Anna e la sua convivenza con una gamba sempre gonfia a causa del linfedema: “A volte la normalità è anche accettare la malattia”

Anna Maisetti ha 36 anni ma da quando ne ha 22 soffre di linfedema: si tratta di una patologia cronica di natura evolutiva, disabilitante ed ingravescente che colpisce il sistema linfatico provocando il gonfiore degli arti. Oggi, che è la giornata mondiale dedicata a questa malattia, Anna ci ha raccontato come attraverso un canale social ha creato la più grande community internazionale sul linfedema. E di come cercando gli altri abbia (ri)trovato se stessa.
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Kevin Ben Alì Zinati 6 Marzo 2024
* ultima modifica il 06/03/2024

Il dilemma di quali scarpe comprare prende sicuramente anche te quando di fronte hai una possibilità infinita: quelle rosse a tacco basso o quelle alte, gialle e verdi ma con la suola morbida e comoda?

Per Anna, però, era diverso. Il problema per lei non era tanto quali scarpe prendere, ma quante. E soprattutto, che farsene poi di quella che non avrebbe usato.

Il suo piede destro perennemente gonfio, attorcigliato di bende dalla caviglia fino all’inguine infatti non sarebbe mai entrato nello stesso numero della scarpa sinistra: servivano dunque due numeri diversi.

Quello delle scarpe non era l’unico disagio che Anna doveva, pardon, deve affrontare ancora oggi.

Anna, da quando ha 22 anni, soffre di linfedema: una patologia a carico del sistema linfatico che le ha causato un gonfiore perenne alla gamba destra.

Come gestire, per esempio, il fatto di andare in spiaggia senza poter mai liberare la gamba da una fasciatura grossa, vistosamente ingombrante e scomoda? E nel caso, come rinfilarsi quella «seconda pelle» con una gamba zeppa di sabbia e salsedine?

Queste difficoltà logistiche di cui nessuno le aveva parlato e con le quali ha dovuto imparare a confrontarsi, a un certo punto hanno inseguito Anna anche al matrimonio di una coppia di amici.

Come abbinare e incastrare scarpe, vestito e pendagli con un bendaggio multi strato di colore beige? Cosa rispondere a quelle gentili ma laceranti domande su cosa le fosse successo?

Di spiegare che da quando aveva 22 anni convive con il linfedema, una patologia cronica di natura evolutiva, disabilitante ed ingravescente che colpisce il sistema linfatico provocando il ristagno dei liquidi negli arti Anna non ne sentiva il bisogno.

E per lungo tempo non ha avuto nemmeno il coraggio di farlo. Aveva paura, perché la malattia e i suoi disagi non avevano invaso solamente il suo presente.

Senza lasciarle nemmeno il tempo per pensare a delle contromisure si erano infiltrati anche nel suo futuro, quello dove i sogni prendono forma e vita indirizzando scelte e azioni. “A 22 anni uno dei miei sogni era quello di lavorare nel mondo della moda e dello spettacolo. Avevo già partecipato a vari concorsi di bellezza ma i miei sogni sono andati in frantumi quando ho scoperto che avrei dovuto tenere la gamba destra gonfia e fasciata per tutta la vita”.

Il linfedema è così: provoca il rallentamento o addirittura il blocco della circolazione linfatica negli arti superiori o inferiori e costringe chi ne soffre a convivere con parti del corpo rigonfiate e dolenti in maniera pesantemente invalidante.

I miei sogni si sono spenti quando ho scoperto che avrei avuto la gamba gonfia e fasciata per tutta la vita

Anna Maisetti

Pur essendo una malattia parecchio diffusa, con 1 persona su 20 colpita per un totale di circa 300 milioni di pazienti in tutto il mondo e 40mila nuove diagnosi solo in Italia, oggi si parla ancora troppo poco di linfedema.

Ancora meno si faceva al tempo in cui Anna Maisetti, oggi 36enne, ha ricevuto tra le mani la sua diagnosi. “Di fatto, era nome che non avevo mai sentito prima”.

