Terapia dei viaggiatori: quel treno che ti porta lontano (pur rimanendo fermo)

Il vagone di un treno, un finestrino un po’ speciale, un compagno di viaggio che ti osserva, ti ascolta e, se vuoi, interagisce con te. Per la rubrica “Il bene in ogni cosa”, oggi ti racconto della Terapia dei viaggiatori, quel viaggio virtuale in cui l’anziano può sentire che sta tornando a casa.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Rubrica a cura di Sara Del Dot
23 Aprile 2019

Una signora molto anziana sale sul vagone e prende posto. Poco dopo il treno parte e pian piano il paesaggio fuori dal finestrino comincia a scivolare accanto a lei. Chilometro dopo chilometro, la signora comincia a vedere le sue colline, le sue strade, il suo lago, le sue amate isole. Sta tornando a casa. E mentre si avvicina al suo paese, inizia a riconoscere meglio i luoghi. A ricordare momenti della sua infanzia cui hanno fatto da cornice. A volte rivolge qualche parola al suo compagno di viaggio che le risponde, la osserva. Quel treno la sta portando lontano. Anche se, in realtà, rimane fermo. Fuori dal vagone, infatti, non c’è una banchina né una sala d’attesa, ma stanze, corridoi e altri anziani. Il compagno di viaggio della signora indossa una divisa che lei fatica a riconoscere come “insolita”. Per lei, quel treno la sta portando a casa. Per l’operatore che le siede di fronte, quel treno la sta aiutando a ritrovare un benessere sempre più raro.

La terapia dei viaggiatori è a questo che punta: portare benessere nel paziente anziano attraverso la sensazione del movimento, del viaggio, del ritorno a casa. Vuoi sapere dove porta quel treno? Ce lo spiega Luca Lodi, formatore ed educatore professionale che, assieme a Silvia Falconi e Prete Orlando, si occupa proprio di doll therapy e di terapia dei viaggiatori.

Luca, parlami della terapia dei viaggiatori

Si tratta di una terapia non farmacologia che nasce in Olanda, anche se non esistono dati o informazioni sicure in merito. La cosa certa è che è stata portata per la prima volta in Italia dal dottor Ivo Cilesi. Inizialmente era chiamata “terapia del viaggio”, ma in seguito a una sperimentazione durata 4 anni in cui sono stati effettuati circa 500 viaggi, siamo arrivati a ri-modularla trasformandola nella terapia dei viaggiatori. Si tratta di un setting, una stanza all’interno della quale viene ricreata l’ambientazione di un treno in cui la persona anziana si sente in viaggio. Attualmente non è molto conosciuta né diffusa, soprattutto perché l’allestimento comporta costi molto alti, anche se alcune case di riposo hanno capito il meccanismo e lo creano da sé, artigianalmente.

Come funziona esattamente il viaggio?

Quando si viaggia, si entra in una stanza in cui sono posizionati oggetti che ricordano proprio un treno come delle poltrone, cappelliere e valigie… Il finestrino laterale invece è rappresentato da un televisore, occultato come fosse proprio il finestrino del treno, su cui scorre un filmato con delle immagini reali. La persona anziana viene quindi invitata a viaggiare tramite la consegna di un biglietto che dovrà poi esibire una volta in viaggio. Le immagini che vengono fatte scorrere sullo schermo-finestrino sono pensate appositamente per la persona presente in quel momento. Il treno quindi potrà passare per i luoghi della sua infanzia, attraverso il suo paese di origine, ma anche semplicemente accanto a paesaggi a lei cari. Ad esempio, a una signora siciliana è probabile faccia molto piacere vedere il mare.

Quali persone possono andare in viaggio?

Il viaggio è un’esperienza estremamente personale, viene quindi calato sulla persona che ha piacere di viaggiare, che nella sua storia ha girato tanto e ha dei ricordi positivi a riguardo, in particolare legati ai viaggi in treno. Questo perché alla demenza sono connessi degli atteggiamenti disturbanti come ad esempio il wandering, che consiste nel sentire la necessità di muoversi tanto senza però avere una meta. Questa terapia è inizialmente nata per loro, ma poi abbiamo visto che poteva essere utile applicarla anche a individui con altre problematiche comportamentali come ad esempio disturbi dell’alimentazione. Ma non solo. Se sappiamo che a una persona anziana potrebbe fare piacere questo tipo di esperienza anche se non è affetta da demenza, gliela proponiamo perché l’obiettivo finale è quello di trasmettere benessere, non di gestire un sintomo nell’immediato. Quindi ci sono anche anziani che “viaggiano” solo come esperienza ludica.

