Vanessa Nakate è la giovane attivista che lotta per la giustizia climatica dell’Uganda. E del Mondo

Quello di Vanessa Nakate, giovane attivista ugandese, è diventato uno dei volti più noti della lotta al Climate Change e dell’impegno dei giovani eco-eroi per un futuro sostenibile.
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Rubrica a cura di Kevin Ben Alì Zinati
15 Febbraio 2022

Giovane, determinata, coraggiosa: è l'identikit di Vanessa Nakate, eco-eroe ugandese che lotta per la giustizia climatica del mondo e in particolare del "suo", l'Africa. Vanessa è convinta che la crisi che stiamo affrontando sia ancora più ampia e affondi le sue radici nella disuguaglianza sociale che ancora divide la terra fra ricchi e poveri.  

Entrare nella schiera degli eco-eroi che dedicano la propria vita alla difesa del Pianeta non era proprio nei piani di Vanessa.

A 23 anni i suoi progetti erano un po’ diversi. Stava studiando economia aziendale e marketing alla Makerere University Business School, una delle più antiche università dell’Uganda, e una volta laureata avrebbe poi seguito un master, trovato un lavoro, si sarebbe sposata e avrebbe avuto una famiglia.

La sua era una tabella di marcia lineare e molti dei suoi coetanei l’ammiravano per la lucidità e la determinazione con cui aveva sempre disegnato la strada del proprio futuro. Qualcuno persino la invidiava per questo.

Un giorno Vanessa incontrò l’attivismo. A dir la verità non fu un incontro improvviso, come un lampo che squarcia un cielo tranquillo e stellato in piena estate.

La famiglia di Vanessa era da sempre impegnata socialmente e suo padre, oltre che un politico di Kampala, la capitale ugandese, era un uomo molto attivo per la tutela dell’ambiente. Prima o poi, insomma, Vanessa sarebbe inciampata nell’attivismo.

Fino ad allora però non aveva mai pensato di unirsi a qualche movimento di protesta ambientalista, di esporsi pubblicamente e combattere in prima linea contro la crisi climatica.

In quel momento, mentre studiava per centrare uno dei primi passi del suo progetto di vita, non si era ancora resa conto che il Climate Change stava mettendo in serio pericolo il suo futuro.

L’indignazione, in Vanessa, divenne più forte solo in seguito, quando si rese conto del vero significato del riscaldamento globale. Senza che nessuno glielo avesse mai insegnato, Vanessa scoprì l’impatto devastante della crisi climatica sul nostro Pianeta.

Per la prima volta aprì gli occhi su ciò che il suo mondo stava facendo all’ambiente. Di come le industrie del carbone e del petrolio, gli allevamenti intensivi o le deforestazioni stessero sfregiando il Pianeta in modo irreversibile.

Fu in quel momento che decise di mettere mano al piano originale e di rivoluzionarlo. In una domenica di gennaio del 2019, come anni prima aveva fatto Greta Thunberg, Vanessa cominciò a scendere in piazza per pretendere dai potenti della Terra una netta inversione di rotta. Fu in quel momento che nacque l’attivista Vanessa Nakate.

La prima volta che scioperò per le strade di Kampala non fu tutto rose e fiori, anzi. Vanessa aveva una paura del diavolo. Così, quella prima domenica, si era fatta accompagnare dai fratelli, che con con lei sventolarono timidi cartelli inneggianti al “Climate strike” e alla rivoluzione sostenibile.

Vanessa aveva paura di esporsi per le strade della sua città. Temeva i giudizi, gli occhi degli amici che l’avrebbero giudicata senza capire. Temeva la vergogna.

Ma il fuoco dell’eco-eroe stava già divampando nel suo animo tanto che da quella domenica di gennaio, Vanessa Nakate non si è più fermata.

Da allora ha partecipato a più di 60 scioperi dei Fridays for Future diventando la prima FFF in Uganda e nel giro di poco tempo ha anche fondato un movimento ambientalista nuovo di zecca, con lo scopo do accrescere la consapevolezza e la sensibilità dei giovani africani sulla crisi climatica, il cosiddetto Rise Up Climate Movement.

