti, è stata carente vista la scarsa reperibilità di componenti per i veicoli. Adesso invece può esserci un calo anche della domanda a causa dell’inflazione e di una paura legata ad una possibile recessione.

A giugno 2022 in Italia sono 268.300 gli occupati. Nel 2018 erano 302.000

Anche osservando il fenomeno solo nel nostro Paese i numeri non sono incoraggianti. Secondo Anfia, l'Associazione Nazionale Filiera industria automobilistica, a giugno 2022 il settore dell'automotive italiano contava 268.300 occupati. Dato in calo rispetto al periodo pre-crisi (2018) che vedeva un'occupazione di 302mila persone.

Se questo è già il quadro occupazionale europeo e italiano, cosa potrà accadere in futuro con la transizione energetica?

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I dubbi sullo stop

Le preoccupazioni che ha lanciato il governo e che proviamo ad analizzare, riguardano solo il lato economico occupazionale o se volessimo inglobare nel tema anche l'istallazione di punti di ricarica, potremmo dire anche infrastrutturale.

Le auto incidono solo per il 10% di emissioni di CO2 a livello globale sul totale

È giusto ricordare che le auto incidono solo per il 10% di emissioni di CO2 a livello globale sul totalee che per questo motivo mettere a rischio posti di lavoro e introiti economici non va a genio al governo.

Una soluzione può essere quella di adottare nuovi modelli energetici, per esempio carburanti bio a zero emissioni?

Come possiamo riconvertire un intero comparto in così poco tempo?

La Presidente del Consiglio ha messo in discussione la questione. Noi proviamo a capire verso quale direzione sta andando il fenomeno e cerchiamo di sollevare dubbi in merito a quali problemi il settore dell'automotive va in contro.

Serve una proroga? Ecco cosa manca

Allora, per provare a dare, anche, alcune risposte Ohga ha deciso di sentire il Direttore generale, nonché Amministratore Delegato di Anfia, Gianmarco Giorda.

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Direttore, perché credete sia necessario prorogare lo stop del 2035 su produzione e vendita di macchine a benzina e diesel? 

"Noi di Anfia non pensiamo ad una proroga dei tempi, ma abbiamo chiesto da un po’ di tempo un approccio neutrale dal punto di vista tecnologico al tema della mobilità sostenibile. È giusto dare dei target della riduzione di CO2.  Quello che pensiamo non sia corretto è che la politica debba anche scegliere in che modo questi obiettivi raggiungerli. Quello che abbiamo chiesto, ad esempio al 2035, è di arrivare a questi target ambiziosi non solo grazie all’elettrico. Ci sono tecnologie che riguardano i carburanti sintetici, o bio che in termini di emissione allo scarico non hanno un impatto zero come l’elettrico, però se dovessimo guardare tutto il ciclo di vita dell’auto sicuramente contribuiscono alla riduzione della CO2. I carburanti sintetici vengono prodotti catturando CO2 dall’atmosfera, il loro problema può essere legato al costo di produzione.
Vorremo tenere aperte più strade rivolte a diverse tecnologie, anche perchè da qui a 5, o 7 anni potremmo cambiare la metrica di giudizio dell’emissione di una vettura. Si potrebbero valutare le emissioni di CO2 non solo allo scarico, ma nel ciclo di vita totale dell’auto e a quel punto potrebbero esserci risvolti importanti."

"Il 2026 è una finestra di opportunità per parlare di questo tema perché a livello europeo si farà un check sull’avanzamento dei lavori verso il 2035. Verrà fatta una valutazione dal punto di vista infrastrutturale sul rapporto tra colonnine presenti sul territorio europeo e vetture elettriche circolanti."

"Ultimo tema riguarda il consumatore e se questi è in grado di accogliere in maniera positiva il fatto che un auto elettrica continui a costare molto di più di un’auto tradizionale anche in presenza di incentivi."

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Come mai il settore dell’automotive in Italia non riesce ad attuare una riconversione entro quella data? Cosa è mancato negli anni passati, o cosa manca per attuarlo?

