La leucemia acuta promielocitica, nota anche come leucemia fulminante, è un sottotipo della leucemia mieloide acuta e rappresenta la forma più aggressiva di tumore del sangue. Ma qual è l'esordio della malattia? E, soprattutto, c'è la possibilità di guarire?
La leucemia promielocitica acuta è un raro sottotipo di leucemia mieloide acuta ed è talvolta indicata con la sigla LMA M31. Durante questa malattia, i neutrofili anormali immaturi (un tipo di globuli bianchi) noti come promielociti si accumulano nel midollo osseo. Queste cellule immature non sono in grado di maturare, l’accumulo inibisce la normale produzione cellulare, che si traduce in un numero inferiore di cellule del sangue che circolano nel corpo.
Tra l’altro, è comunemente associata a uno scambio (traslocazione) dei cromosomi 15 e 17. Ciò fa sì che parti di un gene di ciascuno di questi cromosomi si uniscano e creino un gene di fusione chiamato PML/RARA. In alcuni casi, altri cromosomi possono traslocare e causare una variante, ma questo evento è ancora più raro. La leucemia fulminante rappresenta solo il 10% di tutte le diagnosi di leucemia mieloide acuta. Un tasso di incidenza più elevato si osserva in Italia così come nel Nord, Centro e Sud America. Il tasso aumenta a un livello costante tra i giovani adulti dopo i dieci anni e diminuisce dopo i 60 anni. L'età media è compresa tra i 40 e i 50 anni. Uomini e donne sono quasi ugualmente colpiti.
I sintomi della leucemia promielocitica acuta sono numerosi:
La causa della leucemia promielocitica acuta dovrebbe essere una traslocazione di cromosomi (riorganizzazione del materiale) acquisita, dunque non presente dunque dalla nascita, tra i cromosomi 15 e 17, che si verifica nel corso della vita. La traslocazione comporta la fusione di due geni: il gene PML sul cromosoma 15 e il gene RARA sul cromosoma 17. La proteina PML-RARα (che si forma da questa fusione) funziona in modo diverso da ciò che è tipicamente prodotto dai normali geni PML e RARA. Come risultato della funzione anormale, le cellule del sangue si "bloccano" allo stadio di promielociti e proliferano (si riproducono) in modo anomalo. I promielociti in eccesso si accumulano quindi nel midollo osseo, interrompendo la formazione dei globuli bianchi, causando la malattia.
In caso dei sintomi precedentemente elencati, è bene chiedere immediatamente un appuntamento specialistico in un reparto di ematologia. La diagnosi può avvenire molto rapidamente attraverso l’esame morfologico del midollo osseo e del sangue periferico. Inoltre, l’onco-ematologo ricercherà anomalie citogenetiche e molecolari.
La cura della leucemia promielocitica acuta è molto cambiata negli anni. Oggi è possibile curare la malattia anche senza chemioterapia, con un trattamento che prevede acido retinoico e triossido di arsenico. I tassi di risposta oscillano tra il 90-97% e la percentuale di recidive risulta estremamente contenuta, inferiore al 5%. Potrebbero essere necessarie anche trasfusioni di concentrati piastrinici, plasma fresco congelato ed emoderivati. I pazienti con recidiva – una volta ottenuta una seconda remissione completa, possono beneficiare di un trattamento di consolidamento con un trapianto di cellule staminali emopoietiche (autologo o allogenico).
Fonti | Fondazione Veronesi; AIL; Orphanet