Agbogbloshie: la discarica a cielo aperto dei rifiuti elettronici provenienti da tutto il mondo

In Ghana esiste un luogo in cui finisce una parte consistente di tutti i rifiuti elettronici prodotti nel mondo. Si chiama Agbogbloshie, ci lavorano migliaia di persone ed è una vera e propria discarica a cielo aperto. Le cui conseguenze ambientali e sanitarie sono drammatiche ed evidenti.
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Rubrica a cura di Sara Del Dot
19 Aprile 2021

Computer, telefoni, elettrodomestici e qualunque vecchio strumento elettronico tu possa elencare in questo momento. Ecco, tutti i vecchi dispositivi trasformati in rifiuti, o meglio e-waste, una volta usciti dalle nostre case, in particolare se gettati in modo scorretto, spariscono dallo sguardo e dai pensieri. Finendo però, magari, in quelli di qualcun altro, in territori molto, molto distanti da qui.

Secondo il Global E-Waste monitor, in tutto il mondo solo nel 2019 sono state generate 53,6 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici (che conoscerai anche come RAEE) ma solo una piccola percentuale di questi è stata gestita correttamente. Inoltre questi oggetti, ormai parte integrante della nostra quotidianità, hanno una vita media in costante riduzione e ciò implica una produzione sempre più alta di materiali da smaltire.

Dei rifiuti elettronici che spariscono e riappaiono in altri Paesi, quasi sempre in via di sviluppo, ne avevamo parlato all’interno dell’articolo “Alla ricerca dei RAEE fantasma”, in cui viene rivelata una realtà inquietante, che inizia dalla nostra pigrizia nella gestione di vecchie apparecchiature e si conclude con la prosecuzione di pratiche e commerci illegali.

A questo proposito è importante ricordare che esiste un documento, la Convenzione di Basilea, adottato nel 1989 ed entrato in vigore nel 1992. Questo accordo è nato proprio per impedire per legge che gli Stati ricchi spediscano i propri rifiuti pericolosi nei Paesi in via di sviluppo evitando così le alte spese che lo smaltimento di questi scarti comporta. In pratica, secondo questa convenzione i rifiuti elettronici inutilizzabili non potrebbero varcare i confini dei Paesi Ocse, attività che può essere fatta soltanto per quanto riguarda le apparecchiature di seconda mano, ancora funzionanti. Eppure

Esistono dei luoghi nel mondo, in particolare in Africa e in Asia, in cui finiscono gran parte dei rifiuti elettronici prodotti sul Pianeta, soprattutto dai Paesi occidentali. Questo accumulo di materiali finisce col creare delle vere e proprie discariche a cielo aperto, in cui le persone del posto lavorano senza protezione, spesso non rendendosi nemmeno conto di mettere a rischio la propria salute. La più grande e più conosciuta si trova in Ghana, e il suo nome è Agbogbloshie.

Agbogbloshie la discarica degli e-waste

È in Africa, precisamente in Ghana, nei sobborghi di Accra, che finisce una parte consistente dei rifiuti che produciamo dentro le nostre case. Si tratta di un luogo urbano trasformatosi nel tempo in una vera e propria discarica a cielo aperto dove si raccolgono vecchi pc, smartphone, cavi, cuffie, schede di memoria e tutti i materiali elettronici di cui ci dimentichiamo dopo l’utilizzo.

Qui sono gli abitanti della zona a occuparsi dello smaltimento e del riciclo, che avvengono naturalmente in modo completamente informale, dei vari materiali approdati qui spesso tramite percorsi illegali da Paesi occidentali. A lavorare con i rifiuti di Agbogbloshie sono decine di migliaia di persone, che a mani nude separano materiali, li bruciano, li raccolgono in enormi montagne. Il guadagno? 2 o 3 dollari al giorno, forse 4 per lavorare nel luogo considerato tra i 10 più inquinanti al mondo.

Le sostanze sprigionate dalla combustione a cielo aperto dei materiali, effettuata a mani nude per far emergere dalla plastica i materiali preziosi, infatti, possono avere effetti altamente tossici sia sull’ambiente, riversandosi nelle acque e infiltrandosi nel suolo, e entrando all’interno della catena alimentare, ma anche sulla salute degli abitanti della zona che si trovano a inalare a pieni polmoni veri e propri veleni. Litio, cadmio, piombo, mercurio sono solo alcune delle sostanze che colpiscono i corpi privi di qualsiasi protezione delle persone anche giovanissime che lavorano alla discarica. I risultati sono dolore al petto, problemi respiratori, problemi dermatologici, al sistema endocrino, esposizione a sostanze cancerogene che possono essere causa di tumori, aborti, malattie congenite.

Secondo una ricerca condotta da IPEN e Basel Action Network, associazioni che si occupano di contrastare le esportazioni di rifiuti tossici e preservare la salute dell’ambiente e delle popolazioni più fragili, nelle uova delle galline ruspanti allevate nei pressi del distretto sono presenti i livelli più alti di diossine bromurate e clorurate mai misurati in questi alimenti. Si tratta di alcune tra le sostanze chimiche più pericolose al mondo. Secondo l’organizzazione, la presenza di questi elementi nelle uova deriva dalla rottura di componenti elettronici scartati e dalla combustione delle plastiche e dei copertoni delle macchine, combustione che rilascia liberamente in atmosfera prodotti chimici presenti in questi materiali.

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Sono nata e cresciuta a Trento, a due passi dalle montagne. Tra mille altre cose, ho fatto lunghe passeggiate nel bosco altro…