La solitudine non è sempre un’emozione negativa quando è una scelta. Può infatti racchiudere un senso di serena tranquillità, un desiderio di crearsi uno spazio per sé dove indulgere prima di tornare alla frenesia del mondo. Può essere un modo per ritrovarsi e per centrarsi rispetto alle fatiche con cui la vita ti obbliga a misurarti. I messicani esprimono questa necessità di stare soli con una sola parola, considerata intraducibile in italiano e in inglese: “engentar”.
Engentar, nello specifico, dovrebbe significare desiderare di stare soli, ricercare la pace interiore lontani dal caos e indica il desiderio di allontanarsi dagli altri gioendo della presenza solo di se stessi. Può sembrare complesso, soprattutto per chi teme la solitudine. Per comprendere meglio la filosofia che si cela dietro a questa parola, esiste una guida, How to Do Nothing with Nobody All Alone by Yourself di Robert Paul Smith, che spiega tutto in una frase: «Mi scusi, ho un appuntamento con me stesso per sedermi a guardare l’erba che cresce». Stare soli a guardare l'erba che cresce vuol dire semplicemente bearsi della solitudine, meditare sulla vita e sul tempo che passa, senza aver altro impegno.
L’amore per la solitudine non è l’odio per la socialità o il disprezzo per lo stare in mezzo alla gente, anzi. Stare da soli dovrebbe aiutare a sviluppare una maggiore consapevolezza di sé per poi stare meglio con gli altri e saper dedicarsi a chi si vuole bene.
La parola Engentar può avere un'altra sfumatura, meno nobile, che in molti hanno provato quando si è conclusa la pandemia da Covid 19. Le persone, al termine del lockdown, sono tornate alla normalità, ad abbracciarsi, ma si sono anche sentire sopraffatte dal riprendere i contatti. È un po’ quella percezione di disagio che si avverte a un concerto o un evento di piazza quando c’è troppa gente. In Messico si usa il verbo engentarse, proprio per esprimere questa difficoltà. È dunque una parola positiva, che può talvolta racchiudere anche ansia sociale, a seconda di come viene usata. È decisamente il contrario di Gjensynsglede (parola norvegese), che esprime la felicità provata nell'incontrare qualcuno dopo un lungo periodo di tempo.