A Termoli nascerà la prima Gigafactory italiana. Cos’è, come funziona e perché è importante parlarne (anche dei suoi problemi)

Nel giro di pochi anni nascerà a Termoli, in Molise, la prima Gigafactory italiana. Ma di cosa si tratta? Come funziona una Gigafactory, e quali sono i suoi potenziali problemi? In questo articolo ti spieghiamo perché si tratta di uno sviluppo importante per il futuro elettrico della mobilità.
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Michele Mastandrea 24 Marzo 2022

Entro il 2025 Termoli diventerà sede della prima Gigafactory italiana. Forse avrai sentito già questa parola in passato leggendo qualcosa su Elon Musk, il fondatore della casa automobilistica Tesla.

La parola ‘Gigafactory' è proprio un neologismo di Musk. Si tratta di un mega impianto di produzione di batterie agli ioni di litio. È ‘Giga' sia per la sua dimensione, enorme, sia per il suo obiettivo di produrre più Gigawatt possibili di energia, da utilizzare nella produzione di batterie elettriche. Per intenderci, quelle che saranno installate sui veicoli che dovranno consentirci la transizione verso la mobilità full electric.

La Gigafactory 1 di Tesla, in Nevada

Come funziona una Gigafactory

Il primo impianto di questo tipo è stato inaugurato in Nevada nel 2014. Lo stabilimento però non è mai stato del tutto ultimato, anzi: devi sapere che la sua realizzazione, come quella di tutte le gigafactory Tesla, è progettata per espandersi via via che le operazioni di produzione sono in corso, sfruttando le economia di scala. Un impianto di queste dimensioni serve a garantire una sempre maggiore produzione di batterie, ma anche di altre componenti necessarie ai veicoli elettrici. Per soddisfare la domanda crescente di batterie, infatti, serviva a Tesla produrle in proprio, al minore costo possibile.

Si tratta di batterie dalla maggiore durata ed efficienza rispetto a quelle tradizionali. Hanno tempi rapidi di ricarica e buone prestazioni di accumulo, che significa minore dispersione di energia e dunque minore necessità di ricarica. Tutti elementi fondamentali per la scelta dell'auto del futuro da parte dei consumatori. Ovviamente, tutto l'impianto è alimentato a pannelli solari per non influire in termini di emissioni.

Una Gigafactory è stata definita da Musk "una macchina che costruisce un'altra macchina". Questo perché il grado di automazione dell'impianto è molto alto, e si aggira a circa il 90%. I passaggi sono riassumibili in tre fasi principali: la produzione degli elettrodi, la creazione delle celle, e infine il perfezionamento della batteria, consistente nella sua attivazione.

La Gigafactory di Termoli

Dal suo riferimento preciso all'impianto del Nevada, il termine Gigafactory è poi diventato sinonimo di qualsiasi impianto destinato alla produzione su larga scala di batterie. La Gigafactory che verrà costruita in Italia non è infatti di Tesla, che nel frattempo ha realizzato altri impianti in Cina e in Germania (quest'ultimo è stato inaugurato proprio pochi giorni fa). Questo progetto è invece frutto di una collaborazione tra Stellantis (si tratta della ex Fiat, nata dalla fusione di Fca e Psa), Total Energies e Mercedes Benz. L'impianto dovrebbe essere operativo come detto entro 2025, e dovrebbe impiegare almeno 2mila persone.

Il governo italiano ha garantito 370 milioni di euro di finanziamento, mentre i sindacati nel settore automobilistico hanno dato tutti parere positivo a un progetto che di fatto riuscirà a riconvertire la produzione dell'impianto molisano, finora adibito per la produzione dei classici motori a scoppio. Le case produttrici sfrutteranno anche due ulteriori Gigafactory in costruzione in Francia e Germania (a Douvrin e Kaiserslautern), che insieme allo stabilimento di Termoli realizzeranno le batterie per i loro veicoli elettrici.

gigafactory Tesla attualmente in costruzione ad Austin, Texas

L'importanza delle batterie elettriche

Il passaggio ai veicoli elettrici è un elemento strategico per la transizione alla mobilità sostenibile, ma anche un obiettivo importante per le case automobilistiche. Devi pensare che nel 2035 non sarà più possibile mettere in vendita veicoli con motori a scoppio, come previsto dall'Unione Europea. Di conseguenza, arrivare prima a produrre batterie di qualità significa non solo ridurre le emissioni, ma anche guadagnare importanti fette di mercato.

Esistono in questo ambito, però, tutta una serie di problemi di politica internazionale. Nei giorni in cui parliamo tantissimo di indipendenza dal gas russo, anche nel settore delle batterie l'intenzione delle case produttrici è svincolarsi dai produttori esteri. Al momento, la maggior parte della produzione di batterie al litio è infatti in mano asiatica, ad opera di grandi aziende cinesi e giapponesi. Investire in questo settore è considerato strategico, e anche per questo motivo è nata nel 2017 la European Battery Alliance (Eba), che tra i suoi progetti ha anche il sostegno alla costruzione di nuove Gigafactory. Che non sempre però hanno solo aspetti positivi.

Non è tutto oro quel che luccica

Il Germania ad esempio, la Gigafactory appena inaugurata a Berlino è stata al centro di un conflitto pluriennale tra Tesla e manifestanti per la tutela dell'ambiente. Questi sottolineavano alcuni problemi di un impianto così grande: in primis, l'elevato consumo di acqua per la produzione delle batterie, ma anche la deforestazione dell'area interessata dallo stabilimento (ben 165 ettari di terreno) e l'emissione di gas tossici da parte dell'impianto.

Inoltre, a creare problemi alle Gigafactory sono anche le risorse utilizzate nel loro processo di produzione. Litio, cobalto, nichel, tutti materiali preziosi e di sempre maggiore costo. Soprattutto in seguito alla corsa che si è scatenata per la produzione di batterie destinate ai veicoli elettrici. Ne derivano problemi rilevanti come lo sfruttamento intensivo dei giacimenti delle nazioni che ne posseggono in maggiore quantità; ma anche la necessità di riciclare le batterie in maniera adeguata, senza contribuire all'ulteriore inquinamento del pianeta.

Insomma, non è tutto oro quel che luccica, neanche in merito alle Gigafactory. Si tratta senza dubbio di investimenti rilevanti in vista della necessaria transizione energetica ed ecologica, a patto che si realizzino in maniera equilibrata e nel rispetto reale del pianeta.