Insieme ad altri giovani ambientalisti ha dato vita a una campagna per la riforestazione del Congo e ha portato avanti diverse battaglie per la salvaguardia del Pianeta. Come quella contro l’inquinamento atmosferico a Kampala, l’innalzamento delle acque nel Lago Vittoria, uno dei più grandi in Africa, e i finanziamenti alle compagnie petrolifere e del carbone.

Leggendo e ascoltando il ritratto di Vanessa Nakate ti sarà venuto spontaneo pensare a Greta Thunberg. E hai fatto bene. Quello costituito da Vanessa e Greta è un binomio reale, composto non solo da due giovani ambientaliste in prima linea per il clima ma anche da due amiche che trovano l’una nell’altra la forza per affrontare le sfide per il futuro.

C’è un’immagine emblematica che cristallizza questo profondo legame. È una fotografia scattata durante la Youth4Climate, la “Cop” dei giovani che nel settembre 2021 a Milano ha ospitato quasi 400 ragazzi in rappresentanza di 197 Paesi del mondo.

Il fermoimmagine è potente. Vanessa è seduta, ha una mano sul volto e con il palmo cerca di asciugarsi le lacrime. Greta, al suo fianco con una maglietta blu elettrico e una mascherina bianca, la cinge a sé, stringendola in un abbraccio consolatorio.

Vanessa, in quella foto, ha appena concluso il proprio intervento alla Cop dei Giovani. Di fronte ai suoi “colleghi”, ai giornalisti e ai leader presenti nelle sale del MiCo di Milano ha appena testimoniato le enormi sofferenze che la crisi climatica infligge al suo Paese.

L’Africa, ha ricordato Vanessa, è responsabile solo per il 3% delle emissioni globali ma le sue popolazioni sono quelle che più di tutti soffrono l’impatto dei cambiamenti climatici.

Anche l’Oxfam, alla vigilia dell’Assemblea Generale dell'Onu dove si sarebbe discusso dell’emergenza Climate Change, aveva certificato la disuguaglianza climatica in numeri drammatici.

Secondo uno dei suoi ultimi rapporti, i più ricchi della Terra inquinano da soli più di tutti gli altri. In buona sostanza, diceva che l’1% della popolazione più abbiente del mondo emette il doppio di CO2 rispetto alla metà più povera.

Il meccanismo che si innesca è facilmente intuibile: più si produce – e ci si arricchisce – e più inquina, più si alimenta il cambiamento climatico e più sono frequenti gli eventi climatici estremi come alluvioni, frane, incendi, inondazioni e ondate di caldo che costringono i paesi più poveri a pagare il prezzo più alto.

Nella testa di Vanessa, quella contro il cambiamento climatico è sempre stata una battaglia ancora più ampia e profonda. Una lotta inesorabilmente connessa con l’infinita contesa per l’uguaglianza sociale e razziale.

Ne ebbe un’ulteriore prova direttamente sulla propria pelle, quando nel gennaio 2020 rappresentò i movimenti ambientalisti al World Economic Forum di Davos, in Svizzera, insieme ad altre cinque giovani attiviste, tra cui Greta.

L’evento fu coperto mediaticamente dall’Associated Press che quando pubblicò le foto ufficiali delle ambientaliste tagliò fuori Vanessa. Letteralmente.

Nella foto originale Vanessa si trova alla destra di Luisa Neubauer, un’altra giovane attivista tedesca, ma ciò che l’agenzia fece circolare fu una foto più “zoomata”, con quattro ragazze (bianche) anziché cinque.

“Non si può avere giustizia climatica senza giustizia razziale. Non è giustizia se non include tutti”, disse in seguito Vanessa, coniando così uno dei suoi slogan più famosi.

Il nostro racconto di Vanessa Nakate per ora si ferma qui. Questa è solo una parte della storia: il resto lo sentirai domani, dopodomani, tra un anno, tra dieci.

Finché ci sarà bisogno, Vanessa Nakate non smetterà di scendere in strada a sventolare cartelli e a far sentire la propria voce. Non smetterà di fare l’eco-eroe: combatterà finché non sarà fatta giustizia per tutti. Compreso il nostro Pianeta.

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Giornalista fin dalla prima volta che ho dovuto rispondere alla domanda “Cosa vuoi fare da grande”. Sulla carta, sono pubblicista dal altro…