Eppure, molto di ciò che oggi circola online su questa patologia in parte lo dobbiamo anche a lei, che è uscita dal buio della stanza – fisica, emotiva – in cui la malattia e le sue difficoltà l’avevano costretta e ha dato vita a quella che oggi è la più grande e attività community social sul linfedema.

Riavvolgendo il nastro della sua storia, il tuo sorriso di stupore è comprensibile. Anna, ce lo ha raccontato lei stessa oggi che è la Giornata Mondiale del Linfedema, aveva sempre sottovalutato la prevenzione sanitaria.

Poi è andata a una normale seduta dall’estetista e qualcosa – tutto – cambiò. “La donna che mi stava trattando ha notato un brufoletto rosa che nel giro di un mesetto non aveva solo cambiato colore, passando da nero a grigio, ma si era pure ingrandito”.

Con calma, Anna decise di cercare nominativo e contatto di un dermatologo sulla rubrica per fare un controllo, “più per questioni estetiche. Purtroppo però il medico non capì che quel neo era il preludio di un melanocitoma, un tumore maligno della pelle”.

Lo specialista le predicò ancora una volta calma, suggerendole di prenotare la rimozione attraverso il sistema sanitario regionale e di portare pazienza.

“Come tanti altri ragazzi dell’epoca, seguivo anche io la modo dell’abbronzatura. Eravamo sempre tutti abbronzati, ci mettevamo al sole senza protezione, in più mi sottoponevo a tantissime lampade e non davo importanza alla prevenzione. Non ascoltavo i consigli dei miei genitori. Mai Anna avrebbe pensato che a lei, a 22 anni, pronta a spaccare tutto, sarebbe piombato addosso un tumore della pelle.

E invece l’istologico post intervento non mentì: quel neo era davvero una neoplasia, tra l’altro rara, già metastatizzato ai linfonodi. “Tutto era successo nel giro di quell’anno”.

Dopo un iniziale ondata di rabbia, verso quel dermatologo e verso la propria superficialità, Anna ha subito iniziato a guardare avanti. Con grande coraggio, ha cercato di affrontare tutto per attivarsi sul presente e non perdere terreno nella sua cosa al futuro.

“Il melanocitoma è stata una doccia fredda ma ero molto fiduciosa: anche se non ci avevo mai avuto a che fare direttamente ho sempre avuto molta fiducia nella ricerca – ha continuato – Anche da giovane ero convinta che il progresso scientifico avrebbe portato a nuove cure per i tumori e miglioramenti per i pazienti oncologici”. Anna, che oggi è anche ambassador per Fondazione Airc, era sicura di per poter affrontare il tumore e superarlo.

Da giovane non davo importanza alla prevenzione e non ascoltavo i consigli dei miei genitori

Anna Maisetti

I medici però le dissero che avrebbero dovuto rimuoverle pure tutti i linfonodi della gamba destra e, senza troppi giri di parole, aggiunsero che vi era un’alta probabilità di sviluppare una patologia cronica, invalidante ed evolutiva.

Una percentuale che, nel suo caso, raggiunse presto il 100% di certezza. Il linfedema arrivò subito. “Questo per me è stato ancora più terribile perché se al tumore associavo, in qualche modo, un’idea di cura, con il linfedema questa svaniva. Allora come pure oggi, questa condizione non ha cura ma solo un percorso di trattamento per gestire i disturbi. È una patologia a vita”.

L’accumulo di linfa nella gamba destra avrebbe comportato pesantezza, dolore, rigidità, difficoltà nei movimenti, ispessimento della pelle, fibrosi e una maggiore suscettibilità alle infezioni.

Gestire i sintomi avrebbe invece significato convivere con linfodrenaggi manuali, macchinari e quando necessario chirurgia. Per sempre.

“Sono stati momenti pesanti. Mi sono trovata in grossa difficoltà perché non sapevo cosa fare, come reagire e soprattutto non avevo nessuno che potesse capire come stessi – ha ricordato Anna, con un leggero tremolio nella voce finora solida e squillante – Alla fine sono crollata, fisicamente ed emotivamente”.

