Coronavirus: isolato il ceppo italiano, il professor Zehender ci spiega cosa si potrà ottenere adesso

Potremo ad esempio, capire quando sia iniziata l’epidemia in Italia e come si sia diffusa. E soprattutto se via sia una differenza rispetto al ceppo cinese, già isolato all’Istituto Spallanzani di Roma.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Giulia Dallagiovanna 2 Marzo 2020
* ultima modifica il 22/09/2020
Intervista al Dott. Gianguglielmo Zehender Professore di Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Milano presso il dipartimento di Scienze biomediche “Luigi Sacco”

Da quando all'Istituto Spallanzani di Roma è stato isolato il nuovo Coronavirus, agli inizi di febbraio, ti sarà apparso chiaro come l'Italia sia in prima linea nella ricerca contro questa nuova minaccia, di cui tanto resta ancora da conoscere. All'Ospedale Sacco di Milano, poi, è stato individuato quello che è diventato subito il ceppo italiano del SARS-Cov-2, ovvero il responsabile dell'epidemia che il nostro Paese sta vivendo in questi giorni. E la domanda anche tu ti sarai fatto è: qual è la differenza tra i due? 

L'abbiamo girata al professor Gianguglielmo Zehender, professore di Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Milano presso il dipartimento di Scienze biomediche “Luigi Sacco”, che sta coordinando l'equipe di ricercatori al lavoro sul nuovo virus e ci ha aiutato a capire la portata di questa scoperta.

Professor Zehender, c’è una differenza tra il ceppo italiano di SARS-Cov-2 e quello cinese?

Non lo sappiamo ancora. Ci stiamo lavorando senza sosta in questi giorni ed è una delle ragioni per cui ci siamo un po’ ritirati: dobbiamo assolutamente cercare di capire la caratterizzazione del virus che abbiamo isolato. In questo momento, è troppo presto per trarre qualsiasi conclusione.

Le prime informazioni che potremo ottenere riguarderanno anche il numero preciso di ceppi, perché non possiamo ancora essere sicuri che si tratti di uno solo.

Cosa permetterà di scoprire l’isolamento del ceppo italiano?

Ci consentirà di capire come è arrivato in Italia e quando. Attraverso gli studi del genoma si può infatti ricostruire l’origine dell’epidemia, almeno in termini di stima. Non avremo dunque una datazione precisa di quando il virus ha iniziato a circolare nel nostro Paese, però ci fornirà indicazioni importanti rispetto al suo ingresso.

Quando poi avremo un numero sufficiente di sequenze, potremo anche lavorarci dal punto di vista geografico e dimostrare come si sia diffusa sul nostro territorio. Per quanto riguarda la prima parte siamo comunque a buon punto.

Diversi esperti, tra cui il professor Massimo Galli, suggeriscono che circolasse in italia a partire più o meno dalla metà di gennaio. Lei cosa ne pensa?

Secondo la mia opinione, questa ipotesi è molto credibile. Lo studio che abbiamo da poco pubblicato sul Journal of Medical Virology, assieme proprio al professor Galli, riguardava l'epidemia in Cina e non ha a che fare con quanto sta accadendo in Italia. Abbiamo però capito che il virus circolava già da qualche settimana prima che emergessero i casi sospetti, agli inizi di dicembre.

È plausibile che abbia iniziato a circolare in Italia diverse settimane prima che emergessero i casi

Non sarei quindi stupito se questa dinamica si confermasse anche nel nostro Paese. I pochi dati che per ora abbiamo a disposizione rendono lo rendono uno scenario plausibile. Tutto deve però ancora essere verificato e dobbiamo anche acquisire nuove informazioni sia epidemiologiche che rispetto al genoma.

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.