Terapia genica con cellule staminali per le malattie del sangue: dal San Raffaele di Milano il “segreto” per evitare chemio e radioterapia

Sebbene ancora sperimentale, il nuovo protocollo messo a punto da un gruppo di ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la Terapia Genica di Milano si sarebbe dimostrato più sicuro, meno debilitante e capace di evitare il ricorso a chemio e radio in caso di terapia genica con le staminali per il trattamento di alcune patologie ematologiche. In più, il nuovo approccio allargherebbe il numero di pazienti e di malattie in cui applicare la terapia genica.
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Kevin Ben Alì Zinati 30 Maggio 2022
* ultima modifica il 31/05/2022

Contro alcune patologie del sangue, come nel caso della beta-talassemia, uno degli approcci terapeutici più efficaci è la terapia genica. Ovvero un intervento mirato a correggere la funzione di un gene difettoso all’interno delle cellule “malate”.

Nel caso di alcune patologie ematologiche la terapia genica serve per correggere le cellule staminali del sangue ma porta con sé un limite non da poco.

Il procedimento, infatti prevede l’utilizzo di chemio o radioterapia che, tuttavia, hanno un elevato grado di tossicità sia acuta (con danni alle mucose, alto rischio di infezioni talvolta anche letali) sia a lungo termine (molt pericolosa per organi, secondi tumori, sterilità).

Un recente studio messo a punto da ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la Terapia Genica di Milano ha mostrato però come abbattere questo importante ostacolo al trapianto di cellule staminali in terapia genica.

Sebbene ancora sperimentale, il nuovo protocollo si sarebbe dimostrato più sicuro, meno debilitante e capace di allargare il numero di pazienti e di malattie in cui applicare la terapia genica.

La peculiarità del approccio terapeutico, come hanno descritto i ricercatori sulla rivista Cell, sarebbero i meccanismi molecolari utilizzati, come le innovative tecniche di RNA messaggero che già conosci perché alla base del vaccino anti-Covid.

Per capire il funzionamento del nuovo approccio terapeutico devi sapere che la terapia genica applicata al trattamento di malattie ematologiche funziona in tre fasi.

Nella prima viene innescato un processo di  “mobilizzazione”: attraverso dei farmaci specifici, in sostanza, si cerca di spingere una parte delle cellule staminali ad abbandonare la nicchia del midollo osseo dove risiedono perché raggiungano la circolazione sanguigna da cui è possibile prelevarle.

Una volta raccolte, le staminali vengono modificate e corrette geneticamente in laboratorio con vettori lentivirali per il trasferimento genico o con le procedure di editing con CRISPR.

Per poter funzionare, questo trattamento danneggia le proteine di superficie che le cellule staminali del sangue usano per ancorarsi all’interno del midollo, ma i ricercatori hanno osservato che queste "proteine-ancora" vengono efficacemente ricostituite nelle cellule corrette durante la fase di coltura in laboratorio.

Prima di essere re-infuse nel paziente serve fare loro spazio nel midollo osseo e per farlo bisogna eliminare le cellule staminali “danneggiate” rimaste nella nicchia. Questa fase è detta di “condizionamento” ed è tutta basata sull’utilizzo di chemioterapia o di radioterapia.

“L’idea alla base della scoperta è quella di mettere in competizione tra loro le cellule corrette con quelle residenti e ancora portatrici della mutazione, rendendo più difficile a queste ultime e più facile alle prime ripopolare la nicchia staminale all’interno del midollo” hanno spiegato i ricercatori.

Per evitare il ricorso a queste tecniche così delicate e potenzialmente tossiche, i ricercatori hanno scoperto che i farmaci per la mobilizzazione, se utilizzati massimizzandone l’efficacia, possono creare lo spazio sufficiente nel midollo osseo per l’attecchimento delle staminali corrette.

Se reinfuse nel paziente nel momento di picco di un trattamento di mobilizzazione, le cellule corrette hanno quindi un vantaggio nell’occupare la nicchia rispetto a quelle appena esposte al trattamento. Per potenziare ulteriormente il loro vantaggio, i ricercatori hanno pensato sfruttare anche la tecnologia a RNA messaggero e favorire una maggior espressione delle proteine-ancora con cui si “aggrappano” al midollo.

“Se l’efficienza di scambio ottenuta dopo potenziamento transitorio delle cellule geneticamente corrette negli esperimenti appena descritti fosse replicata nell’uomo, potrebbe risultare efficace per il trattamento di numerose malattie genetiche, dalle immunodeficienze primarie ad anemie ereditarie e malattie da accumulo, e non solo, aprendo nuovi orizzonti di applicazione per le moderne tecniche di terapia genica e cellulare”, hanno concluso i ricercatori milanesi.

Fonte | "Mobilization-based chemotherapy-free engraftment of gene-edited human hematopoietic stem cells" pubblicato il 25 maggio 202 sulla rivista Cell 

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