Tumore al seno, un test permette di capire quando è possibile evitare la chemioterapia

Si chiama Oncotype DX ed è un test molecolare eseguito sul tessuto tumorale che è in grado di individuare quali pazienti affetti da carcinoma mammario allo stadio iniziale possono trarre un reale beneficio dalla chemioterapia e quali invece possono optare per un altro approccio terapeutico, come l’ormonoterapia.
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Federico Turrisi 28 Luglio 2020
* ultima modifica il 23/09/2020

Chi non si spaventa al solo sentire la parola chemioterapia? Tutti conosciamo quanto può essere difficile affrontarla, soprattutto per una donna. Il carcinoma della mammella è la neoplasia più diffusa nella popolazione femminile: nel solo 2019 in Italia sono stati individuati più di 53 mila nuovi casi. Solitamente, in oltre la metà dei casi, dopo l'intervento chirurgico si ricorre al trattamento chemioterapico adiuvante per ridurre il rischio di recidiva, basandosi sulle caratteristiche della paziente e del tumore. Tuttavia, c'è da considerare che la maggior parte delle donne con carcinoma della mammella presenta una malattia in fase iniziale e non sempre i pazienti beneficiano realmente di questa strategia terapeutica.

Un test molecolare, chiamato Oncotype DX, potrebbe cambiare la prospettiva: prelevando un pezzettino di tessuto tumorale e analizzando l'espressione di 21 geni specifici del tumore stesso, l'esame è in grado di definire la probabilità di risposta alla chemioterapia, suggerendo dunque quando è da ritenere opportuna e quando invece è evitabile (di solito rappresenta la maggioranza dei casi). Il test è validato con studi clinici ed è disponibile presso il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma, grazie a un accordo siglato con l'azienda produttrice, Exact Sciences.

Il test è indirizzato soprattutto alle donne in cui è incerta l'utilità dell'associazione della chemioterapia alla terapia ormonale. Tutto ciò, in realtà, non è una novità. Il test è stato infatti reso disponibile per la prima volta nel 2004 e da allora più di un milione di pazienti nel mondo ne ha beneficiato. Il punto è che in Italia i test genomici non sono molto diffusi, anche perché non rientrano nei cosiddetti Lea, cioè i Livelli Essenziali di Assistenza. Nella regione Lazio la mozione per la rimborsabilità dei test genomici è stata recentemente approvata all'unanimità. "Grazie all'uso appropriato delle terapie oncologiche, i vantaggi in termini di minori tossicità per le pazienti e di risparmi per il sistema sanitario sono evidenti", sottolinea Giuseppe Tonini, responsabile del reparto di Oncologia presso il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico. Perché allora non sfruttare questa possibilità?

Fonte | Ansa

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