Quando dice così, allude al fatto che per 8 anni ha fatto di tutto per nascondersi. Non voleva che gli altri vedessero, sapessero, chiedessero.

Sono stati momenti pesanti perché non sapevo cosa fare e non avevo nessuno che capisse

Anna Maisetti

Dal sogno di stare sotto i riflettori e mettere in mostra il proprio corpo, Anna ha spento la luce: fuori tutti, fuori tutto, nessuno incluso. “Poi però ho pensato che il modo per svoltare sarebbe stato trovare «un’altra Anna», qualcuno a cui chiedere consiglio sulle scarpe, magari pure condividerle. Da un giorno all’altro quindi ho tirato fuori di nuovo il coraggio e mi sono esposta sui social”.

Instagram, così come gli altri, possono diventare degli stargate, dei ponti digitali verso altri «mondi» popolati da «altre persone» di cui abbiamo sempre intuito l’esistenza senza però mai toccarla con le nostre mani.

E per Anna, il social è diventato davvero il ponte di collegamento con altri pazienti affetti da linfedema, altre storie di scarpe e bendaggi. “Volevo inserirmi in questo mondo nel modo in cui io stessa ne avrei avuto bisogno. Non volevo creare una narrazione triste e dolorosa e basta ma volevo incoraggiare chi iniziava a vivere il linfedema perché non si spaventasse”.

In un primo momento voleva condividere i propri problemi e le soluzioni che si era inventata per tamponare la malattia ma alla lunga sula sua strada sono arrivati anche medici, italiani e internazionali, ortopedici e fisioterapisti. Sulla piazza social, insomma, ha incontrato una nuova comunità con cui raccontare e raccontarsi, condividere, capire.

Con la sua attività Anna ha acceso non uno ma cento riflettori su questa malattia, dando vita a un luogo dedicato al linfedema costituito da chi convive con la malattia e chi la studia.

Allo steso tempo però, è riuscita ad innescare quello che ha definito un piacevole «effetto domino». “Siamo una comunità di oltre 25mila individui che parlano e si aiutano, esattamente come dovrebbe avvenire nel modo reale. Qui molti pazienti – ha spiegato – hanno aperto a loro volta un proprio profilo iniziando a raccontarsi, altri sono riusciti a trovare una diagnosi a problemi che pativano ma che non sapevano riconoscere”.

Anna e la «sua» comunità sono riusciti nell’intento di «liberare» tante altre persone, molte delle quali avevano finito per nascondersi allo stesso modo in cui aveva fatto lei, anni prima.

Come già ti avevo raccontato nel caso di Francesca, anche Anna ha fatto dei social, insomma, un valore aggiunto. Anzi no: uno strumento virtuoso e prezioso al servizio della sensibilizzazione e della prevenzione sanitaria. Un megafono per la scienza e la ricerca.

Andando alla ricerca degli altri, però, alla fine è riuscita a raggiungere anche un altro obiettivo, un po’ piccolo (forse) ma di enorme valore. Anna ha ritrovato se stessa. Esponendo il proprio corpo al mondo, facendo diventare la propria attività social un lavoro e un impegno, si è anche ricostruita un sogno.

“Pensavo di aver buttato via le mie ambizioni ma alla fine ho solo preso la rincorsa. Ho capito che il mio corpo «non conforme» ai canoni che ci vengono imposti è imperfetto ed è bello così. È giusto così. In questo percorso hoanche  acquistato il vero senso della normalità, che non significa assenza di imperfezioni: semmai è tutto l’opposto ha concluso Anna dopo aver sbobinato con emozione tutto il nastro della sua storia.

Per quanto riguarda le scarpe, invece, la faccenda è stata molto più breve.

Alla fine, Anna ha risolto il dilemma comprando quattro scarpe alla volta, uguali ma differenti, usandone però solo due alla volta. “Per ora va bene così, ma presto troveremo una soluzione anche a questo”.

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