Il paziente viaggia da solo?

Durante il viaggio l'anziano non è mai solo. Noi facciamo viaggiare un operatore formato, che in quel contesto non viene percepito come figura sanitaria, così da permettere la creazione di dinamiche di “compagni di viaggio” come ad esempio il raccontarsi sentendosi protetti da un ambiente intimo e tutelato. Il compagno di viaggio è importante, perché gestisce i tempi all’interno del vagone, gli spazi di silenzio, l’interazione, la necessità di riportare l’attenzione della persona anziana allo stimolo virtuale. Questo aiuta il paziente anche a validare l’esperienza, a renderla più piacevole e sicura. Così, l’operatore dà un feedback, assicura una compagnia magari restando in silenzio, limitandosi a tenere la mano al viaggiatore, tuttavia rimanendo sempre vigile e presente. Inoltre, anche l’operatore “compagno di viaggio” ha una propria scheda. Perché il fatto di staccarsi dall’ambiente RSA e diventare compagno di viaggio e non più professionista, crediamo abbia una ricaduta anche sul personale. Il viaggio infatti ti permette di fare un’esperienza inusuale e molto piacevole, soprattutto quando i viaggi hanno un esito positivo.

Quanto dura un viaggio?

Naturalmente nell’allestimento della terapia noi andiamo a tarare il filmato sulla capacità di attenzione della persona anziana. Se so che per rilassarsi ha bisogno di venti minuti, io propongo un viaggio di venti minuti con il paesaggio che più le piace.

E i familiari cosa ne pensano?

Una delle cose molto belle di questa terapia è che i familiari possono fare un’esperienza nuova assieme ai propri cari. Anche perché una delle esperienze che mancano in casa di riposo è proprio la privacy. Il treno può quindi diventare uno spazio dedicato al ritrovo della familiarità. Naturalmente anche loro devono venire un po’ istruiti su come devono comportarsi durante la terapia, è molto importante che non smascherino la realtà dicendo frasi come ad esempio “sembra proprio un treno vero”. In ogni caso, da parte loro c’è molta curiosità, anche perché il treno ha un suo impatto visivo non indifferente. Non c’è mai una resistenza, solo interesse.

Come si analizzano i risultati?

Ci sono delle schede di osservazione con cui valutiamo la persona anziana a partire da quando viene invitata al viaggio, durante tutte le dinamiche nel treno e anche al termine della terapia, per valutare se veramente ci sia stato un rilassamento. A volte avviene, altre volte no. Dipende tutto dalla persona e dalla realtà che sta vivendo nel qui e ora.

Ci sono stati invece casi di esito non positivo?

Sì, soprattutto quando si pratica la terapia e i disturbi comportamentali sono ormai all’apice e non più gestibili. Ma ci sono anche casi in cui la persona vive positivamente la proposta e a un certo punto inizia a stare male. Noi abbiamo avuto una persona anziana che a un certo punto, se la invitavi e le mostravi il vagone, iniziava a sudare freddo e a dire che non voleva andare. Naturalmente a quel punto interrompi la somministrazione, perché la cosa importante non è che facciano la terapia, bensì che la terapia faccia stare bene loro.

Quali sono i benefici del viaggio?

Prima di tutto il fatto che godi di un setting intimo e personalizzato, cosa che è difficile da trovare nelle RSA e cosa non da poco, la riduzione di alcuni disturbi comportamentali. Inoltre, hai la possibilità di dare benessere anche a persone che non hanno disturbi comportamentali, ma hanno ugualmente la possibilità di vivere un’esperienza che altrimenti sarebbe loro preclusa, perché molti anziani che abbiamo accolto in struttura non hanno più la possibilità di viaggiare. Ecco la nostra proposta del viaggio, anche se in modo virtuale. Io ricorderò sempre gli occhi di una signora anziana che ho accompagnato in un viaggio lungo il Lago Maggiore, mentre guardava le isole. Sono queste le cose che alla fine ti rimangono.

Questo articolo fa parte della rubrica
Sono nata e cresciuta a Trento, a due passi dalle montagne. Tra mille altre cose, ho fatto lunghe passeggiate nel bosco altro…