A scuola con le mascherine chirurgiche, la pediatra dell’Acp Uga: “Perché non le lavabili? Costano meno e non inquinano”

Alcuni istituti hanno reso obbligatorio l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale chirurgici durante le ore di lezione. Secondo i medici dell’Associazione culturale pediatri, però, non vi sarebbero prove scientifiche che consiglino un loro utilizzo contro quello delle mascherine lavabili. Il rovescio della medaglia di questo obbligo, oltre al danno economico, sarebbe ambientale viste le enormi quantità di Dpi abbandonati per strada o finiti nei mari.
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Kevin Ben Alì Zinati 8 Ottobre 2020
* ultima modifica il 08/10/2020
In collaborazione con la Dott.ssa Elena Uga Pediatra dell'Associazione cultura pediatri

Perché a scuola i ragazzi devono indossare la mascherina chirurgica? Forse te lo sei chiesto anche tu vedendo tuo figlio ritornare a casa, ogni giorno, con una nuova mascherina fornita dalla scuola. Se lo sono chiesto i medici dell’Associazione culturale pediatri che, quando non indossano i camici, sono anch’essi genitori come te alle prese con tutte le misure anti-Covid legate alla scuola, dalla misurazione della temperatura all’igienizzazione delle mani fino alla raccomandazione di proteggersi sempre naso e bocca. Eppure, secondo l’Acp, sulla mascherina a scuola qualcosa non torna. Perché in alcuni istituti, la chirurgica è l’unico dispositivo di protezione individuale ammesso: quindi niente mascherine di comunità o lavabili. “Ma rileggendo le indicazioni date dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dal Comitato Tecnico-Scientifico non si trovano accenni all’obbligatorietà di quella chirurgica” ci ha spiegato la dottoressa Elena Uga, pediatra e membro e membro di Acp, secondo cui l’utilizzo vincolato “hai dei risvolti negativi a livello economico e di impatto ambientale che non vanno sottovalutati”.

Il fraintendimento 

In alcune scuole, scegliere tra la mascherina chirurgica e quella in stoffa e lavabile non è una possibilità dal momento che l’utilizzo della prima sarebbe stato imposto o quantomeno fortemente consigliato. Una scelta nata sicuramente in buona fede, con l’idea di massimizzare ancora di più l’effetto protettivo e garantire quindi un maggior grado di sicurezza e che però, secondo i pediatri dell’Acp, non trova fondamenti. “Non ci sono prove scientifiche a sostegno dell’uso delle chirurgiche in un setting scolastico” ci ha spiegato la dottoressa Uga.

Per la pediatra, il problema starebbe in un fraintendimento iniziale che, a partire dalle indicazioni internazionali anti-Covid è ricaduto poi sulle scuole. “Il verbale del CTS del 31 agosto dà un un’indicazione di utilizzo preferenziale e non obbligatorio delle mascherine chirurgiche a scuola, rifacendosi a un documento del 21 agosto dell’Oms. Ma già questo non è chiaro, perché l'Organizzazione Mondiale della Sanità non specifica né l’obbligo né la preferenza verso questo tipi di dispositivi, anzi: nel documento si legge che per i bambini in buona salute può andar bene anche una maschera non medica o in tessuto. Quindi perché alcuni istituiti le prediligono? E soprattutto, perché sarebbe un problema?

Il rovescio della medaglia 

In queste ore l’Acp si è mossa in prima persona per chiedere una revisione dell’indicazione sull’uso delle mascherine chirurgiche a scuola, e dietro alla sua richiesta ci sono ragioni sicuramente di carattere economico perché “sulla base di queste indicazioni sono state ordinate milioni di mascherine chirurgiche per il comportamenti scolastico”. Ad oggi, secondo i dati del Ministero della Salute, sarebbero state fornite 332.940.820 milioni di mascherine a scuola tra adulti e bambini.

Non ci sono prove scientifiche a sostegno dell’uso delle chirurgiche in un setting scolastico

Dott.ssa Elena Uga, pediatra Acp

Se pensi però che le chirurgiche vanno cambiate ogni giorno e che invece una sola mascherina di comunità potrebbe garantire 20 o 30 ma in alcuni casi anche 50 lavaggi (dipende dal tipo), capisci che si tratta di dosi massicce che poi diventano “oceani”. Ti abbiamo raccontato, infatti, dei “mari di mascherine” o di quelle abbandonate per strada. “Buttare milioni di mascherine chirurgiche nell’indifferenziata porta con sé dei rischi di contaminazione ambientale. Che raddoppiano se pensiamo anche al peso degli imballaggi in cui vengono consegnate alle scuole. Ma il vero problema è che purtroppo, ogni giorno, si verificano smaltimenti inappropriati di mascherine per le strade, nelle campagne e nei nostri fiumi”. Senza considerare che i Dpi utilizzati potrebbero “anche diventare potenziali fonti di diffusione del virus”.

Ma è strettamente necessaria? 

Il punto è che il gioco non varrebbe assolutamente la candela. Secondo la pediatra dell’Acp quest’anno scolastico serviranno 2,2 miliardi di mascherine che poi dovranno anche essere smaltire, tra i rifiuti indifferenziati.Quantità enormi che costeranno denaro, rischi e danni ambientali e che soprattutto non avrebbero giustificazione istituzionale e nemmeno sanitaria.

Ogni giorni si verificano troppi smaltimenti inappropriati che riversano mascherine in strada, nelle campagne e nei mari

In un setting come quello scolastico non vi è alcuna differenza tra la mascherina chirurgica e quella lavabile in termini di sicurezza. Ha senso in ospedale o negli ambulatori dove c’è un maggior rischio infettivo reale. Qui il personale la cambia ogni 4 ore, indossandola nel modo corretto maneggiandola solo dagli elastici senza mai appoggiarla su superfici non sterilizzate. È impossibile chiedere questo livello attenzione in un ambiente non sanitario come la scuola”. Dove i ragazzi devono metterla e toglierla più volte durante la giornata tra l’ingresso, l’arrivo al banco, ogni uscita dalla classe per andare in bagno, la ricreazione o quando vanno a buttare la carta nel cestino.

“Le mascherine chirurgiche non sono più sicure di default: la maggiore sicurezza è strettamente legata a un corretto utilizzo, ha spiegato la dottoressa Uga, toccando un punto delicato ma determinate: il giusto uso dei DPI. In questi mesi anche noi abbiamo chiesto a medici e professionisti di spiegarci come va indossata una mascherina, come toglierla e come igienizzarla. Secondo la pediatra dell’Acp, tuttavia, ciò che manca è proprio l’informazione. “È stato dato tanto spazio ai discorsi sul tipo di mascherina ma non alla modalità di utilizzo. È impossibile chiedere a dei bambini o dei ragazzi che ogni giorno devono fare su e giù sul naso e sulla bocca chissà tante volte, un livello di attenzione così alto senza prima aver dato un’indicazione ufficiale. Lo stesso discorso vale sul lato insegnanti. Molti dirigenti stanno facendo usare anche le mascherine di comunità, altri invece interpretano le indicazioni in maniera più drastica pensando che la chirurgica sia più sicura. Studenti e cittadini devono avere la giusta formazione: che sia chirurgica o lavabile, la mascherina serve e funziona se si sa come utilizzarla.

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