"L’Italia non è posizionata dal punto di vista industriale molto peggio rispetto ad altri Paesi europei come la Germania o la Francia. Noi veniamo da una cultura automotive in cui la componentistica auto aveva delle competenze specifiche sui power train più tradizionali. Rispetto ad altri Paesi abbiamo meno competenze sull’elettronica e su altri domini tecnologici dove magari le altre Nazioni sono un po' più avanti. C’è, però, un tema che va affrontato a livello europeo, più che per i singoli Paesi. L’auto elettrica si fonda su un componente che fa la differenza. Si tratta della batteria. Oggi il Know-how, le materie prime, tutto ciò che serve per assemblare e costruire batterie sono per l’80% ad appannaggio della Cina. Non mi riferisco solo alle Giga Factory, che nei prossimi anni si affermeranno anche in Europa."

"Quel che si racconta poco è che le competenze vere non sono sull’assemblaggio finale delle batterie, ma sono su tutta la fase che sta a monte dell’assemblaggio. Mi riferisco all’estrazione dei minerali che sono utilizzati per fare le batterie, la raffinazione chimica di questi metalli. Tutta questa parte di attività che più o meno vale un 50% della batteria viene solo svolta dalla Cina. Questa è la cruda e nuda realtà delle cose."

"Noi come Europa e Italia dovremo essere in grado di portare nel nostro Continente delle attività di questo tipo, anche se non si può parlare di estrazioni di alcuni minerali come Litio o Cobalto perché non ci sono. Tutta la parte di raffinazione e trattamento però sì e se non dovessimo farlo, rischiamo di aumentare la nostra dipendenza dalla Cina. La stessa Cina, poi, attua questi processi senza rispettare regolamenti ambientali. Il Lito, il Cobalto o il Nichel, quando vengono trattati, producono sostanze chimiche dannose."

Se dovessero risolvere i problemi normativi o legati all’occupazione sareste a favore dello stop 2035?

"Ecco, quello che mi piace sempre sottolineare è che noi come Anfia non abbiamo assolutamente nulla contro l’elettrico, anzi ci crediamo e vogliamo puntarci in maniera seria."

"Sarebbe anacronistico pensare che questo non sia un percorso da intraprendere. Tutti i maggiori costruttori anche stanno puntando all’elettrico ormai da tempo e se non dovessimo riuscire ad agganciarci a questo treno perderemmo competitività dal punto di vista industriale."

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La soluzione?

Tenendo anche a cuore l’ambiente e la mobilità sostenibile quale pensate possa essere la soluzione migliore da applicare, non solo in Italia, ma a livello Europeo? 

"Bisogna creare un polo di competenze legato all’elettrico, a tutte le tecnologie che compongono la costruzione di un auto elettrica, in qualche caso anche in sostituzione di competenze legate al motore endotermico che con il tempo sono destinate a diventare meno importanti rispetto a oggi."

"E qui bisogna intervenire soprattutto su aziende che lavorano in quei domini più tradizionali aiutandole nella riconversione. Non tutti ce la faranno, però bisogna provare con delle politiche industriali ad aiutare più aziende possibili."

"Dal lato del consumatore, almeno per i prossimi anni bisogna continuare ad incentivare l’acquisto con dei bonus, magari con soglie di prezzo maggiori, perché i prezzi delle auto elettriche sono ancora molto alti rispetto ad auto tradizionali. Ampliare gli stessi incentivi anche per le società di noleggio fino al 100%, adesso possono solo al 50%. Il terzo pilastro sono le infrastrutture che devono essere capillari. Parlo delle colonnine elettriche."

"Ci sono tante cose da fare tutte insieme e bisogna farle bene altrimenti rischiamo di creare una transizione che magari lascia anche feriti o vinti per la strada, senza portare ad un reale vantaggio per la collettività."

Il Marchio italiano perderebbe appeal economico, mediatico con lo stop del 2035 dei motori termici? 

"Per le supercar sicuramente l’elettrico sarà una tecnologia che verrà adottata nei prossimi anni. Forse però ci saranno ancora delle supercar per appassionati che verranno usate in pista, con motore a benzina. Le performance delle auto elettriche sono comunque interessanti, hanno dimostrato di avere un ottima ripresa, manca il rumore, vero, ma si potrebbe ricreare artificiosamente. Mi sembra che anche il cliente tipo di auto sportive non veda negativamente il passaggio all’elettrico."