Non pensava a lui Bruce Springsteen quando scriveva il testo di "Born to Run", ma quella canzone gli calza a pennello. Soprannominato Lightning Bolt, il giovane Usain pratica fin da giovanissimo diversi sport, tra cui soprattutto il cricket; ma è quando inizia a frequentare la William Knibb Memorial High School che il suo allenatore di cricket gli suggerisce di partecipare alle gare di atletica leggera.
Riferendosi a quell'epoca Bolt ha dichiarato: "Saltavo gli allenamenti, preferivo la sala giochi e giocavo fino a quando non finivo i soldi. Solo che una nipote di mia madre mi scoprì, lo disse a papà che mi mise spalle al muro e mi disse che senza allenamento non sarei andato da nessuna parte. Così cambiai atteggiamento. A scuola mi proteggevano, non volevano giocassi a calcio e se giravo scalzo mi ricordavano che i piedi per chi corre sono importanti".
Usain Bolt corre per la prima volta sulla pista in erba davanti alla Waldensia Primary School e viene battuto da un ragazzo che si chiamava Ricardo Gedde. Tuttavia il suo istruttore, il sacerdote Devere Nugent gli promette un “pranzo in scatola” (pollo in salsa jerk giamaicana, patate dolci, riso e piselli), se lo avesse battuto nel campionato scolastico, e naturalmente, Bolt vince.
Nel 2001, dopo aver vinto la sua prima medaglia sulla distanza dei 200 metri nel campionato scolastico, il giovane giamaicano si distingue in una competizione nazionale, i Carifta Games, dove ottiene una medaglia d’argento sui 400 metri piani. L’anno successivo partecipa ai Campionati Mondiali Juniores e nella gara dei 200 metri stabilisce il primo record personale (20”61) e vince la medaglia d’oro.
In Giamaica correre è una questione di cultura. Da ragazzini voi sognate di diventare calciatori, noi sprinter.
La sua carriera da atleta professionista è appena iniziata. Nel 2004 è riconosciuto come uno dei migliori velocisti al mondo. L’anno della svolta è il 2005. Bolt ha un nuovo allenatore, anche lui giamaicano, Glen Mills, che lo aiuta a registrare sui 200 metri un tempo incredibile (19”99) e a diventare il primo atleta a scendere sotto i 20″ in questa distanza, in un torneo Juniores (Bolt all'epoca ha solo 18 anni). Nel 2006 migliora il suo record personale nei 200 metri: corre la distanza in 19″88 al Grand Prix di Losanna, ottenendo una medaglia di bronzo.
A Pechino, il 16 agosto 2008, correndo la finale dei 100 metri piani, Bolt stabilisce il nuovo primato mondiale con un riscontro cronometrico di 9″69 (e sembra che sia stato arrotondato per eccesso), nonostante il giamaicano abbia anche rallentato la sua corsa negli ultimi metri in preda all'esultanza, e correndo nell'ultimo tratto della pista con una scarpa slacciata.
Quattro anni dopo alle Olimpiadi di Londra 2012 Bolt è nuovamente re dei 100 e dei 200 metri, portando a casa altre due medaglie d'oro. In questa occasione viene riconosciuto come l'unico atleta nella storia che sia riuscito a vincere la medaglia d'oro nei 100 e 200 metri in due Olimpiadi consecutive.
Nessuno è mai stato più veloce di questo qui, nessuno, di tutti i miliardi di persone.
Nel 2016, alle Olimpiadi di Rio de Janeiro, Bolt si conferma nuovamente il più forte del mondo, vince ancora l'oro nei 100 metri per la terza volta consecutiva. Qualche giorno dopo ripete il successo nella gara dei 200 metri e nella staffetta 4×100 con gli altri atleti della Nazionale giamaicana. Bolt è una leggenda.
Il gesto di esultanza che Bolt mostra al termine di ogni gara è un passo di danza giamaicano che lui stesso ha personalizzato. Significa "To the world", dalla Giamaica al mondo intero. "Dopo il record del mondo nei 200 metri a Pechino, fotografi e tifosi iniziarono a chiedermi quella posa – ha commentato il velocista giamaicano -. Ogni volta che tiravo indietro un braccio e con l’altro indicavo il cielo, il pubblico andava in visibilio. Era bello sapere di poter alzare il volume di un intero stadio con un semplice movimento delle dita. Quella posa finì sulle copertine di tutte le riviste e sulle prime pagine dei giornali. Col passare dei giorni vidi fotografie di gente in tutto il mondo che imitava la mia mossa. Scalatori che indicavano il cielo dalla vetta delle montagne, escursionisti nella giungla amazzonica che si mettevano in posa per gli amici a casa. Persino genitori che fotografavano i bambini mentre facevano il “Lightning Bolt” nella culla. Credetemi, meraviglioso".